Quelle poltrone già occupate (in attesa delle elezioni)

Al Quirinale abita un signore, e starà lì per nove mesi ancora. Ma intanto i partiti già trattano sul prossimo inquilino: Monti, Prodi, Bindi, Schifani, Gianni Letta. Oppure Casini, perché no? Pare che sia proprio questo il cemento dell’accordo elettorale fra lui e Bersani: a me il Colle, a te Palazzo Chigi. Anche lo scranno più alto della Camera al momento è occupato come una linea telefonica, però in questo caso sembra ci siano pochi dubbi sul futuro presidente: è in corsa Veltroni, benché Franceschini ci avesse fatto un pensierino.
Pazienza, Franceschini potrà sempre consolarsi con la segreteria del Partito democratico, dato che i posti di governo sono già tutti appaltati. D’Alema agli Esteri. Enrico Letta allo Sviluppo. Bersani all’Economia, oltre che alla presidenza del Consiglio. Veltroni alla Cultura, se putacaso Montecitorio andasse in fumo. Fioroni al ministero di Nonsisachecosa.
Naturalmente si tratta di indiscrezioni, d’ipotesi tutte da verificare, benché rimbalzino da giorni su vari quotidiani. E naturalmente gli interessati negano, sia pure con un sorriso un po’ stirato. Prove, d’altronde, non ne abbiamo. Non è una prova, ma casomai un sospetto, quello avanzato da Matteo Renzi, che spiega l’improvvisa tregua fra le correnti democratiche con un patto sull’organigramma di governo. È impossibile smentire tuttavia che ormai si ragiona a voce alta sulla data delle prossime elezioni: saranno a marzo, con un breve anticipo sulla durata della legislatura. Peccato che lo scioglimento delle Camere lo decida il capo dello Stato, non i segretari di partito. È altrettanto impossibile chiudere gli occhi sullo scoglio che ha fatto arenare la riforma della legge elettorale: in che misura dovrà vincere il nuovo vincitore? Siccome la palma del trionfo parrebbe spettare al Pd, quest’ultimo pretende un premio di maggioranza gonfio come un panettone, il Pdl è disposto a concedere tutt’al più un panino.
Domanda: ma noi italiani, quando abbiamo votato? Possibile che ci abbiano convocato in massa ai seggi, senza che nessuno più se ne rammenti? Perché delle due l’una: o i sondaggi hanno rimpiazzato le elezioni; oppure gli eletti hanno rimpiazzato gli elettori. Ed è un bel guaio, per noi ma anche per loro. Mai fare i conti senza l’oste, benché di questi tempi le cucine siano vuote. Metti che alla fine della giostra il primo partito sventoli il faccione di Grillo sulle proprie bandiere: difficile, ma niente affatto impossibile. In questo caso lui dovrà dire grazie (per il premio di maggioranza), mentre tutti gli altri dovranno chiedergli la grazia (per non restare in minoranza). E le preferenze, che reclamano a gran voce gli ex An del centrodestra? Sicuro che poi loro, nel segreto dell’urna, sarebbero i nostri preferiti?
La politica è l’arte di impedire alla gente d’impicciarsi di ciò che la riguarda, diceva Valéry. In tale arte i politici italiani sono maestri conclamati. E tuttavia è ancora un’altra la loro colpa principale. Perché hanno lo sguardo corto, come d’altronde tutta la classe dirigente che ci ha mandato in bancarotta. Perché ragionano con la testa nel passato. Ma le prossime elezioni — ha osservato Luca Ricolfi sulla Stampa — non saranno più una gara fra la destra e la sinistra. No, adesso la partita si gioca fra il vecchio e il nuovo, come nel 1992. E si gioca per i posteri, anche se i partiti hanno a cuore solo i posti.

 

1 commento

  • Quanto scrive Ainis fotografa in parte un puzzle più ampio. E’ di tutta evidenza che gli attuali sedenti in Parlamento, sono più che altro preoccupati di mantenere il posto e di referenziararsi alle lobbies personali per essere rieletti. Nel lavoro di sottobosco sono avvantaggiati dal governo tecnico, che lavora, così hanno il tempo di dedicarsi con maggiore libertà alla rielezione. Poichè siamo adulti, non dedichiamoci ai sogni. Ci ritroveremo a breve tutti, con un parlamento con una buona quota di faccine vecchie e qualche nuovo adepto cooptato. Molto lontani dalla necessità di buon governo della cosa pubblica e di giusto rinnovamento, che viene espressa, anche nelle adesioni che il movimento 5 stelle riscuote. Criminalizzare il movimento 5 stelle è insensato, è forse più realistico e corretto riconoscere che i casi: Penati, Lusi, Bossi e dei fallimenti di città come Parma e Alessandria hanno disgustato tutte le persone di normale intelligenza e costume; motivi sufficienti ed adeguati per diffidare dell’attuale casta politica. Di progetti e programmi non se ne parla proprio, come detto sia da Lella Costa che da Spataro in TV a nome di tanti. Per come stanno le cose, manca qualcosa di significativo al quadro. sarebbe sensato e strategico se Italia Futura da think tank si trasformasse in partito. Se oltre ad essere un movimento d’opinione volesse assumersi responsabiltà di cui c’è bisogno. Già, perchè dopo Monti saremo in grado di avere un premier o un ministro delle finanza in grado di stare nel contesto europeo con pari rilevanza e prestigio? Nel frattempo aspettiamo curiosi di vedere quale topolino partorirà la nostra montagna di parlamentari, con qualche residua speranza che non pensino principalmente agli interessi personali ma a qualcosa di più ampio ed eticamente accettabile.
    Mario De Cesare

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