Stragi, l’appello: “Processare lo Stato infedele” Verità e giustizia per il Paese e per le vittime

19 Lug 2012

A pochi giorni dal 32mo anniversario della strage di Bologna, “Libertà e Giustizia” invita a firmare la richiesta di rimuovere il velo di “silenzio e ipocrisia” che copre quanti “servitori” dello Stato sapevano di Gladio, della P2, dei piani della mafia. “Nessun diritto all’oblio”. Tra i primi firmatari, Zagrebelsky, Bonsanti, Eco, Nando Dalla Chiesa e i presidenti delle associazioni dei familiari delle vittime.

E’ ormai prossimo il 2 agosto, il giorno della strage alla stazione di Bologna. Era l’estate del 1980. Trentadue anni dopo, un’altra estate vissuta nella sete di verità e giustizia. Verità sulle tante stragi della nostra storia repubblicana e giustizia per le famiglie delle vittime. Un desiderio mai esaudito, eluso da istituzioni imbarazzate, sorde e assenti, ora aggrappato a un appello lanciato da “Libertà e Giustizia”, nel titolo una richiesta esplicita: “Processare lo Stato infedele”.

Perché, si legge nel documento, la verità è lì, nelle “zone più buie e inesplorabili” della macchina statale, sepolta da “silenzio e ipocrisie” che è ancora possibile rimuovere, a cui non ci si deve rassegnare, perché “non è troppo tardi e non può esistere su questa storia alcun diritto all’oblio”. Non può finire nell’oblìo la ricerca di quanti “servitori” dello Stato sapevano di Gladio, della P2, di Ordine Nuovo, dell’Anello, dei piani terroristici della mafia in Sicilia e nel continente. E’ il momento di aprire i cassetti degli archivi e della memoria. Per una “storia d’Italia senza ombre”.

FIRMA L’APPELLO

Primi firmatari, tra gli altri: Gustavo Zagrebelsky, Sandra Bonsanti, Umberto Eco, Guido Rossi, Gae Aulenti, Giovanni Bachelet, Salvatore Veca, Don Luigi Ciotti, Nando dalla Chiesa, Giuliano Turone, Claudio Nunziata, insieme ai presidenti delle associazioni tra i familiari delle vittime: Paolo Bolognesi (stazione dei Bologna), Manlio Milani (Piazza della Loggia), Giovanna Maggiani Chelli (via dei Georgofili), Gian Luca Luccarini (eccidi nazifascisti di Grizzana-Marzabotto-Monzuno 1943-1944), Antonio Celardo (strage sul treno rapido 904 del 23 dicembre 1984).

Di seguito, il testo integrale:

“Trentadue anni dopo si debbono rompere il silenzio e le ipocrisie che hanno coperto la verità, respingendola nelle zone più buie e inesplorabili dello Stato. Trentadue anni dopo è il momento di dare alle cerimonie di ricordo il senso di una esigenza senza appello: vogliamo sapere e vogliamo giustizia. Su tutte le stragi che tra il 1969 e il 1993 hanno massacrato 154 persone e ne hanno ferite alcune migliaia. Vite stroncate d’un colpo, “di segreto in segreto, di deviazione in deviazione” come scrisse Norberto Bobbio, per fini ormai chiari a chi voglia sapere e ricordare.

Noi non ci rassegniamo. Vogliamo giustizia e vogliamo che la storia d’Italia racconti questa pagina drammatica senza ombre, senza cautele, senza “rispetto” per tutti i protagonisti, dai mandanti a chi sapeva e permise, ai depistatori, agli esecutori. Non è troppo tardi e non può esistere su questa storia alcun diritto all’oblio.

Non si disse che era ormai tardi, quando si decise di cercare di stanare gli autori delle stragi naziste, svuotando gli armadi della vergogna. E ancora oggi una magistratura che non si rassegna insiste a cercare, denunciare, e processare. Non dissero che era troppo tardi gli argentini che il 4 luglio scorso hanno condannato l’ottantasettenne ex dittatore Jorge Videla a 50 anni di carcere per il sequestro dei figli dei desaparecidos, in quell’efferato programma di “ristrutturazione nazionale” ideato dall’ammiraglio Massera, iscritto alla Loggia P2 di Licio Gelli.

Oggi è possibile anche in Italia non rassegnarsi: la disponibilità di una gran massa di documenti raccolti da varie magistrature rende doverose una nuova lettura e la ricerca di tutte le possibili correlazioni sulle verità indicibili.
Oggi è inevitabile scavare nella storia di quella guerra non ortodossa scatenata alla fine degli anni sessanta per controllare la democrazia italiana, indirizzandone la strada: quanti degli strumenti preparati allo scopo, quante delle formazioni create sugli avanzi di gruppi della Repubblica sociale e finanziate direttamente dallo Stato italiano perché diffondessero il terrore, operarono oltre ogni controllo politico e parlamentare? Quanti sapevano e parteciparono alla strategia affidata a Gladio, alla P2, a Ordine Nuovo, all’Anello, alla mafia in Sicilia e nel continente?

Non è troppo tardi per scrivere fino in fondo la storia del 2 agosto 1980, degli 85 morti e dei 200 feriti alla stazione di Bologna.

Dopo trentadue anni si ha tutto il diritto di pensare che lo Stato occulto stia lavorando ancora oggi al servizio di chi vuole coprire la trattativa con i boss siciliani che ordinarono le stragi del ’92 e del ’93.

Dopo trentadue anni si ha tutto il diritto di pensare che la strategia non sia cambiata e le persone coinvolte e quelle che “sanno” forti di un eterno potere di ricatto, siano ancora al centro della vicenda politica italiana.

E’ stato detto che la vera “ragion di Stato” è fare chiarezza sui “delitti di Stato”, dello Stato infedele. Finché i misteri resteranno tali, sulla nostra democrazia graverà un’ombra pesante.

Chiediamo alle istituzioni, compresa la magistratura, di adoperarsi concretamente per rendere possibile questo obiettivo di civiltà e di giustizia”.

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