Disaffezione politica e riforma elettoraleIl risultato delle elezioni amministrative, con la conferma dell’elevata disaffezione degli elettori per gli attuali partiti, rende sempre più indispensabile l’approvazione di una nuova legge elettorale, che quantomeno ripristini la possibilità per i cittadini di scegliere i loro rappresentanti. Si tratta di restituire agli elettori una concreta possibilità di partecipazione alla vita politica, che è stata loro sottratta nelle due precedenti tornate elettorali. Libertà e Giustizia ritiene questo passaggio una vera e propria precondizione per riavere un Parlamento all’altezza della “disciplina ed onore” richiesti dalla Costituzione e in grado di affrontare le emergenze del paese con l’autorevolezza che è necessaria. D’altro canto, le recenti elezioni amministrative hanno dimostrato senz’ombra di dubbio ciò che da tempo avrebbe dovuto essere sotto gli occhi di tutti: il Parlamento attuale e i cittadini sono distanti l’uno dagli altri, quanto forse non è mai accaduto nei trascorsi decenni di vita repubblicana. In questa condizione di difetto di rappresentatività, non è pensabile che i partiti in Parlamento si arroghino il compito di intervenire sulle strutture istituzionali del paese modificando la Costituzione, addirittura puntando a ottenere quella maggioranza dei due terzi che impedirebbe il ricorso al referendum confermativo. L’abuso di maggioranza contro il referendum. L’esclusione del referendum quando le Camere si pronunciano a maggioranza dei due terzi è stata prevista e vale in base alla presunzione che a un sì largo consenso parlamentare corrisponda necessariamente un consenso tra gli elettori tanto diffuso da rendere superflua la loro consultazione. Presuppone cioè un certo grado di rappresentatività delle Camere. Se ciò viene a mancare, la modifica della Costituzione con esclusione del referendum costituisce un’espropriazione di democrazia. Perché sia possibile questa verifica, ecco che occorre prima rinnovare il Parlamento, applicando nuove regole elettorali. Come rispondere a chi dice: se il Parlamento non ha l’autorità per riformare la Costituzione, perché l’avrebbe per cambiare la legge elettorale? Perché la riforma elettorale non è una riforma come tutte le altre. Si tratta dell’adempimento d’un dovere democratico: la restituzione ai cittadini elettori di quella sovranità, che oligarchie di partito hanno voluto trasferire a se stesse, trasformando gli eletti in Parlamento in loro appendici. Per mettere fine a un abuso che si è commesso, non c’è bisogno di avere chissà quale autorità. Basta e avanza il riconoscimento dell’abuso commesso e della perdita di autorità che ne è conseguita. La riforma elettorale deve essere intesa come doveroso atto d’umiltà e sottomissione, quell’umiltà e quella sottomissione ai diritti dei cittadini che ogni vera riforma della politica in senso democratico presuppone. AL CONTRARIO, la riforma della Costituzione – prima ancora che se ne discutano i contenuti – comporta un esercizio di sovranità che necessita d’un Parlamento in sintonia con i cittadini: necessita d’un Parlamento che non abbia da fare nessun atto di contrizione e che sia, al contrario, pienamente legittimato dal voto popolare, espresso secondo una legge elettorale accettabile, che non faccia a pugni con la democrazia.
Il progetto unificato a firma Vizzini ha meno di un mese di vita ed è praticamente sconosciuto.
Approvarlo in fretta senza un serio dibattito, allargato al di fuori del Parlamento, sarebbe l’ennesimo colpo di mano.
C’è solo da sperare che non si realizzi nuovamente la maggioranza bulgara che ha approvato le modifiche all’art. 81, negando così la possibilità ai cittadini di poter ricorrere al referendum confermativo.
Non è l’inopportunità delle riforme che ancor mi offende quanto il loro contenuto, ch qui come in ogni articolo di giornale (con l’eccezione de Il Manifesto) è taciuto. Tre riforme: poteri di approvazione delle leggi diseguali per le due Camere e potere delle Camere dare la fiducia a un presidente del Consiglio e non al Governo; potere del presidente del Consiglio di nominare e revocare i ministri, di chiedere lo scioglimento di una o di entrambe le Camere che non abbiano approvato un disegno di legge su cui il Governo abbia posto la fiducia; procedura per la pronuncia di un voto di sfiducia nel presidente del Consiglio che rende praticamente impossibile alle Camere esprimerlo e comunque non valido se le Camere non dispongono di un altro nome da sostituire nella carica di P.d.C. Le pare poco – egr. prof. Zagrebelsky – il progetto di trasformare la Repubblica Parlamentare in quella del presidente del Consiglio per non gridare fermatevi, rendete pubblico il vostro progetto ai cittadini elettori prima di accingervi alla sua approvazione nel più assoluto silenzio?!