Intercettazioni, blitz del Garante nelle procure

21 Set 2012

Liana Milella

Privacy, verifiche a campione negli uffici sulla tutela della riservatezza. Il nuovo staff è guidato dal presidente Antonello Soro (Pd) e dalla sua vice Augusta Iannini (Pdl, ex magistrato, ex direttore dell’ufficio legislativo del ministero della Giustizia nonché moglie di Bruno Vespa)

Intercettazioni di nuovo alla ribalta. Stavolta non è la famosa legge bavaglio a strappare un titolo visto che da tempo è in stand by su un binario morto alla Camera. Ad agitare il mondo delle procure è una decisione assunta giusto la settimana scorsa dal nuovo staff che, da metà giugno, guida l’ufficio del Garante della privacy. A sorpresa, con una delibera di quattro pagine che già sta provocando allarme, il Garante interviene nel delicato equilibrio delle intercettazioni. Il presidente Antonello Soro e la sua vice Augusta Iannini, il primo ex capogruppo Pd alla Camera, la seconda ex magistrato e soprattutto ex direttore dell’ufficio legislativo del ministero della Giustizia, in via Arenula per dieci anni, stabiliscono che è tempo di “entrare” nelle procure per vedere se, nella gestione delle intercettazioni, pm e polizia giudiziaria rispettano fino in fondo le regole della protezione dei dati personali e ne tutelano l’effettiva riservatezza oppure se la macchina presenta dei “buchi” e, se sì, di che “buchi” si tratta. Sottoscrivono l’atto anche gli altri due componenti dell’ufficio che si affaccia in piazza Montecitorio, Licia Califano, costituzionalista di Urbino eletta su suggerimento del Pd e Giovanna Bianchi Clerici, ex Lega ed ex Cda Rai, indicata dalla destra.
Per ora, destinatarie della “visita” del Garante saranno cinque procure, scelte a campione tra quelle di medie dimensioni: Venezia, Bologna, Perugia (giusto l’ufficio che indaga sui magistrati di Roma), Potenza, Catanzaro. Ma è solo un inizio perché, da quanto si può capire scorrendo la decisione — che Repubblica ha
visionato — non si tratta che di un primo esperimento. L’intenzione dell’Authority è verificare se negli uffici esistono le condizioni negative prodromiche alle fughe di notizie.
Chi, in questi giorni, ha ricevuto annuncio e testo dell’iniziativa del Garante non ha potuto fare a meno di ricordare che proprio Augusta Iannini, votata dalla Camera il 6 giugno e divenuta vice-Garante dieci giorni dopo, sia stata “vittima” di una fuga di notizie per via di una vecchia intercettazione in cui si parlava della sua vita privata. Non solo. La stessa Iannini è di certo la maggior esperta di norme sugli ascolti visto che, negli anni al ministero, ha seguito la tormentata storia della legge Alfano, nonché il braccio di ferro tra Berlusconi e la presidente finiana della commissione Giustizia Giulia Bongiorno. C’era sempre lei a palazzo Grazioli, accanto all’ex Guardasigilli Alfano e all’avvocato Niccolò Ghedini, nelle trattative sul ddl.
E allora, visto che ormai nessuno scommette un euro sul fatto che il Pdl riesca a spuntare la battaglia sulla nuova legge, tocca inventarsi altro. La trovata del Garante punta proprio, com’è scritto nella delibera, a verificare se chi maneggia uno strumento così delicato e invasivo della privacy, è in grado di mettere in campo le misure per evitare clamorose fughe di notizie. L’articolo 160 del codice
della privacy, secondo quanto sostengono i dirigenti dell’Authority, disciplina gli accertamenti e, di conseguenza, consente le verifiche sulle modalità di trattamento anche dei dati sensibili in materia giudiziaria. La delibera sfrutta questo puntello e specifica che tutto sarà fatto “d’amore e d’accordo” con le procure. Né forzature, né ingressi non concordati, ma va da sé che l’idea stessa del controllo lascia trasparire l’ipotesi
che se fughe di notizie ci sono ciò dipende dal fatto che mancano le condizioni per evitarle e che i magistrati ne sono i responsabili.
La verifica, che si cerca di presentare come “dolce”, comporterà in realtà un vero e proprio ingresso del delegato della Privacy negli uffici giudiziari e ciò amplifica la portata dell’intervento. Intanto per la novità dell’accertamento, mai effettuato finora, e per la sua estrema delicatezza. Sorgono spontanee molte domande che i magistrati si stanno già facendo: che accadrà se il Garante dovesse verificare che le procure non offrono adeguate garanzie sulla riservatezza dei dati? Le procure accetteranno questa “invasione” del Garante”? Ma soprattutto: potrà esserci un rischio per le inchieste in corso nelle quali sono in atto registrazioni di conversazioni?
A piazza Montecitorio, per adesso, sono fermi sulla decisione. Che coinvolge ogni tipo di intercettazione, anche quelle di natura preventiva e si appoggia su un precedente: nel dicembre 2005 lo stesso Garante lavorò sulle aziende che effettuano materialmente gli ascolti per verificarne le condizioni di sicurezza. Da qui alle procure il passo viene considerato legittimo. In attesa delle inevitabili polemiche per quella che rischia di essere considerata come una pericolosa intromissione.

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