Ecco perché pagare l’Imu

25 Mag 2012

Pagherò l’Imu (come milioni di altri italiani), entro la metà di giugno, disciplinatamente. Non posso dire di essere proprio felice, ma capisco la situazione drammatica nella quale ancora vive il paese, nonostante tutto. E questa
contestata tassa porterà ben 21 miliardi circa di euro nelle casse dello Stato e dei Comuni: un bel sollievo per il bilancio

Pagherò l’Imu (come milioni di altri italiani), entro la metà di giugno, disciplinatamente. Non posso dire di essere proprio felice, ma capisco la situazione drammatica nella quale ancora vive il paese, nonostante tutto. E questa
contestata tassa porterà ben 21 miliardi circa di euro nelle casse dello Stato e dei Comuni: un bel sollievo per il bilancio.
Voglio fare un ragionamento controcorrente, motivandolo. Credo che sia giusto pagare l’Imu, perché dappertutto nel mondo economicamente evoluto, in occidente (e non solo), esiste una forma di imposizione fiscale sulla proprietà immobiliare, prima casa compresa. Come ha detto nei giorni scorsi con efficace sintesi Giovanni Sabbatucci, storico alla ‘Sapienza’ di Roma e editorialista del ‘Messaggero’: ” Che si paghi una tassa sulla casa…non ci vedo nulla di male”.
Invece in Italia  c’è una corrente di pensiero e di opinione politica, che rifiuta la tassa, con motivazioni varie. La più comune viene proposta dal segretario Pdl Alfano, il quale – già in campagna elettorale – riecheggia lo slogan del suo caro leader Berlusconi “meno tasse per tutti”, e adesso promette impavido che “se a vincere sarà il fronte dei moderati…..prendo un impegno….nel 2013 l’Imu sulla prima casa verrà tolta di nuovo”. E perché? “La prima casa è un bene sacro. Questa tassa è quasi un sopruso dello Stato sulla vita del cittadino-contribuente”. Il
quale compra l’abitazione “con faticati risparmi”, già tassati (intervista ad “Avvenire”). Infatti Berlusconi abolì l’Ici sulla prima casa appena riprese possesso di palazzo Chigi nel 2008, dopo averlo promesso durante la campagna elettorale, per raccattare voti in ogni modo.
Adesso, rispettosi dei consigli spregiudicati del segretario Alfano, 50 sindaci lombardi Pdl,  giorni fa hanno organizzato una manifestazione di protesta a Monza, per chiedere a Monti di cancellare l’Imu, almeno per la prima casa.  Sembra proprio il momento giusto per  rivendicazioni di questo tipo! Siamo nel pieno di una
crisi finanziaria epocale, con paesi sull’orlo della bancarotta, con l’Italia che ha un debito pubblico mostruoso di quasi 2 mila miliardi di euro, eppure uomini politici al vertice dei partiti hanno ancora il coraggio di proporre ricette populistiche ingannevoli al grido: “Ai proprietari toglieremo la tassa sulla casa”. Inconcepibile e suicida.
Si può immaginare quale effetto producono tali propositi negli altri paesi e tra i governi e i cittadini nostri vicini (ai quali magari chiediamo anche di investire in titoli di Stato italiani), che pagano regolarmente le tasse sulla prima casa, acquistata, ovviamente, anche all’estero, con i “risparmi di una vita”, senza scendere in piazza. Perché è esattamente ciò che prescrivono le leggi dell’Europa e degli Usa.
In tempi recenti, in Italia, la prima autorità (in questa materia non bastano le  frettolose opinioni o i dati approssimativi) che ha ricordato con competenza questa semplice verità, è stato Ignazio Visco, il quale, in forma ufficiale, in un’audizione di fronte alla commissione Bilancio del Senato il 30 agosto dell’anno scorso (non
era ancora Governatore di Bankitalia, ma vicedirettore generale dell’istituto), affermò (Berlusconi governante) che “tra i principali paesi europei, l’Italia è caratterizzata da un’imposizione sulla proprietà immobiliare piuttosto bassa. Secondo i dati Ocse, in Italia il prelievo è stato in media pari a circa l’1,5 per cento del Pil l’anno tra il 2000 e il 2008 ( successivamente si è ridotto perché è stata eliminata l’Ici sulle prime abitazioni indipendentemente dai redditi)”.  Invece in Francia, per esempio, gli incassi si sono attestati sul 2 per cento del Pil l’anno, mentre nel Regno Unito e in Spagna sono stati di circa il 3 per cento. Concludeva l’estate scorsa Visco davanti ai deputati: “L’Italia è l’unico paese ad aver abolito completamente l’imposta sul possesso dell’abitazione principale””. Più chiaro di così…Un primato in Occidente, che si accompagna alla più alta evasione fiscale (insieme alla Grecia). Medesima opinione esprimeva (sempre nella sede ufficiale della commissione Finanze del Senato) a metà ottobre 2011 un altro qualificato rappresentante di Bankitalia, Daniele Franco, capo della ricerca economica: “L’esenzione dall’Ici delle abitazioni principali costituisce, nel confronto internazionale, un’anomalia del nostro ordinamento tributario”.
