Paul Ginsborg dopo l’assemblea: “Elezioni ma non con il Pd”

02 Lug 2012

Nel secondo appuntamento di “Alba” a Parma, Paul Ginsborg fa il quadro delle future alleanze, non con il Pd ma nemmeno con gli eredi della “Sinistra Arcobaleno”. Il nuovo soggetto politico punta a creare una grande alleanza sociale fra la parte più battagliera della classe operaia, i ceti medi urbani che sono stati conquistati alla difesa della Costituzione, e con i precari, un bacino ancora inespresso ma dalle enorme potenzialità e con associazioni della società civile come Libera e Libertà e Giustizia

Professor Paul Ginsborg, in questo secondo appuntamento di Alba sarà lei ad affrontare il nodo della partecipazione alle politiche del 2013. Cosa deciderete?
Più che un nodo è una patata bollente. Ma è troppo presto per decidere. Questo movimento è in fase di crescita. I «nodi territoriali», circa ottanta, hanno bisogno di solidificarsi. Dobbiamo rinforzarci, fare rete, costruire quei legami politici a me cari, l’empatia, la mitezza. È il momento di discutere, e tutti oggi vogliono dire la loro. C’è una cosa che ci accomuna: la diversità. Il nostro atto di nascita è un atto di accusa al sistema partitico novecentesco arrivato a fine corsa. Vogliamo fondare un nuovo sistema politico, introdurre elementi di una cultura politica rivoluzionaria. Non penso alla presa del Palazzo d’Inverno ma a un nuovo modo di fare politica. Marco Revelli parla di «spazio pubblico allargato», che coinvolge la società civile e politica e combina la democrazia rappresentativa e partecipata. Questi di Parma sono due bellissimi giorni di democrazia partecipata. A costo zero, 350 persone sono rimaste ore ai tavoli a discutere. Non sacrificheremo a nessun costo questa diversità in un’alleanza che ci snaturi.
Sta dicendo che questa purezza non è coalizzabile con i partiti di centrosinistra?
Io non la chiamo purezza, la chiamo innovazione. E la mia opinione personale è che non è possibile un’alleanza elettorale con il Pd. Qui molte persone che oggi hanno aderito ad Alba hanno raccontato di essersi logorate dentro il Pd quando hanno provato a introdurre forme politiche nuove. Penso alla frattura fra dirigenti e base del Pd che è avvenuta in Val di Susa. Non credo che i partiti si possano autoriformare. Io vivo a Firenze, e conosco la grande generosità di molti militanti democratici. Ma sono ingabbiati in un radicato sistema di potere Pds-Ds-Pd. Detto questo, io vengo da una forte militanza antiberlusconiana. Non faremo tornare il centrodestra. Per questo preferiamo un sistema elettorale a che non obblighi agli apparentamenti.
A Firenze nel Pd c’è la variante Renzi, che però ha fatto dell’innovazione il suo marketing.
Renzi non è una variante, è un democristiano nelle file del Pd. Non rompe affatto con quella tradizione. È un nuovo tanto vecchio, va benissimo per il Pd.
Renzi o Bersani, per lei non cambia nulla?
L’erede della tradizione comunista per me non è Bersani, ma il presidente della Regione Enrico Rossi. Un erede onesto e molto dignitoso. Ma questo non ci rende i rapporti più semplici. Anzi direi che, a parte la cordialità personale, con il nostro movimento non ha alcun rapporto.
Insomma Bersani non è un vostro interlocutore?
No, per ora. È anche difficile sapere se il suo modo di essere, elettoralmente parlando, paghi o no. Certo, ricorda il primo Prodi, quello molto imbranato. Resta il grande mistero delle scelte dell’elettorato italiano. Calvino parlava della «bonaccia del Pci». Ecco Bersani è erede di questa tradizione: non fa nulla però magari guadagna tre punti.
Come giudica questa entente cordiale tra Pd e Udc?
Noi che abbiamo aderito al manifesto di Alba veniamo dalla sinistra. Ma proviamo a guardare oltre, e a parlare con centinaia di migliaia di persone, soprattutto quelle che hanno abbracciato il Movimento 5 stelle. Con loro abbiamo in comune la critica del vecchio sistema partitico e la fede nell’importanza del governo locale. L’ideale sarebbe trovare una grande alleanza sociale fra la parte più battagliera della classe operaia, i ceti medi urbani che sono stati conquistati alla difesa della Costituzione, e con i precari, un bacino ancora inespresso ma dalle enorme potenzialità. Questo puzzle sociale di tre elementi diversi potrebbe essere la nostra base elettorale. Una grande «Alba» per l’Italia.
Voi criticate il Pd, soprattutto. Ma qui con voi discutono anche i militanti di Sel, Ferrero del Prc è venuto a Parma, e il portavoce della Federazione della sinistra era ai tavoli.
Sarebbero felici di mangiarci a pranzo la domenica. Ma una cosa è chiara a tutti: la vicenda della sinistra arcobaleno è stata brutta e verticistica, il contrario di tutte le nostre idee sulla democrazia partecipata. Noi non ripeteremo mai quella esperienza.
I partiti però vi guardano con sufficienza. Vi giudicano effimeri, movimenti carsici, dai girotondi ad oggi. Perché Alba dovrebbe essere diversa?
Non possiamo fornire alcuna garanzia. Non offriamo carriere, i nostri individui sono liberi, fanno una scelta di impegno disinteressato. Ma il dato è esattamente contrario a quello che pensano i partiti: negli ultimi vent’anni la società civile e democratica è molto cresciuta. È vero, siamo un fiume carsico, ma la piena è sempre più forte. L’associazione Libera, del resto, o Libertà e giustizia sono organizzazioni notevoli, durature, solide. La società civile ha molte deficiencies, potremo chiamarle inadeguatezze. Ma non può essere accusata di aver portato il paese sull’orlo dell’abisso. Quello che manca oggi è proprio un soggetto politico che condivida con la società civile un linguaggio democratico di proposte radicali. È la nostra scommessa.

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