Paolini: il voto per Puppato (ricordando Tina Anselmi)

22 Ott 2012

Partecipa alle primarie del Partito democratico; partecipa ma apparentemente non corre, pare essere lì per puro spirito olimpico. Quasi ignorata dai giornali, schiacciata dalla dicotomia Bersani-Renzi, appare solo un elemento di contorno, una quota rosa. Non è così.

Nel ’78 ero un teatrante di provincia, quella mattina dopo lo spettacolo per le scuole avevamo solo fame, ma un vigile agitato non ci faceva passare dalla bella piazza rotonda di Badoere, piena di contadini e macchine agricole in mostra: «C’è il Ministro» diceva, e si sentiva la maiuscola nella voce.
Un’ora dopo ci fa passare e andiamo al ristorante lì vicino. Dopo un po’ che siamo seduti entra un ciclone: una donna e dietro un codazzo di maschi, veneti, democristiani agitati, c’è anche il vigile. È il Ministro, la prima donna Ministro della Repubblica.
Cresciuto a Treviso, avevo dei democristiani conoscenza diretta e nessuna simpatia, ma spiarli al loro tavolo era irresistibile, non si sentivano le parole ma solo un rumore di fondo: per adulare tubavano come colombi in piazza San Marco. Lei ascoltava, era evidente chi fosse l’unico al tavolo a possedere gli attributi, ma non li esibiva. Il sindaco manda il vigile a chiamarci, si pavoneggia con Lei presentandoci come «artisti che hanno fatto uno spettacolo per i nostri bambini». «No artisti — dico — teatranti siamo».
Lei mi guarda dritto negli occhi, sembra una delle maestre che portavano i bambini a teatro «Bravi!» ci fa e TAC!, una pacca sulla spalla, ma forte. Non me l’aspettavo.
La seconda volta che l’ho incontrata era il ’95 e aveva già smesso di fare politica. Quelli di Cuore avevano appena provato a candidarla presidente della Repubblica, ma il Parlamento non li aveva presi sul serio. Peccato, mi sarebbe piaciuta Tina Anselmi al Quirinale. Ero andato a fare il racconto del Vajont a Castelfranco Veneto e dopo lo spettacolo è venuta, mi ha abbracciato e abbiamo parlato di Tina Merlin, la giornalista del Vajont. Era commossa l’Anselmi mentre ne parlava, io ero emozionato, volevo dirle qualcosa, anche solo grazie, per aver fatto la più importante riforma di questo Paese, quella del servizio sanitario nazionale del ’78, per aver fatto ogni sforzo possibile per andare a fondo sulla P2 in mezzo a pressioni del suo stesso partito e degli alleati di allora. Volevo dirle grazie ma senza adularla come i colombi quel giorno al suo tavolo, così alla fine non le ho detto niente, solo TAC!, una pacca sulla spalla, ma piano, adesso siamo pari.
Chiedo scusa per aver preso tutto questo spazio per raccontare di Tina Anselmi in modo così personale, ma mi serviva per parlare di Laura Puppato.
Partecipa alle primarie del Partito democratico; partecipa ma apparentemente non corre, pare essere lì per puro spirito olimpico. Quasi ignorata dai giornali, schiacciata dalla dicotomia Bersani-Renzi, appare solo un elemento di contorno, una quota rosa. Non è così.
Conosco Laura Puppato da quando era un sindaco di provincia e dalla prima volta che l’ho incontrata ho pensato a Tina Anselmi: mi sembra che abbiano una cosa in comune, sono un’eccezione alla regola. Tina Anselmi è riuscita a farsi apprezzare anche da chi (come me) aveva un pregiudizio ideologico verso di lei. Oggi il pregiudizio si rivolge in blocco alla classe politica. Quel pregiudizio conterà moltissimo tenendo sempre più gente lontana dai seggi a meno che non si cominci a cambiare le regole. A questo servono le eccezioni, come dice Brecht aiutano a riconoscere che ciò che è diventato regola a volte è sbagliato e va cambiato.
La candidatura a presidente della Anselmi non venne presa sul serio dalle regole della politica. La proposta di candidarsi alle primarie Laura l’ha fatta da sola ed è una candidatura seria, capace di motivare anche chi sente oggi quel pregiudizio sulla politica. Scrivo per stimolare chi pensa a lei come suo candidato possibile alle primarie a fare una campagna dal basso per farla conoscere. Le primarie sono un’occasione per dare un po’ di sostanza e speranza alla democrazia.
Una volta il Veneto, di regola, generava soprattutto emigranti e donne di servizio per la gente di città e una classe politica di scarso rilievo nazionale con poche eccezioni. Ogni tanto, in una di queste eccezioni, genera anche una donna di servizio pubblico tenace, senza soggezione verso chi è più potente di lei, capace di farsi apprezzare anche da elettori di campo avverso. «Brava!» e TAC! TAC! TAC! TAC! perché Laura corra la maratona, servono decine, centinaia di migliaia di piccole e convinte pacche sulle spalle.

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