Quella possibile tragedia

27 Giu 2012

L’Italia si può ancora salvare e quanti anni saranno necessari per risolvere tutti i nostri problemi? Rivolgo la domanda a Fiorella Kostoris, economista della Sapienza di Roma e attualmente membro del consiglio direttivo dell’Agenzia di valutazione del sistema universitario e della ricerca (Anvur)

  Purtroppo, ogni giorno sulla scena europea si presentano nuovi guai e nuove crisi, tanto che il baratro economico-finanziario per l’eurozona anzichè allontanarsi sembra quasi avvicinarsi. Le Borse vanno a picco, gli spread risalgono oltre i limiti tollerabili (in Italia e Spagna), con gli interessi sui Btp e Bonos oltre il 5-6 per cento, anche Cipro invoca l’intervento del Fondo salva Stati, il ministro delle Finanze della Grecia si  dimette a poche ore dalla formazione del governo. E si teme che l’imminente Consiglio europeo del 28-29 giugno non farà il miracolo di sciogliere tutti i nodi della crisi. L’economista francese Jean Paul Fitoussi dice che “la casa brucia” e quindi servono provvedimenti immediati e attuabili senza indugi.
A Roma, il premier Mario Monti è impegnato nell’impresa titanica di far uscire il Paese dall’emergenza. Ma si dibatte tra polemiche, ostacoli, contrasti, errori, tentativi di mandare a casa il governo per andare ad elezioni anticipate ad ottobre.
L’Italia si può ancora salvare e quanti anni saranno necessari per risolvere tutti i nostri problemi? Rivolgo la domanda a Fiorella Kostoris, economista della Sapienza di Roma e attualmente membro del consiglio direttivo dell’Agenzia di valutazione del sistema universitario e della ricerca (Anvur).
” Non vorrei essere pessimista…..ma l’Italia si trova in una profonda crisi strutturale da tanto tempo! Forse è già troppo tardi per invertire facilmente la rotta. Un Paese che perde reddito pro capite da tanti anni, che ha una produttività stagnante da 10 anni, una competitività tendenzialmente in caduta, con il nostro debito pubblico, non può resistere a lungo. E i nostri giovani migliori vanno all’estero perché qui non hanno prospettive e futuro. Il decadimento di un Paese non avviene da un giorno all’altro, ci vuole tempo per iniziare un inarrestabile declino, poi…c’è un momento di non ritorno o meglio ci vogliono fasi lunghissime e sforzi pesanti e costanti per riemergere e riprendere a crescere.
Quando si cade, non si sente subito il tonfo, ed è difficile risalire dal baratro”.
Quali provvedimenti sarebbero necessari per dare respiro all’Europa e all’Italia?
“Io non credo che una riunione di capi di Stato e di governo, pur importante, a Bruxelles, sia in grado di salvare l’euro con una decisione immediata. I problemi nascono all’interno di alcuni Paesi (e non di altri) e nessun provvedimento delle istituzioni centrali europee potrà fare il miracolo di risanare i difetti particolari di ciascuno dei membri del gruppo.
Per esempio, la Grecia e l’Italia, che sono appesantite da un enorme debito pubblico, non possono abbandonare la via del rigore. Ma, insieme, ci vuole lo sviluppo ovviamente, e l’Europa non ha mai sostenuto che questo non sia altrettanto necessario. Tuttavia dobbiamo essere noi Paesi in crisi ad agire prima di altri e a promuovere misure appropriate sia interne, sia coordinate a livello europeo:  non c’è eurobond o golden rule che possa evitare all’Italia di risolvere i suoi problemi strutturali di produttività, concorrenza e mercato del lavoro. La cancelliera Merkelin parole semplici, sostiene che non si può chiedere al medico di aiutarti, se anche tu non aiuti tu stesso. Aiutati che il ciel t’aiuta. Quindi: realizza le riforme e, dopo, puoi chiedere tutto, anche di cambiare i Trattati europei. La Merkel interpreta l’orientamento dell’elettorato tedesco. La Germania in passato ha realizzato riforme significative. Altrove, invece, si fatica a intervenire. Per esempio, come si fa a utilizzare le risorse del fondo salva Stati, che pure va usato per allentare la morsa in Grecia o in Spagna, quando ad Atene nelle ultime settimane si sono assunti altri 70 mila nuovi addetti nel settore pubblico già sovradimensionato, in violazione degli accordi? C’è contraddizione in tutto ciò e non si può chiedere agli altri partners di chiudere gli occhi”.

