La singolare vicenda del commissariamento del PD napoletano

13 Lug 2012

Napoli, gennaio 2011: il circolo napoletano di Libertà e Giustizia, da sempre favorevole alle primarie, realizza l’unico dibattito pubblico tra i cinque candidati del centrosinistra. Già la mattina del 24, dopo la chiusura delle urne, giunge la notizia dei brogli.

La fissazione del congresso del PD napoletano per il  26 e 27 luglio deliberata ieri dall’ assemblea convocata da un Nicola Tremante, reintegrato nella carica di segretario provinciale per ordine della magistratura, rappresenta sì la vittoria morale del Tremante giurista, che ha mantenuto l’impegno assunto nel caso fosse uscito vittorioso dalla sua vicenda giudiziaria ma segna, al tempo stesso, la sconfitta del Tremante politico e di tanti cittadini di centrosinistra che avrebbero voluto che la scelta del candidato sindaco di Napoli fosse emersa dalle primarie e non calata dall’alto. Ripercorriamo la singolare vicenda.
Napoli, gennaio 2011: il circolo napoletano di Libertà e Giustizia, da sempre favorevole alle primarie, realizza l’unico dibattito pubblico tra i cinque candidati del centrosinistra che viene moderato dallo scrivente. Purtroppo, già la mattina del 24, dopo la chiusura delle urne,  giunge la notizia dei brogli. Il segretario del PD Tremante, denuncia l’accaduto e chiede alla Commissione consultiva di accertare i fatti invece di procedere alla proclamazione di Andrea Cozzolino che precederebbe Umberto Ranieri di oltre un migliaio di voti. Per tutta risposta Roma estromette Tremante nominando commissario il rappresentante nazionale giustizia del PD Andrea Orlando. Il mio ricorso rivolto al Tribunale di Napoli, nella qualità di elettore di centrosinistra, per ottenere, come da regolamento, la sanzione dei presunti brogli e l’individuazione del vincitore delle primarie non sortisce esito e vengo condannato a pagare 15.000 di spese processuali (condanna poi annullata in secondo grado da una pronuncia ahimè sopravvenuta dopo il decorso del termine per la presentazione delle candidature). L’elettorato boccia quindi la candidatura del prefetto Morcone e porta luigi De Magistris a stravincere il ballottaggio.
Dopo aver pazientato più di un anno nell’attesa di essere reintegrato, Tremante si rivolge, per una questione di principio, alla magistratura ed il Tribunale di Roma decide a suo favore ritenendo: 1) la segreteria nazionale del PD incompetente a rimuovere il segretario napoletano e soprattutto 2) che la richiesta di Tremante di procedere alla proclamazione del vincitore, solo dopo aver fatto luce sulle presunte irregolarità non costituisce certo il “grave motivo” necessario, a norma dello statuto del Pd, per il suo commissariamento.
A questo punto la vicenda assume toni paradossali: il PD decide di non dare seguito alla pronuncia del Giudice, in quanto tale tipo di ordinanza non sarebbe dotato di sanzioni in grado di costringere il destinatario delle medesime ad uniformarvisi. E non solo: essendosi nel Pd napoletano formato, sotto l’accorta regia di Orlando, un accordo bulgaro per eleggere il vice di Tremante, Gino Cimmino, segretario, la segreteria regionale, per il preteso stato di necessità dovuto alla vacanza del segretario, provvede (essa) in sua vece a convocare il congresso provinciale. In altre parole, non avendo ottemperato per sua volontà all’ ordinanza di reintegro del segretario nelle sue funzioni, il PD arriva ad asserire che tale situazione, ad esso attribuibile, legittimi l’utilizzo di una disposizione statutaria finalizzata a sopperire a situazioni di impedimento oggettivamente determinatesi come, ad esempio, la morte o incapacità del segretario. Tremante è costretto perciò a rivolgersi al Tribunale di Napoli che prontamente sospende la convocazione del congresso.
Morale: Tremante pur avendo vinto la sua giusta battaglia appare ai più ormai fuori gioco e la vicenda costituisce l’ennesima prova che, anche per la classe politica italiana di centrosinistra, un elemento chiave nelle democrazie liberali, la cosiddetta Rule of Law, viene sentito come un inutile ingombro. Il rispetto della legalità, salvo le spesso insincere dichiarazioni di facciata, è un’esigenza nei fatti assai poco sentita e chi richiede almeno l’ottemperanza alle regole che i partiti stessi si sono dati viene considerato alla stregua di un rompiscatole, reo di violare regole non scritte. Se Max Weber ne “La professione della politica” descriveva, un secolo fa, le regole psicologiche di una politica dominata da capi in grado di incutere timore ed ottenere rispetto sulla base dell’ aspettativa di castighi e premi, con la carenza che abbiamo oggi di leader carismatici, nell’ambito dei partiti tradizionali regna un mediocre conformismo che lascia il campo libero ai nuovi esponenti dell’antipolitica.
Chi scrive crede, con Nicola Tremante, che non bisogna arrendersi a questo.

Francesco Lauro sarà intervistato lunedì 16 luglio alle 9.30 su Rdio24, ospite di Oscar Giannino

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