Ma a decidere, alla fine, sarà la legge elettorale

13 Nov 2012

Non c’è da attendersi da questo dibattito spostamenti di voto di una qualche consistenza. Dubitiamo che ci siano molti elettori disposti a farsi prendere dalla performance televisiva di questo o quel candidato. Però, si è potuto finalmente assistere a un’impostazione meno stantia del rapporto tra cittadini e politica

E’ chiaro che esagera Bersani quando, a conclusione del confronto su Sky, manifesta twittando il suo entusiasmo:”Andiamo forte”. Però, il segretario del Pd ha le sue buone ragioni quando dà della sfida in diretta tv una valutazione positiva. Bisogna riconoscere che la coalizione di centrosinistra ha retto bene a una prova del tutto nuova, rivelandosi più unita di quanto finora non lo sia stata. Nel complesso, è stata una rappresentazione senza colpi di scena, ma che ha avuto il suo interesse. E che si può attribuire il merito di non riproporci le risse a cui la televisione ci ha purtroppo abituato. Chi temeva (o sperava?) l’ennesima scivolata del centrosinistra, condizionato dalle opposte tifoserie,  ha dunque sbagliato previsioni. Queste primarie non si fanno per finta. Hanno dato vita a un dibattito aspro e spigoloso. Ma stanno rivelando, assieme ai contrasti,  la ricchezza di una proposta politica.

Naturalmente, dopo aver sentito i contendenti, si danno le pagelle. Renzi è apparso il più fresco, il più in palla, come si direbbe con una terminologia presa dallo sport. Abile nello sfruttare un format televisivo che conosce meglio degli altri. Vendola ha incarnato con passione i sentimenti dell’ala sinistra della coalizione, ma con un eccesso di verbosità. Bersani non ha avuto colpi d’ala. Ma bisogna aggiungere che non li ha cercati, preferendo un tono rassicurante, quasi ecumenico. Il ruolo dell’uomo tranquillo, di cui ci si può fidare, capace di navigare con esperienza nelle acque burrascose della politica. Tabacci e la Puppato hanno fatto la loro parte, in una posizione, come era prevedibile, secondaria.

Non c’è da attendersi da questo dibattito spostamenti di voto di una  qualche consistenza. Dubitiamo che ci siano molti elettori disposti a farsi prendere dalla performance televisiva di questo o quel candidato. Però, si è potuto finalmente assistere a un’impostazione meno stantia del rapporto tra cittadini e politica. Da oggi, fino al giorno delle primarie, la competizione ci rivelerà di nuovo le sue asprezze. Ma dovrebbe aver torto chi ritiene che, a dicembre, tra chi vince e chi perde ci sarà il regolamento dei conti. Con vendette, epurazioni e, magari, scissioni volontarie o forzose. Se così non fosse, sarebbe il centrosinistra, tutto il centrosinistra, a perdere. E ciò tanto Bersani quanto Renzi lo sanno.

Non si vuole con questo dire che le divergenze, anche corpose, non ci siano. Spetterà al candidato premier rivelare quel “quid”, ci scusiamo per la citazione berlusconiana, che può offrire il miglior punto d’incontro, definendo una proposta politica ricca ma coerente. Sono apparse più marcate del previsto le differenze quando si è affrontato il tema delle alleanze. Non solo Vendola, ma anche Renzi, ha chiuso la porta a Casini. Il sindaco di Firenze su una piattaforma ben diversa, sulla quale cerca di recuperare la vocazione maggioritaria veltroniana con cui mosse i suoi primi passi il Pd. Bersani non ha rinunciato al suo progetto di un’alleanza tra progressisti e moderati, vale a dire soprattutto con l’Udc. Sono due modi diversi di intendere il ruolo del partito sui quali si potrebbe a lungo riflettere. Ma premono le urgenze del momento. Tutte di difficile soluzione. Perché oggi la vocazione maggioritaria appare una proposta teorica. E, al tempo stesso, il progetto d’alleanza di Bersani rischia di andare in frantumi nello scontro sulla legge elettorale.

E’ inutile girarci attorno. Se passa la riforma elettorale di cui si parla, il nome del capo del governo non si conoscerà, un volta contati i voti nelle urne, ma uscirà dopo, sulle base degli accordi che verranno stipulati tra i partiti. A questo punto, le primarie sarebbero un evento sempre  importante per la carica politica sprigionata. Però, un evento depotenziato, parziale. In concreto, pressoché a somma zero. E’ questo il messaggio contraddittorio che si rischia di mandare. Un messaggio addirittura devastante se prevalesse l’obiettivo di quella parte politica che punta a non far vincere nessuno, così da imporre la nascita di un governo di larga coalizione. Non si tratta di indulgere alla teoria del “complotto”. Però, occhi ben aperti perché non si ripeta, dopo il Porcellum un’altra indegna sceneggiata. Prendiamo per buono l’appello finale di Bersani: “Non vi chiedo di piacervi, vi chiedo di credermi” Ben detto. Ma è necessario che alle parole seguano i fatti.

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