I primi passi di “Alba”

30 Apr 2012

Dopo appena due mesi di gestazione, da quando è apparso pubblicamente il “Manifesto per un soggetto politico nuovo”, nasce al Mandela Forum di Firenze la nuova proposta politica – e metodologica – di un gruppo di intellettuali e parti di società civile tra i quali Paul Ginsborg, Marco Revelli, Ugo Mattei, Alberto Lucarelli, Andrea Bagni, Chiara Giunti, Massimo Torelli, Stefano Rodotà, Luciano Gallino e tanti altri

Dopo appena due mesi di gestazione, da quando è apparso pubblicamente il “Manifesto per un soggetto politico nuovo”, nasce al Mandela Forum di Firenze la nuova proposta politica – e metodologica – di un gruppo di intellettuali e parti di società civile tra i quali Paul Ginsborg, Marco Revelli, Ugo Mattei, Alberto Lucarelli, Andrea Bagni, Chiara Giunti, Massimo Torelli, Stefano Rodotà, Luciano Gallino e tanti altri.
Si chiamerà ALBA, acronimo che sta per Alleanza per il Lavoro Beni Comuni e Ambiente, nome scelto per votazione tra oltre 140 proposte giunte dai sottoscrittori del manifesto.
Davanti ad una platea di circa un migliaio di persone giunte un po’ da tutta Italia, tra le quali la maggior parte “ne hanno già viste molte” apre Marco Revelli e cerca di chiarire subito il perché di questo soggetto, chi è e cosa vuole.
“Non c’è più tempo”. I pilastri fondamentali che la Costituzione aveva posto alla base della nostra democrazia- i partiti politici- si stanno sgretolando, con il rischio di trascinare nel loro crollo anche le istituzioni repubblicane. Revelli parafrasa il presidente Monti “noi siamo qui perché altri -i partiti- hanno fallito”, rilevando anche il quasi totale silenzio mediatico dei media su questo nuovo progetto, giudicandolo anche  positivo in quanto libera il soggetto da pressioni sulla scelta del nome e soprattutto non vengono imposti tempi e pulsioni identitarie, che rimarranno invece di totale pertinenza dei partecipanti.
Una stoccata all’”urlo roco del populismo a buon mercato” e una rinuncia ai facili serbatoi dell’ira popolare da utilizzare a fine elettorale, ma l’uso della parola e dell’argomentazione come mezzo per intendersi e per distinguersi. Alba non sarà una “ nuova, piccola formazione politica”, un nuovo partitino, uno contro gli altri. La gravità della crisi non lascia spazio allo spirito di setta, ma richiede la messa in moto di un fronte ampio. E con questo un “cambio di paradigma” nel modo di pensare le cose e di fare politica, nel metodo e nel rapporto tra governanti e governati, nel linguaggio che sappia parlare all’ampia platea delle vittime dell’attuale modello economico e sociale, a quel 99% a cui si rivolge Occupy Wall Street…
Il salto di paradigma coinvolge anche gli strumenti organizzativi che dovranno rifiutare le consuete modalità centralistiche, verticali e gerarchiche e invece, praticare l’orizzontalità della rete, la comunicazione decentrata, l’eguaglianza nella parola e nell’ascolto tra diversi.
L’obiettivo è quello di un nuovo spazio pubblico liberato dalle ingombranti presenze dei vecchi monopolisti della decisione, embrione di una nuova cittadinanza che ha mostrato il proprio profilo un anno fa con la vittoria referendaria e i risultati “eretici” delle amministrative; una nuova forma organizzata che raccolga la domanda di partecipazione dei cittadini che non vogliono rassegnarsi al cappio del fiscal compact, alla riduzione dei diritti sociali e alla mercificazione sistematica della vita individuale e collettiva.
Parlare di “beni comuni” al plurale significa quindi riappropriazione dello spazio pubblico e indisponibilità alla delega per le decisioni impegnative per tutti.
