Dopo Monti, ecco le regole

28 Set 2012

Se c’è una cosa di cui non abbiamo bisogno è un’altra interminabile disputa tra chi vuole che Monti succeda a se stesso e chi aborre una simile prospettiva. Perché si tratta di una discussione priva di senso, buona solo ad imbrogliare le carte.

Se c’è una cosa di cui non abbiamo bisogno è un’altra interminabile disputa tra chi vuole che Monti succeda a se stesso e chi aborre una simile prospettiva. Perché si tratta di una discussione priva di senso, buona solo ad imbrogliare le carte. Proviamo allora a richiamare alla memoria i fondamenti del sistema istituzionale italiano, che vent’anni di berlusconismo hanno violentato ma non cambiato, e capiremo perché.

Prima di tutto: Mario Monti non potrebbe candidarsi alle elezioni neppure se lo volesse perché è già senatore a vita. Punto. Ai suoi tempi, Giulio Andreotti non voleva diventare senatore a vita perché il non poter partecipare alle elezioni gli avrebbe tolto il rapporto con il suo vasto elettorato, e con esso la principale base del suo potere. Francesco Cossiga, infatti, lo nominò per fargli dispetto facendolo scomparire dalle liste elettorali.
Dunque chi ingiunge a Monti di candidarsi alle prossime politiche se vuole restare a Palazzo Chigi dice sciocchezze o cerca diversivi.

Secondo punto: poiché la Costituzione non è stata cambiata, spetta al capo dello Stato il potere di indicare il presidente del Consiglio, non agli elettori. Naturalmente il Quirinale non sceglie ad occhi chiusi: guarda i rapporti di forza tra i partiti, questi sì determinati dalle urne, e in base ad essi individua la persona con maggiori chances di successo.

E questo ci porta dritti al terzo punto: non è il presidente del Consiglio che conta, ma la maggioranza parlamentare che lo sostiene. E’ evidente che il segno dello stesso governo attuale cambierebbe di molto se nella maggioranza non ci fosse il Pd oppure se non ci fosse il Pdl. Adesso è costretto a barcamenarsi tra spinte contraddittorie perché contraddittoria è la sua “strana” maggioranza. Se dalle elezioni uscirà vincitrice una coalizione più omogenea, anche l’azione di governo risulterà più coerente.
Perciò il nodo è la maggioranza e non il premier. Qui molto dipende dalla legge elettorale. Se resterà il Porcellum (o se venisse varata un’altra legge maggioritaria) le coalizioni potranno indicare un candidato, fermo restando il diritto di scelta del capo dello Stato. Se una di esse risulterà vincitrice in entrambi i rami del Parlamento, la scelta ricadrà naturalmente sul capo di quella coalizione, ma se così non fosse il Quirinale dovrebbe esercitare la fantasia. Se invece si dovesse andare al voto con una legge proporzionale, allora i partiti commetterebbero un’imperdonabile forzatura se indicassero ciascuno il proprio candidato per Palazzo Chigi, perché è improbabile che ci sia un solo vincitore e dunque si dovrebbero negoziare alleanze, sotto la regia del Colle che dovrebbe trovare un nome capace di mettere insieme una maggioranza.
In questo contesto non ha senso intimare a Bersani di dire ora se vuole o non vuole Monti. Il dovere elementare del segretario del Pd è quello di far vincere il Pd. Diversa è la scelta di Casini, ma se ne comprende la ragione: l’Udc ha grandi ambizioni ma pochi consensi. Facendo di Monti il candidato premier, Casini spera di farsi votare da quelli che apprezzano l’attuale premier e che sono molti di più dei suoi elettori. Si capiscono pure i tentennamenti di Berlusconi: cerca il modo di contare dopo una probabile sconfitta elettorale, perpetuando la “strana” maggioranza anche dopo il voto. E’ possibile che il suo sogno segreto sia quello di un Monti che si presenta come il candidato premier del centro destra, ma è improbabile che il professore accetti, nonostante le cortesie che ogni tanto gli riserva, di mettersi agli ordini del Cavaliere.
Monti, dunque, potrà restare a Palazzo Chigi se dalle urne dovesse uscire un verdetto incerto, o se la coalizione vincitrice non riuscirà ad esprimere un candidato. Ed è questo il senso letterale delle sue parole, quelle che hanno suscitato tanto scalpore. Poi, naturalmente, anche il Professore avrà le sue aspirazioni e le sue preferenze. Ma questa è un’altra storia. Una storia che, al momento, riguarda solo lui.

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