Il crollo

25 Mag 2012

E ora che accade? I risultati delle amministrative hanno cambiato il sistema politico che abbiamo conosciuto nei venti anni della cosiddetta seconda Repubblica. Abbiamo una crisi economica devastante che alimenta tensioni sociali burrascose. La tragedia dell’attentato alla scuola di Brindisi ci consegna l’immagine di un’Italia fragile e sconvolta. Mancano appena dieci mesi a elezioni politiche che saranno decisive per il destino del Paese

E ora che accade? I risultati delle amministrative hanno cambiato il sistema politico che abbiamo conosciuto nei venti anni della cosiddetta seconda Repubblica. Abbiamo una crisi economica devastante che alimenta tensioni sociali burrascose. La tragedia dell’attentato alla scuola di Brindisi ci consegna l’immagine di un’Italia fragile e sconvolta. Mancano appena dieci mesi a elezioni politiche che saranno decisive per il destino del Paese. Eppure regna la confusione più sovrana. Ci avviamo a una tempestosa campagna elettorale, ma non si sa nulla ancora sui leader, sulle alleanze e, perfino, sul sistema elettorale col quale affronteremo la prova delle urne.

La geografia del Paese che andrà al voto non sarà più quella di oggi. Ma quale scenario ci troveremo nella primavera del 2013 nessuno è in grado di prevederlo. Si può solo partire dalle poche certezze che il voto ci ha affidato.

Primo. Una certezza è la Caporetto del centrodestra. Uscita con le ossa rotte dalle urne, la Lega pensa addirittura di lasciare il Parlamento per ritemprare sul territorio gli umori padani. Il Pdl è un partito cieco, senza rotta, senza guida. Privo della leadership del suo padre-padrone, affonda. Ma con Berlusconi in campo nascono difficoltà di altro tipo perché non trova più interlocutori: tutti, a cominciare da Casini, gli chiudono la porta in faccia. In questi giorni, il Cavaliere ha detto tutto e il contrario di tutto. Si è parlato del suo sogno di correre, nella primavera prossima, con un proprio listone nazionale di “fedelissimi”, avendo ormai rinunciato all’idea di trasformare il Pdl. In pratica, uno spacchettamento del vecchio partito in due tronconi, come lo slogan pubblicitario “paghi uno e prendi due”. Ora registriamo l’ultima trovata, la mossa “destinata a cambiare la politica italiana”: vale a dire doppio turno e presidenzialismo alla francese. Un’iniziativa che dovrebbe essere sepolta da una risata, “senza se e senza ma”. Alla quale, tuttavia, il Cavaliere si aggrappa per ricompattare il partito e distogliere l’attenzione dal caos che lo travolge. Sembrerebbe di trovarsi di fronte alla mossa della disperazione, ma l’agonia di questo centrodestra non inganni. E’ vero che la storia non si ripete, che è difficile un’altra “sorpresa” del tipo di quella del ’94 e che un nuovo Berlusconi non c’è all’orizzonte. Ma in politica il vuoto viene prima o dopo colmato, come mostra di credere Luca Cordero di Montezemolo che scalda i motori della sua Italia Futura.

Secondo. Questo dovrebbe bastare a non fare dormire al Pd sonni tranquilli. Ma il centrodestra non è forse il principale problema per i Democratici. Il concorrente più insidioso è, al momento, Beppe Grillo. L’effetto Parma ha fatto salire l’onda grillina. Alcuni sondaggi vedono il Movimento oscillare, alle prossime elezioni politiche, tra il secondo e il terzo posto. Si sa che l’esito delle amministrative non è facilmente proiettabile nelle consultazioni per il Parlamento. Se si dovessero realizzare a livello nazionale alcuni punti del progetto – ad esempio, uscire dall’euro e non pagare il debito – gli effetti sarebbero disastrosi per il Paese. Ma Grillo presenta un rendiconto giustamente severo e impietoso di tutte le mancate scelta della politica, che hanno impedito la riconciliazione dei partiti con il Paese. La grande capacità d’attrazione del Movimento è fuori discussione. L’errore maggiore, per il Pd, sarebbe chiudersi nei propri recinti, riproporre lo slogan dell’”usato sicuro” che appare, al di là delle intenzioni di Bersani, una sconfessione del desiderio di cambiamento, della sacrosanta voglia di coinvolgimento. Il guazzabuglio del nuovo finanziamento pubblico ai partiti, che conserva nella sostanza le vecchie anomalie e ne aggiunge di nuove, non segna certo un mutamento di rotta. Al contrario, rischia di evocare una “nuova ondata di antipolitica”.

Terzo. Rispetto al crollo del centrodestra, il Pd ha tenuto. E questo aiuta. Ma non basta. Ha conquistato comuni e seggi per la sua indubbia capacità di “fare coalizioni”. Però, il più delle volte, ha vinto con i candidati altrui, soprattutto nei grandi comuni. Questo è accaduto, nelle ultime elezioni, a Genova e a Palermo. Prima era successo a Milano, a Napoli, a Cagliari. Faranno bene, i democratici, a rifletterci sopra. Tanto più che manca finora, per il Parlamento nazionale, una legge come quella per i Comuni, che costringe nei ballottaggi, sia la sinistra radicale sia il centro, a stringersi sul candidato “più vicino” o “meno lontano”. Il grosso del partito ha mostrato di volersi affidare a questa logica delle alleanze: il Pd come perno di un’alleanza tra progressisti e moderati, da Vendola a Casini. Ma non sappiamo con quale sistema si voterà per il Parlamento. E, in ogni caso, lo schema appare già in crisi. Casini ha in testa, infatti, un altro progetto. Con Vendola e Di Pietro la vicinanza è maggiore. Ma entrambi oggi sono spesso su un fronte assai diverso da quelle del Pd. Le scelte, dunque, non sono facili. L’impasse è evidente. Ma farebbe bene il Pd a riflettere su se stesso prima che sulla tattica delle alleanze. A ragionare sulla mancata realizzazione del progetto originario, che era quello di rappresentare il partito della discontinuità, capace di intercettare e guidare il cambiamento. E’ poco il tempo a disposizione. Ma potrebbe bastare se si manifestano i segnali di un mutamento di rotta, rivolgendosi all’opinione pubblica con un linguaggio chiaro e semplice. C’è nel Paese la richiesta di profonde innovazioni sul terreno economico e sociale. Ma, al tempo stesso, c’è un’ansia di legalità, di trasparenza, di disponibilità a nuove forme di coinvolgimento della società civile. Certo, il Pd sta meglio degli altri partiti travolti dalla crisi. Con il Pd tutti debbono fare i conti. Ma avrà un futuro solo se sarà capace di rispondere alle nuove sfide.

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