Il programma verrà condiviso da tutti, senza pregiudiziali con due sole eccezioni:1) la pregiudiziale antiliberista – la constatazione del fallimento totale del dogma liberista che ha portato all’attuale situazione e la necessità di contrapporgli un organico modello alternativo 2)la centralità della questione del lavoro, a cominciare dalla difesa intransigente dello statuto dei lavoratori. Tutto il resto sarà frutto di un percorso che si svilupperà nei territori e sarà alimentato da moltissimi contributi.
Interviene subito dopo il padrone di casa Paul Ginsborg, memoria storica della società civile fiorentina e nazionale e rievoca l’assemblea storica del gennaio 2003, sempre al Mandela Forum con Nanni Moretti e Sergio Cofferati assieme a tanta “società civile”.
Da quell’esperienza ne uscì una lezione diretta al mondo politico ufficiale che diceva che non poteva essere affidato a leader carismatici il nostro destino.
Ma così non è mai stato nel corso di questi 10 anni. Dieci anni sono troppi ed è giunto il momento di agire, occorre essere attori, con determinazione ed umiltà, anche sbagliando. Infatti l’esperienza ci dice che la via della democrazia partecipativa è molto difficile e necessità di molta pazienza e tanta generosità; occorre autodisciplina, aprirsi alle ragioni degli altri, essere inclusivi.
Tutto questo ha come obiettivo l’unità delle sinistre, ma a partire dal basso, per vincere assieme le elezioni e cambiare la qualità della politica.
Ginsborg tocca anche un punto nuovo, già citato nel Manifesto, le passioni di riferimento di questa esperienza : mitezza e fermezza ; e rivendica con fierezza la riproposizione di questi valori , tanto cari a Norberto Bobbio, e se qualcuno le addita come nucleo dell’antipolitica sbaglia totalmente. Ci sono circostanze nelle quali la mitezza non è sufficiente e a quel punto la fermezza ne è il naturale epilogo.
L’intervento del professore anglo fiorentino si conclude con una mite ma determinata stoccata polemica verso Alberto Asor Rosa, che dalle colonne del Manifesto del 27 aprile scorso, in un lunghissimo articolo, aveva criticato piuttosto duramente il progetto Alba essenzialmente per aver impostato la propria mission politica rimuovendo difatto il principio di “conflitto di classe”.
Questa posizione di Asor Rosa segue  una altrettanto dura e feroce critica da parte di Rossana Rossanda, che sempre sul Manifesto di alcune settimane fa bollava questo progetto come debole politicamente e privo di visone e chiari obiettivi politici.
A dire il vero, le fatwa di Asor Rosa e Rossanda, fino a ieri due guru di massimo riferimento di gran parte del movimento che sta seguendo la nascita e i primi passi di Alba, costituiscono la prova che questo progetto sta spaccando le tradizionali categorie e modalità di una certa vecchia politica, anche e soprattutto di una vecchia e immobile sinistra radicale, capace di leggere la realtà politica e sociale, ma soprattutto il suo divenire, attraverso la sola miopia del dogmatismo totemico, troppo spesso sterile e autoreferenziale.
Si tratterà adesso di vedere, capire e analizzare come si muoverà e si svilupperà Alba nei territori; soprattutto su quali “gambe” potrà contare questo progetto, condizione essenziale per poter esprimere un primo concreto giudizio politico.
Questo progetto nasce da analisi, motivazioni e prospettive in gran parte condivisibili, anche se mancano, per il momento, nette prese di posizione su temi a noi di LeG molto cari ( la difesa della Costituzione e la sua difesa dall’attacco degli “sherpa”, il modello di riferimento del sistema giudiziario ad es.).
Sarà quindi compito di tutti noi e dei nostri circoli assistere e monitorare nei territori questo nuovo progetto, i suoi primi passi e le sue prime azioni politiche.

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