Riforme: sul binario verso il nulla

06 Lug 2012

Il ‘treno’ delle riforme costituzionali è avviato su un binario morto, anzi, è lanciato verso il nulla, verso il vuoto. Meglio così, diciamolo francamente. Le norme che mutano in modo radicale e totale la forma dello Stato e di governo (fine del bicameralismo perfetto, Senato federale, elezione popolare diretta del Capo dello Stato, più poteri per il premier) hanno l’obiettivo di demolire la Costituzione in vigore, in modo insensato e privo di coerenza, come hanno osservato i più autorevoli giuristi italiani (Pace, De Siervo, Balboni). Leggi anche l’articolo di Lorenza Carlassare sul presidenzialismo e quello del costituzionalista Mauro Volpi

Il ‘treno’ delle riforme costituzionali è avviato su un binario morto, anzi, è lanciato verso il nulla, verso il vuoto. In queste ore il ddl sulle modifiche istituzionali è all’esame dell’assemblea di palazzo Madama. Qui, in aula, sarà riproposto e – forse- approvato il ben noto emendamento sul semipresidenzialismo imposto dal Pdl e invece bocciato dalla commissione Affari costituzionali: come si capisce la confusione è davvero massima. La settimana prossima o alla metà del mese di luglio, può perfino accadere che il ddl sia varato dal Senato in prima lettura (ma senza la maggioranza qualificata dei due terzi, ovviamente, per il voto contrario del Pd e Idv e altri). Poi il provvedimento andrà alla Camera dei deputati, dove, con ogni probabilità, resterà in attesa a lungo (fra l’altro, numerosi decreti legge devono essere approvati con urgenza e la sospensione dei lavori per l’estate incombe), prima che il dibattito si apra. E l’iter legislativo non sarà senza ostacoli a Montecitorio.   Meglio così, diciamolo francamente. L’unico profilo accettabile e da condividere nella riforma è quello che prevede la riduzione del numero dei parlamentari. Ma le altre norme che mutano in modo radicale e totale la forma dello Stato e di governo (fine del bicameralismo perfetto, Senato federale, elezione popolare diretta del Capo dello Stato, più poteri per il premier) hanno l’obiettivo di demolire la Costituzione in vigore, in modo insensato e privo di coerenza, come hanno osservato i più autorevoli giuristi italiani (Pace, De Siervo, Balboni).
A confondere ancora di più le idee dell’opinione pubblica e degli stessi parlamentari, nei giorni scorsi sono state gettate improvvisamente nel dibattito politico due proposte impegnative ma irrealizzabili: la prima (dei senatori Pd Ceccanti e Chiti) intende inserire nella legislazione, con ddl costituzionale, un referendum di indirizzo per chiedere agli elettori di pronunciarsi sulla forma di governo da preferire. Ma è già stato giudicato inappropriato e non corretto giuridicamente. Il secondo progetto è del senatore Marcello Pera: eleggere alle prossime politiche, oltre al Parlamento, anche un’Assemblea Costituente incaricata di redigere in tempi brevi una riforma organica della Costituzione (da sottoporre a referendum confermativo). E che avrebbe come corollario anche la proroga del mandato di Napolitano al Quirinale fino al varo della nuova Carta. Ma il Presidente ha già detto che il suo incarico scade nel maggio prossimo, e non intende restare più a lungo sul Colle!
Lo stesso Napolitano il 28 giugno ha mostrato di essere contrariato per le polemiche e le dispute che travolgeranno le riforme: ” Le legittime proposte di radicale  revisione costituzionale richiedono una ponderazione e un confronto di certo non immaginabili in questo periodo e clima di fine legislatura”. Parole ripetute pochi giorni dopo pressoché identiche nella conversazione con Eugenio Scalfari (insieme ad un’opinione favorevole ad una futura Assemblea Costituente).
L’impressione è, comunque, che nessuna delle iniziative in discussione vedrà la luce e sarà approvata dalle Camere. Sono tentativi di riforme che si aggrovigliano l’un con l’altra, si incrociano senza logica. Non è serio proporre modifiche della Costituzione in modo così caotico,confuso, affannoso, addirittura con le settimane, se non i giorni, contati per una eventuale approvazione (quattro letture parlamentari conformi e un referendum tra gli elettori), prima della fine della legislatura. Poche ore fa Fabrizio Cicchitto, capogruppo Pdl, ha addirittura avanzato una novità assoluta: l’eventuale Costituente potrebbe intervenire anche sulla prima parte della Carta (non solo sulla seconda, come finora proposto, dall’articolo 55) sui principi fondamentali e diritti e doveri dei cittadini. Ma ormai tutti i progetti sono delle bandierine pre-elettorali da sventolare davanti alle urne, per dimostrare di essere legislatori più o meno moderni e riformisti!
“Mi sembra che si siano consumati abbondantemente tutti i tempi per l’approvazione delle riforme” dice Pino Pisicchio, capogruppo di Api alla Camera e componente della commissione Affari Costituzionali, che dovrà esaminare il ddl trasmesso dal Senato dopo l’eventuale approvazione. “Allo stato dell’arte credo che sia possibile solo stipulare tra i partiti un patto per approvare nella prossima legislatura la legge per l’istituzione dell’Assemblea Costituente. Oggi l’unica cosa che resta da fare, visto che al Senato si è buttata la palla fuori campo con l’alterazione della proposta  di riforma che  era stata formulata unitariamente, è cambiare la legge elettorale. Per il resto mi pare che siamo davvero fuori tempo massimo”.
D’altronde vale la pena di fare un po’ di conti: a Montecitorio, in aula, i numeri non offrono al centrodestra una maggioranza sicura per l’approvazione del ddl di riforma. Infatti Pdl e Lega Nord (in questa materia alleati, com’è noto) sommano 210 e 59 deputati. Ai quali unire 21 voti di Popolo e territorio, Noi sud, e altri minori.
Totale 290 deputati. Tra i 50 del gruppo Misto alcuni certamente saranno con Alfa-no e Berlusconi. Ma è arduo raggiungere la maggioranza (316), se mancheranno i 26 finiani di Fli, che, almeno per ora, nonostante il favore per il sistema semipresidenziale, alla Camera non sembrano orientati a esprimere un voto che provocherebbe una rottura nel quadro politico e governativo generale. A palazzo Madama, in commissione, i finiani hanno votato contro il Senato federale di matrice leghista.
Proprio Fini ha ribadito ieri che “non si può cedere al baratto semipresidenzialismo federalismo tra Pdl e Lega”, mentre sarebbe favorevole ad una Costituente in futuro: “Perchè temo che in questa legislatura ci sarà un nulla di fatto sulle riforme”. E se lo dice il presidente della Camera….
Inoltre, come mi confermano deputati Pd e Api degli Affari costituzionali, a Montecitorio, in commissione e aula, si tenterà di ripristinare il testo della riforma condiviso tra i maggiori partiti, quindi senza gli emendamenti su semipresidenzialismo e Senato federale. E poi il provvedimento dovrebbe tornare a palazzo Madama…..e poi ancora la doppia lettura, con intervallo di tre mesi….evidentemente una missione impossibile, prima dello scioglimento (fine gennaio) delle Camere per le elezioni a marzo.

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