Il “sacrificio” di B.

09 Ott 2012

Cerca, dunque, di ritagliarsi un ruolo di padre nobile. Non gli si adatta, ma ci prova. Per stato di necessità. La situazione del partito è quella che è: a un passo dalla scissione tra ex An ed ex forzisti. Quella personale non va meglio: alle prese con il processo Ruby, nella tenaglia degli scandali Tarantino e Lavitola

E, allora, questa volta, sembra proprio che Berlusconi voglia fare il passo indietro. E’ il “reality” che le cronache politiche  sono destinate in questi giorni a proporci. Ma con una trama che si ripete, aspettando fino all’ultimo la “vera sorpresa”.

A ben vedere, questa ultima mossa, annunciata dal fedele Angelino Alfano e confermata poi dal Cavaliere in persona (“sono disponibile a non candidarmi per unire i moderati”), era già, in buona parte, prevedibile. Rappresenta una mossa obbligata  con un partito allo sbando, senza identità, programmi, alleanze. La sola carta da tirare fuori dal mazzo, a meno di non volere rovesciare il tavolo, tentando di dare il minacciato scossone, con l’azzeramento  del Pdl, il rigetto del nome, la fioritura di liste civiche. Berlusconi ci ha pensato, ma senza crederci sino in fondo. A differenza dei suoi pasdaran, il realismo infatti non gli manca. Sa che la sua leadership ormai si è logorata. Che non può più contare su se stesso. Che, mettendosi in primo piano, è destinato a una sicura sconfitta.

Cerca, dunque, di ritagliarsi un ruolo di padre nobile. Non gli si adatta, ma ci prova. Per stato di necessità. La situazione del partito è quella che è: a un passo dalla scissione tra ex An ed ex forzisti. Quella personale non va meglio: alle prese con il processo Ruby, nella tenaglia degli scandali Tarantino e Lavitola. Anche la sua figura di imprenditore si è appannata, visto che il suo gruppo ha perso pezzi significativi di mercato. Annunciando di essere pronto al “sacrificio”, per favorire l’edificazione della grande casa dei moderati,  il Cavaliere cerca di scaricare all’esterno la crisi. Getta la palla  nel campo degli altri. In quello dei centristi. Prova a stanare soprattutto Casini. Apre addirittura al vituperato Fini. Lungo questo percorso, è dichiarata l’opzione del Monti-bis. Piacerebbe a Berlusconi una riaggregazione  del centro destra, che parta dal suo gruppo e  che il Professore sia disposto a raccogliere e utilizzare. Ma questa ipotesi  si scontra con il rifiuto del premier. E Casini non si fida e resiste. E’ vero che oggi i rapporti tra Casini e Bersani si sono fatti difficili, che il Pd marcia in alleanza con Vendola e che, quindi, si è scolorito il progetto di un’intesa tra centristi e partito democratico. Ed è altrettanto vero che il leader dell’Udc sembra stia incontrando non pochi ostacoli alla sua idea di realizzare una grande alleanza elettorale fondata sull’agenda Monti. Tutto ciò, però, non può bastare a far cadere la sua diffidenza verso le giravolte del Cavaliere. Il quale, oltre tutto, avrebbe un conto salato da presentare all’incasso. Un “salvacondotto” per le questioni più spinose che lo riguardano. Come mostrano i nuovi ostacoli frapposti al varo delle norme anticorruzione, il nuovo tentativo di far passare l’emendamento salva-Ruby.

E’ ben difficile, dunque, la ricomposizione della crisi del centrodestra. Della cosiddetta casa dei moderati non sono state poste nemmeno le prime pietre e già si sa che Berlusconi ha adocchiato la stanza buona da occupare, anche se non porrà la sua candidatura alla premiership e potrebbe rinunciare perfino al seggio in Parlamento. La situazione non potrebbe essere più favorevole al Pd che tutti i sondaggi vedono come primo partito alle prossime elezioni. Finora i democratici si sono mossi sostanzialmente senza avversari. Ma non hanno messo a profitto questa grande occasione. Ora, la decomposizione del centrodestra pone problemi nuovi anche a loro. Impone che siano sciolte ambiguità fin qui accantonate. Che si esca dalle secche di una rassicurazione moderata e intimidita. Da come saranno affrontate le nuove incognite dipende non solo il futuro di una sinistra riformista, ma anche il destino del nostro sistema politico.

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