La professoressa Kostoris è europeista convinta e combattiva: “Mi sento cittadina europea. Mia madre è greca, di Corfù. Nessuno dei miei nonni è italiano e ha la stessa nazionalità dell’altro”. Nata a Roma, laureata in Economia alla Bocconi e al Massachusetts Institute of Technology nel 1970, Kostoris è stata sposata con Tommaso Padoa Schioppa, dal quale ha avuto tre figli.
Se non ci saranno decisioni sulle obbligazioni europee, gli eurobond, per la ferma opposizione tedesca, si potrà almeno chiedere alla Bce di acquistare titoli di stato dei Paesi in crisi, in misura cospicua, per ridurre lo spread e gli interessi?
“La Bce ha già fatto molto nei mesi passati, anche se non in quelli più recenti. E’ intervenuta con acquisti importanti sul mercato secondario, iniziativa che fino a qualche anno fa nessuno avrebbe immaginato come possibile. Ma i trattati non consentono che la Bce decida di acquistare sul mercato primario, direttamente alle aste, titoli dei Paesi in crisi. E i trattati non si cambiano facilmente. Mentre io credo che si potrà trovare la via per soluzioni nuove in materia bancaria: per esempio, in molti Paesi esistono già garanzie a favore dei depositanti, che agiscono nei momenti difficili, ridando fiducia. Oggi è lo Stato nazionale che assicura i risparmiatori, ma le norme sono diversificate e alcuni Stati sono prossimi al fallimento, inducendo i risparmiatori a fughe di capitali. Mi aspetto che al prossimo vertice europeo si possa trovare la forza per approvare un sistema comune e condiviso nell’Unione di garanzia e di protezione dei depositi bancari”.
Secondo lei, il governo Monti non ha ancora completato i ‘compiti a casa’ che l’Europa e la Bce (e anche il Fmi) ci hanno chiesto?
” La riforma delle pensioni, il primo provvedimento della Fornero, è stata eccellente (salvo per aver inizialmente ignorato il problema degli esodati); ha consentito risparmi e ha reso il sistema più produttivo (nella misura in cui comporta più anni di lavoro) e insieme più sostenibile (mutando il rapporto fra costi e benefici). Poi abbiamo avuto una serie di interventi, diciamo così, tenui (liberalizzazioni, per esempio), con risultati modesti. La riforma del mercato del lavoro, che si approva in queste ore in Parlamento, è indispensabile, anche se è stata segnata da troppi compromessi: sarebbe un messaggio inequivocabile e importante per i mercati e i partners europei. Dovrebbe servire a portare più flessibilità nel sistema. Questo è un nodo cruciale, perchè se non riusciremo a rendere più adattabile il mercato del lavoro, non potremo mai attirare investimenti diretti esteri, né riprendere la strada dello sviluppo e della crescita”.
Ormai con una insistenza preoccupante si discute, tra politici e tecnici, della sciagurata possibilità di uscita dall’euro con il ritorno alla lira. L’ex premier Berlusconi sostiene che non sarebbe “una bestemmia”, e dice di non arrivare a “comprendere perchè possa esserci una perdita di ricchezza” in questa scelta. “Gli immobili non perderebbero valore”….Mentre per Monti e altri leader europei “l’euro è irreversibile”. Per alcuni politici italiani (Bersani, Casini) il ritorno alla lira sarebbe una catastrofe. Il presidente Confindustria, Squinzi, dice: “Fuori dall’euro il pil crollerebbe del 50 per cento”, con il fallimento di decine di migliaia di imprese. Lei quale scenario prevede per il nostro Paese se torniamo alla lira?
” Come prima conseguenza avremmo una fortissima svalutazione, che, certamente, renderebbe più competitive le nostre esportazioni, ma solo nell’immediato. Rapidamente, con una lira svalutata, importeremmo inflazione e si rientrerebbe nella sciagurata spirale svalutazione inflazione che siamo stati capaci di interrompere esattamente 20 anni fa con il contributo di tutti. Ricordo in proposito l’alto senso di responsabilità di Bruno Trentin, che allora indusse il sindacato a operare le scelte giuste per il Paese, pur iconoscendole come impopolari nella base, e perciò decise subito dopo di dimettersi. Oggi uscire dalla moneta unica per tutti gli italiani sarebbe una catastrofe, perchè i nostri debiti rimarrebbero calcolati in euro ma noi saremmo costretti a ripagarli con una lira svalutata. Non potremmo venirne fuori se non con forme umilianti di ripudio del debito: ciò significa che per molto tempo nessuno -organismi internazionali, Stati- ci farebbe più credito, perchè nessuno avrebbe più fiducia in noi. Mentre dovremmo acquistare dall’estero beni (e petrolio) a prezzi per noi insostenibili. Quindi avremmo un’impennata di inflazione, ulteriori perdite del potere d’acquisto, povertà. Insomma sarebbe davvero una tragedia, non so come altro chiamarla. Quando ascolto Berlusconi sul ritorno alla lira, mi ricordo quanto è stato imbarazzante il periodo finale della sua presidenza per noi, che spesso lavoravamo all’estero…..Ora ci trattano in modo normale, abbiamo respiro. Se dovessimo ripudiare il nostro debito, immagino quale giudizio darebbero degli italiani gli altri europei, gli americani, i cinesi. Saremmo segnati e indicati come inaffidabili. E avrebbero ragione”.

Supportaci

Difendiamo la Costituzione, i diritti e la democrazia, puoi unirti a noi, basta un piccolo contributo

Promuoviamo le ragioni del buon governo, la laicità dello Stato e l’efficacia e la correttezza dell’agire pubblico

Leggi anche

Le scuole di Libertà e Giustizia

L’Unione europea come garante di democrazia, pace, giustizia

In vista della legislatura 2024-2029, l’associazione Libertà e Giustizia propone sette incontri - dal 29 febbraio al 23 aprile - sul ruolo del Parlamento europeo e le possibilità di intervento dei singoli cittadini e delle associazioni.

Approfondisci

Newsletter

Eventi, link e articoli per una cittadinanza attiva e consapevole direttamente nella tua casella di posta.