Terza Repubblica? Speriamo che non sia rachitica

05 Giu 2012

E’ già campagna elettorale. In largo anticipo. Dieci mesi prima che si vada alle urne. A meno che la situazione non precipiti e le elezioni non siano anticipate all’autunno prossimo. La Seconda Repubblica si va disfacendo senza lasciare rimpianti Ma dovremmo evitare che la segua una Terza, altrettanto rachitica

E’ già campagna elettorale. In largo anticipo. Dieci mesi prima che si vada alle urne. A meno che la situazione non precipiti e le elezioni non siano anticipate all’autunno prossimo. E’ l’ipotesi prospettata da Stefano Fassina, il responsabile economico del Pd, partendo dalla considerazione che, nel presente contesto politico, il governo non ha la forza per fare le riforme necessarie. Bersani l’ha bocciata. E, in realtà, con l’euro in bilico, mandare a casa l’unico governo che goda di credibilità internazionale, sarebbe un suicidio. Ma è innegabile che l’esecutivo del professor Monti sia in condizione di semiparalisi, aggrappato a una maggioranza che non è più soltanto “strana”, ma si è fatta evanescente. La situazione si è incartata. Per colpa dei partiti. Ma anche per responsabilità del governo, con un premier che sembra meno capace di frenare i protagonismi dei suoi ministri, esplosi ultimamente su una legge di centrale importanza, come la riforma del lavoro. L’ipotesi della chiamata alle urne in ottobre è dunque minoritaria, ma non isolata. E’ un progetto trasversale, che trova consensi tanto a sinistra quanto a destra. E nasce dalla suggestione che, per le forze politiche, l’arma migliore di difesa sia, in queste condizioni, la scorciatoia elettorale.

Non crediamo all’anticipo delle urne. Ma temiamo, nei prossimi mesi, di dover vedere il peggio. Una corsa a chi le spara più grosse, con il tono più ringhioso, nella speranza di ottenere un facile consenso. Avremo ancora sulla scena Berlusconi. Magari con qualche altra sua “pazza idea”, come quella della nostra zecca che si stampa gli euro da sola. Il Cavaliere ha anche i suoi progetti su come confondere le acque, con liste civiche improvvisate, al di fuori di una reale partecipazione dei cittadini, il vecchio rivisitato, secondo la logica del trasformismo. La preoccupazione principale, a questo punto di tutti, è di frenare l’onda montante del grillismo. Dunque, trovare le forme, se non i modi, per dar voce al malcontento popolare. Eppure, i partiti una strada diversa, e più sicura, l’avrebbero. Basterebbe che rinunciassero, come ha scritto Ilvo Diamanti, alle “logiche oligarchiche e centralizzatrici”, che offrissero “maggior spazio e ruolo ai dirigenti e ai militanti giovani, presenti e impegnati nel territorio”. Ma non ne sono capaci. E così Grillo emerge come sole fulgente. Prima era dileggiato, anche quando faceva proposte sensate. Ora, dopo il boom delle ultime amministrative, siamo passati alla più acritica ammirazione.

E’ diventata una moda nazionale, non scalfita neppure dalle peggiori forme di populismo, come l’idea di “giudizi pubblici”, con “cittadini estratti a sorte”, per farla pagare ai “truffatori” dei diversi partiti. Così il comico genovese avanza. Viene valutato, dai sondaggi, alle spalle del Pdl. Probabilmente, destinato a superarlo, vista la liquefazione di un centrodestra che non si sa, ormai, in quale forma, con quali schieramenti e con quali leader si presenterà. Tiene solo il Pd. E, certo, Bersani, di fronte alle sconfitte degli avversari, può trovare motivi di conforto. Ma, se spinge l’occhio all’interno del suo partito, deve fare conti piuttosto amari. Quali possono essere le prospettive se mancherà ancora il coraggio dell’innovazione, uno slancio rinnovatore?

Il Movimento 5 stelle intercetta il disagio diffuso tra gli elettori. Gli assicura visibilità. Ma che soluzione può dargli? Lo scenario nazionale è più complesso delle situazioni locali. E comunque, anche qui, le difficoltà non mancano, come mostra il caso di Parma, la città del “grande successo”, dove il sindaco Pizzarotti è stato costretto a inventarsi un codicillo degno della prima Repubblica per mascherare il diktat impostogli dal suo capo sulla nomina del Direttore generale del Comune. I grillini hanno tenuto bene la scena elettorale. Ma come terranno la scena politica? In ogni caso, una cosa è crescere per i difetti altrui, con i vecchi partiti che versano in uno stato pietoso. Altra cosa è farsi carico dei compiti di governo. Su questo bisognerebbe riflettere, al di fuori tanto dalle frettolose condanne quanto dalle frettolose emulazioni. Ma, in questa fase, uno stile sobrio e razionale, purtroppo, non paga. Si rischia di finire dimenticati in un angolo.

Andremo, quindi, alla prova elettorale, quando che sia, tra urla e proclami, con le forze politiche come palloni ridotti a brandelli? La Seconda Repubblica si va disfacendo senza lasciare rimpianti Ma dovremmo evitare che la segua una Terza, altrettanto rachitica. Frutto delle più ibridi commistioni. Testimonianza della miseria in cui versa oggi la politica nazionale.

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