La favola spazzata via dal mostro

Chiudi gli occhi e rivedi la foce che si fonde nel mare, dolcissima, su una lingua appena di sabbia che affiora tra una sponda e l’altra si rincorrono i bambini, le loro voci accompagnano il tramonto.
Chiudi gli occhi e pensi a quel paese attraversato da poche strade, su cui affacciano i negozi delle vacanze, le file appese di giocattoli e palloni colorati, le piscinette di plastica per i più piccoli, la chiesa.
Poi il passaggio a livello e la strada che porta nella grande Maremma, e lassù verso l’Amiata. “In montagna” come si dice giustamente da queste parti.
Albinia è una cittadina semplice, per le vacanze della gente modesta, senza immensi patrimoni, né grandi tenute agricole o casali trasformati in magioni con piscina. Ora all’imbocco del paese, sono nate grandi case accoglienti, un quartiere nuovo, una comunità operosa. Hanno piantato dei pini, che cresceranno col tempo.
Ora l’Albegna ha coperto tutto di quella melma che non è né acqua né mare, ma il mostro che arriva giù dalle pendici dell’Amiata e che ti sembrano troppo piccole per aver generato quel mare e creato quelle voragini che inghiottono e uccidono.
Così, mentre si aspetta di sapere se manca ancora qualcuno all’appello, mentre l’Ombrone, il Fiora e l’Albegna sono diventati dei sorvegliati speciali protagonisti dei telegiornali di tutto il mondo, la Maremma che ho nel cuore da sempre, da quando ero bambina e in casa mi raccontavano della bisnonna nascosta sotto il letto perché i briganti stavano arrivando dalla Marsiliana e io restavo terrorizzata in attesa di quel brigante che però era malvagio solo in parte, oppure quando mio padre mi raccontava come si moriva a Orbetello scossi dalla malaria e si chiedeva: «Chissà perché oggi è diventata tanto di moda…».
Il destino della Maremma sconvolta dall’ “evento eccezionale” è davvero abbastanza unico. La sua bellezza cruda, i colori di Giuseppe Cesetti, i cavalli, i butteri e oltre l’orizzonte le spiagge e il mare ci hanno fatto scordare quanto era amara e crudele un tempo. Là dove era la palude ora crescono bene i giardini erbosi delle villette e gli olivi secolari trasportati con terra e radici dalla Puglia, e dalla Calabria non si distinguono ormai dai nostri. E continuano a fiorire in primavera nei loro luoghi segreti le violacciocche selvatiche. Gli antichi borghi sono stati trasformati in paesini da favola. Ma lassù, dove nascono i torrenti e più a valle, dove essi diventano fiumi cosa è davvero successo? Quanto è davvero eccezionale di quello che è accaduto e quanto appartiene ormai alla natura del grande cambiamento climatico che incombe su tutto e su tutti, sulla Maremma e sull’Albegna, come sulla Manhattan e sul New Jersey allagati da Sandy…
Su questo mondo ingrato, che non sta curando le ferite pronte a trasformarsi in voragini, il terreno che frana contro gli alberi tagliati, l’acqua che non trova le vie sotterranee coperte dal cemento. Le spiagge deturpate da amianto e bombole a cielo aperto…
C’è il destino in questa immane tragedia della nostra Maremma, ma c’è anche l’incuria, la sfida dell’interesse privato (grande o piccolo), la certezza che se nessuno se ne accorge niente è successo.
Invece un brutto giorno qualcosa o qualcuno chiede il conto. Si dice: 400 millimetri in 48 ore…e si spera che basti a spiegare. Ma lo sappiamo che non basta, e che una buona politica qualcosa deve fare: trovare i soldi, pianificare, intervenire e proteggere. Invece per decenni si è discusso se l’autostrada dovesse passare qua o là, qualche metro più a monte o a valle, attraverso le tenute di questo o di quello. Tempo prezioso, energie preziose, soldi molto preziosi.
Le vite umane divorate dal fango dovrebbero dirci di priorità tradite. Ricordarci il monito di Giorgio Caproni: “Non uccidete il mare,/ la libellula, il vento./Non soffocate il lamento /(il canto!) del lamantino./ Il galagone, il pino:/ anche di questo è fatto/l’uomo…”

1 commento

  • E’ una riflessione molto autentica che non necessita di commenti, forse solo una nota quando si legge: “Su questo mondo ingrato….”… ingrati noi che non siamo riusciti a far niente prima! E se il terreno frana è perchè gli alberi sono stati tagliati dove forse sarebbero serviti, e dove l’acqua esonda è perchè si trova sbarrata dal cemento. e poi quand’è passata, ogni volta, ancora una volta, tutti vogliono solo dimenticare in fretta. Ma questo paese ha bisogno di interventi urgenti e su tutto il territorio! E non bisogna più aspettare o far finta di niente.E impedire che l’uomo con le sue brutture prenda il sopravvento; la natura, anche così, ci ricorda che questo non è mai vero.

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