Politica e corruzione. Un “vizio” tutto italiano

01 Giu 2012

Si è concluso con la conferenza “Tangentopoli: un destino italiano?” il ciclo di sei incontri dedicati ad “Etica pubblica e pratica della politica”, promosso dal circolo vicentino-bassanese di Libertà e Giustizia. Nella biblioteca del liceo Brocchi, ospiti d’eccezione hanno dibattuto sul lascito di quei gravi episodi che, nei primi Anni ’90, sconvolsero l’Italia minando le fondamenta stesse della Repubblica. Moderatore dell’incontro il direttore del nostro Giornale, Ario Gervasutti, che ha dialogato con uno dei magistrati del pool di Mani pulite, Piercamillo Davigo, e con lo storico del diritto Aldo Schiavone. Tema centrale il difficile rapporto tra potere politico e magistratura, con le conseguenti ripercussioni sulla società e sulla cultura italiane. Il dubbio emerso è che, nonostante gli sforzi, il virus della corruzione affligga il nostro Paese per una sorta di specificità italiana, ovvero di una disposizione quasi fisiologica della nostra politica a non saper accettare e rispettare le regole. «Anche dopo la fine dell’inchiesta – ha ricordato Davigo – c’è stato il tentativo da parte del politico italiano di restaurare un sistema di illegalità diffuso al punto che anche l’uomo politico onesto ha cominciato ad essere percepito dai cittadini in modo contrario». Schiavone ha quindi insistito sull’urgenza di una generale riforma della politica che deve andare di pari passo con una rivalutazione dell’idea di “cittadinanza”. «Pilastri senza i quali – ha sottolineato – anche se la magistratura è sana non ci sarà scampo. Il compito della magistratura è dunque fondamentale, ma è ancora più decisiva un cambiamento nelle basi culturali della politica stessa». L’incontro si è concluso con una nota di Schiavone sulla crisi economica, dalla quale si potrà uscire solamente attraverso un processo di globalizzazione della democrazia e con una regolamentazione sovranazionale del capitalismo finanziario.

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