Questa era la situazione al tempo del governo Berlusconi. Poi è arrivato Monti, il quale, tra proteste e lamentele molto diffuse, ha….sanato “l’anomalia” e ha chiesto agli italiani di pagare l’Imu (commettendo però nell’applicazione della tassa anche qualche errore ed ingiustizia, tanto che si sta studiando come ‘alleggerirla’, dal 2013). Quindi, forse, quando l’Imu sarà a pieno regime, alla fine del 2012 e nei prossimi anni, il prelievo sulla casa potrà essere in linea con gli altri paesi Ocse.  D’altronde non c’erano alternative e non si poteva continuare con l’esenzione del passato: infatti ” la tassa si è resa necessaria per contribuire al risanamento dei conti pubblici….e sono state seguite le indicazioni che venivano da organismi internazionali, per i quali è un bene attuare uno spostamento del carico fiscale sul patrimonio e sui consumi” (sottosegretario all’Economia Vieri Ceriani, 3 maggio). E ancora, si ripeteva che “l’Italia era l’unico paese al mondo in cui il proprietario di un immobile non pagava l’imposta sull’immobile stesso” (Ceriani).
E va anche considerato che in Italia esiste un’altra “anomalia” nel settore: il catasto non è aggiornato e la legge delega di riforma è appena avviata e avrà tempi lunghi. Per cui, per esempio, a Roma accadrà che case di gran pregio situate in zone di prestigio, nel centro storico (in piazza di Spagna, piazza del Popolo, via della Croce) pagheranno zero Imu, perché ancora oggi classificate in categoria A5 o A4, come alloggi popolari, senza ascensore o bagno in ballattoio. Naturalmente le ristrutturazioni e migliorie non sono mai state denunciate agli uffici comunali. Così le classificazioni sono quelle risalenti al 1939 (con la rendita catastale non adeguata, migliaia di unità immobiliari non dovranno pagare nulla al fisco, per effetto delle detrazioni di legge).
Giova ora ricordare il tipo di imposizione in vigore all’estero e le modalità di pagamento della tassa. Guardiamo anzitutto al paese a noi vicino, la Grecia: da novembre 2011 esiste un tributo straordinario sugli immobili che viene richiesto insieme alla bolletta della luce. Quindi chi non paga l’imposta sulla casa si vede tagliare la corrente elettrica. E’ un deterrente piuttosto forte per contrastare l’evasione!
In Francia ci sono due imposte sulla casa, entrambe prelevate dallo Stato: la ‘taxe fonciere’ e la ‘taxe d’habitation’. L’ammontare delle due tasse per un appartamento , per esempio di 40 mq, nel centro di Parigi, è di circa 1400 euro l’anno. In Spagna esiste l’Ibi (impuesto sobre bienes immeubles), una tassa locale e corrisponde ad una percentuale tra 0,3 e 1,1 per cento del valore catastale. In Belgio c’è la ‘precompt immobilier’ (sempre sul valore catastale, dal 10% delle Fiandre, al 12% di Bruxelles). In Gran Bretagna esiste una tassa sugli immobili variabilesecondo il valore della casa, e copre i costi dei servizi municipali  (ritiro rifiuti, manutenzione strade) ed è piuttosto elevata: la ‘council tax’ a Londra può variare in media tra 1200 e 3000 euro per unità abitativa. Negli Stati Uniti c’è la ‘property tax’ che da Stato a Stato va da un minimo dello 0,2% al 4% del valore della casa.
Forse non è noto che perfino in Cina (in Cina!) si è avviato un programma di tassazione degli immobili: secondo una informazione diffusa dall’agenzia di stampa statale Xinhua news agency, l’imposta sulla casa (una specie di Ici ‘rossa’) in quel paese, si è fatta concreta un anno fa. Le prime tasse sono state infatti introdotte in due città, Shanghai e  Chongqing (Cina centrale, quattro milioni di abitanti): si tratta di una imposizione praticamente simbolica, molto  ridotta e che si applica solo a poche migliaia di abitazioni, per lo più seconde case, molto grandi o appartamenti di lusso, di proprietà di una sola famiglia. Ma il principio della tassazione ormai esiste anche per Pechino. Ecco: nella Cina postmaoista si sono rassegnati a pagare una quota sia pur modesta di proprietà, mentre a Roma….molti  fanno resistenza  e scendono  in piazza!

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