I partiti e la babele delle lingue

06 Lug 2012

La vicenda Rai è paradigmatica. Mostra come il conflitto d’interessi non sia entrato in letargo, ma sia tuttora vivo e vegeto. Anzi, destinato a fare gli straordinari, mano a mano che si entra nel vivo della campagna elettorale. Il centrodestra è in stato confusionale. Ma anche nel Pd e nel centrosinistra è caos

E’ più forte il professor Monti dopo il braccio di ferro sulla spending review? La domanda trova in generale una risposta positiva. Il piano di tagli varato a Palazzo Chigi mette in sofferenza il grosso delle forze politiche. Però, a questo punto, il governo ha dalla sua una maggioranza che, benché recalcitrante, non può fargli mancare il proprio appoggio. C’è chi vede ormai, dopo il varo del decreto, una più netta presenza del “partito di Monti”in Parlamento, grazie a uno schieramento trasversale che si consolida. Le previsioni sono sempre difficili. Si può, però, con certezza registrare, mentre il premier porta a casa il risultato possibile, la inadeguatezza del gioco politico condotto da partiti che dovrebbero invece, in questa fase, presentarsi con messaggi forti e chiari. E’ avvilente la ripetitività di un metodo confuso, mediocre, deludente. Che vede sempre più in difficoltà il Pd e tutto l’arco del centrosinistra.

A rappresentare questo stato di cose non c’è solo la vicenda dei tagli alla spesa. L’altro evento di questi giorni è la conclusione della “questione Rai”, dopo una partita condotta con mezzi impropri, a dir poco scandalosa. Anche in questo caso, Monti porta a casa un risultato perché, in qualche modo, la Rai ha finalmente il proprio “governo”. Ma non c’è bisogno di andare dietro le quinte, di affidarsi ai “retroscena”, per capire chi è alla fine il vero vincitore. Il nome è uno solo, quello di Berlusconi. Che può sopportare anche retromarce e cadute, da quando ha dovuto sloggiare da Palazzo Chigi, mai, però, che si tocchi una pagliuzza del suo potere televisivo. Ecco, dunque, che il centrodestra mantiene la sua maggioranza nel Cda Rai, facendo espellere un suo parlamentare “infedele”, che aveva esercitato nel voto la propria autonomia, e si prepara a sfruttare il riuscito colpo di mano. Berlusconi chiama e il presidente del Senato, Schifani, risponde. Rinuncia, la seconda carica della Repubblica, ai timidi tentativi di “smarcamento” che aveva avviato sia pure  per semplice istinto di sopravvivenza. E torna al punto d’origine, indossando la vecchia livrea di maggiordomo del Cavaliere.

La vicenda Rai è paradigmatica. Mostra come il conflitto d’interessi non sia entrato in letargo, ma sia tuttora vivo e vegeto. Anzi, destinato a fare gli straordinari, mano a mano che si entra nel vivo della campagna elettorale. Il centrodestra è in stato confusionale. Vede sfrangiarsi il proprio modello di riferimento, assottigliarsi il proprio elettorato e anche i propri referenti sociali. Berlusconi si prepara dunque a combattere la battaglia della disperazione nei nove mesi che ci separano dal voto. Il suo partito è in crisi. Ma neppure il Pd e il centro sinistra stanno bene. I tagli, è evidente, sono destinati a mettere in difficoltà soprattutto i democratici. L’ipotesi di Bersani di un’alleanza da Casini a Vendola, costruita intorno alla forza prevalente del Pd, era già difficile in partenza. Ma oggi si è fatta ancora più problematica. Bersani deve affrontare la protesta dei sindacati e l’offensiva di uno scomodo alleato come Vendola. Che è in grado di creare non poche difficoltà ai democratici, cominciando col rafforzare la sua intesa tattica con Di Pietro. Berlusconi avverte tutto questo. Ed è tentato dall’idea di rovesciare i rapporti all’interno dell’”anomala” maggioranza che sostiene l’esecutivo dei “tecnici” , presentandosi come la forza trainante per un governissimo con ancora Monti nel 2013.

La babele delle lingue aumenta ogni giorno. Certo, le difficoltà sono reali per il centrosinistra. Ma il Pd ci ha messo del suo. A cominciare dal balletto avviato dall’intervista di D’Alema  sulla “continuità” della prossima legislatura con l’esperienza del governo Monti. Su questo tema, nel volgere di pochi giorni, gli esponenti del Pd hanno detto tutto e il contrario di tutto. Sconta, il Partito democratico, a questo punto, le ambiguità delle sue origini, l’iniziale timidezza sul piano della manovra, della proposta, delle idee. E’ possibile una correzione in corso d’opera? L’elettorato apprezza le battaglie aperte e attribuisce consensi a chi è capace di lanciare la sfida.

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