Corsini: «Meno soldi ai partiti e più dialogo»

24 Apr 2012

Miliardi su miliardi, entrati nelle casse dei partiti e finiti chissà dove. Due miliardi e 300 milioni di euro dal 1994 ad oggi, secondo alcuni. Otto miliardi e mezzo (suddivisi tra gruppi parlamentari, giornali di partito e rimborsi elettorali) secondo Elio Veltri, politico e giornalista intervenuto nel corso di un incontro organizzato dal circolo Libertà e Giustizia di Brescia, intitolato «I soldi dei partiti», che ha avuto come altro protagonista il deputato Pd ed ex sindaco Paolo Corsini, introdotti dalla coordinatrice del circolo bresciano, Gisella Bottoli. I casi Lusi-Margherita e Belsito-Lega sono ben presenti nella mente di Veltri, che ha invitato a non abbassare la guardia: «Ci sono casi peggiori, coperti dall’omertà di certa magistratura e informazione. Obblighiamo i partiti a dare informazioni per verificare che i soldi che hanno ricevuto siano stati usati per fare politica e non per palazzi». Per l’ex sindaco di Pavia, il finanziamento pubblico ha demolito i partiti: «Ma siccome non esiste democrazia senza partiti, così si distruggono le istituzioni. I partiti sono associazioni private non riconosciute, qualsiasi cosa combinino, non ci sono conseguenze civili e erariali». VELTRI HA CRITICATO aspramente anche il sistema della trasparenza «gestita dai funzionari, come alla Camera, dove l’Ufficio di presidenza non rilascia la documentazione» e quello dei controlli: «La Camera è in conflitto d’interessi, i revisori dei Conti dicono di non poter controllare, la Corte dei Conti vorrebbe ma viene bloccata, così come l’Antitrust». Concludendo, Veltri ha paragonato il sistema di finanziamento ai partiti con quello di Germania e Francia: «In Germania il finanziamento pubblico non esiste senza quello privato, e in Francia le sovvenzioni private sono molto elevate. In Italia il finanziamento pubblico rappresenta il 95 % dei fondi dei partiti». Corsini ha esordito citando l’articolo 49 della Costituzione, evidenziandone un limite decisivo: «Non riconosce la personalità giuridica del partito, e pertanto non evoca la sua responsabilità. Disapplicando lo spirito che sottende a quell’articolo, i partiti sono diventati aziende dello Stato, perdendo la propria autonomia». Il modello richiamato dall’ex sindaco è quello delle squadre di calcio: secondo Corsini, i partiti hanno tifosi e inni, non più militanti che discutono. «In questo sistema si inserisce il finanziamento pubblico, che si ispirava ottimisticamente alla supposta moralità della politica – ha dichiarato -. Questo anche nel Pd: dei 69 milioni di euro all’anno incassati, solo 7-8 provengono dai parlamentari e dai militanti». Il Pd si è quindi mosso per porre un freno a questo malcostume, avanzando alcune proposte: «Per prima cosa dobbiamo bloccare l’ultima tranche da 110 milioni, per poi istituire una commissione d’inchiesta per capire dove sono quel miliardo e 700 milioni di euro spesi dai partiti senza chiarirne la causa – ha chiarito Corsini -. Il finanziamento pubblico (che va ridotto) può essere erogato solo se il partito documenta una conduzione democratica della vita interna, se introduce meccanismi di controllo e trasparenza, e solo dopo la statutizzazione delle primarie».

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