Invertire la rotta, forse si può

31 Ott 2012

Quella siciliana è una vittoria amara per il Pd, che ha perso molti voti rispetto alle consultazioni precedenti. Ma, anche i trionfanti grillini, avrebbero potuto rallegrarsi di più se la percentuale dei votanti fosse stata di almeno dieci punti superiore. Di fatto, come rileva l’istituto Cattaneo, i partiti si dividono una torta elettorale sempre più piccola, e nessuno sembra in grado, neppure il M5S, di arginare il dilagante rifiuto della politica.

Quella siciliana è una vittoria amara per il Pd, che ha perso molti voti rispetto alle consultazioni precedenti. Ma, paradossalmente, non è dolcissima neppure per i trionfanti grillini, che avrebbero potuto rallegrarsi davvero solo se la percentuale dei votanti fosse stata di almeno dieci punti superiore. Di fatto, come rileva l’istituto Cattaneo, i partiti si dividono una torta elettorale sempre più piccola, e nessuno sembra in grado, neppure il M5S, di arginare il dilagante rifiuto della politica.
Probabilmente ci sono peculiarità siciliane alla radice di quanto è accaduto la scorsa domenica. Ma tutti i sondaggi dicono che il fenomeno, pur se in proporzioni più contenute, è di sicura rilevanza nazionale. E dunque è d’obbligo chiedersi perché. La risposta, naturalmente, è difficile, ma qualche ipotesi si può avanzare, specie alla luce delle prime analisi dei flussi elettorali.
Il grosso delle astensioni, al netto della quota fisiologica, viene dai delusi del centro destra. E questo significa che anni di scontri frontali hanno lasciato il segno: chi ha creduto in Berlusconi non può neppure pensare di dare il suo voto a chi gli è sempre stato additato come un nemico mortale. Perciò non può votare per “i comunisti”. Ma non riesce neppure a votare per Grillo, nonostante lo stesso Grillo abbia provato a scippare al Cavaliere qualcuno dei suoi argomenti più incendiari: dalla polemica sugli immigrati alle sfuriate contro l’euro. Non gli hanno creduto e hanno preferito rifugiarsi nella scelta più facile, quella dell’astensione, perché tanto “sono tutti uguali”.
Viceversa, il M5S è riuscito a drenare voti dalla sinistra, perché tra quegli elettori è forte la rabbia per un’azione di contrasto al berlusconismo percepita come inefficace se non, a volte, addirittura complice. Tutto questo, però, non ci porta lontano. Perché se l’astensionismo non serve a fini pratici, dato che la minoranza che vota deciderà comunque il governo di tutti, sarà però assai difficile governare bene senza, o contro, la maggioranza dei cittadini.
Il problema è che ci vorranno anni per smaltire le tossine accumulate in un ventennio di berlusconismo, e ricominciare a ragionare con la testa e non con la pancia. Ma non abbiamo tutto questo tempo di fronte a cambiamenti planetari che rischiano di fare dell’occidente il terzo mondo del futuro. E allora bisogna lavorare per invertire la rotta. A dir la verità qualche segnale positivo c’è. Le prime prudentissime aperture che i grillini e il neogovernatore siciliano si sono scambiati sembrano segni di consapevolezza. Non si potrà, e nessuno lo immagina, pensare ad alleanze vecchio stampo. Ma è possibile sperare che, con un po’ di coraggio, si faccia strada un modo diverso di fare politica: leggi che rompano con il passato, nuovi e più austeri costumi da parte degli eletti, proposte che raccolgano consensi al di là degli schieramenti tradizionali. Crocetta ha promesso novità, il M5S ha risposto che se saranno buone le voterà. Bene, a patto che tutti siano ragionevoli e realisti, che si controllino a vicenda con severità ma senza pregiudizi, che nessuno imbocchi la strada del populismo per fare il bene della propria bottega senza curarsi del bene comune.
Se andrà così la Sicilia potrà davvero diventare il primo esperimento di buona politica dopo tanti anni di marciume. Ma andrà così? Ai posteri…

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