Ai partiti non soldi ma strumenti per promuovere partecipazione

23 Apr 2012

Il PD ha la possibilità di dimostrare che non tutte le forze politiche sono uguali. Pretenda una legge per i cittadini che pensano al bene comune associandosi a tal fine in partiti

Caro Segretario,
Lei non deve stupirsi, e tanto meno rammaricarsi, se nelle attuali polemiche sui comportamenti dei partiti politici alcuni, tra cui il sottoscritto, sono particolarmente severi nei confronti del Partito Democratico: da altri non ci si attende nulla di buono, da chi è erede di nobili storie politico-culturali e si vuole collocare dalla parte della libertà e della giustizia ci si attende rigore e coerenza.
Vi è una drammatica analogia tra oggi e vent’anni fa: come allora, anche le forze politiche non toccate, o toccate molto meno di altre, dal sistema corruttivo non hanno saputo essere protagoniste dell’esigenza di fare pulizia. Protagonista è stata ancora una volta la magistratura, e non ha senso lamentarsi se ciò determina di fatto una sua incidenza sul contesto politico.
Non basta, in questo quadro, introdurre norme che impediscano gli abusi più criminosi nella gestione dei fondi pubblici devoluti ai partiti politici: la grande maggioranza dei cittadini sente nei confronti di essi un distacco che va ben al di là della denuncia di specifici reati. Va quindi rilanciata con urgenza l’attuazione, finalmente, dell’articolo 49 della nostra sana e robusta Costituzione, quello che ha come soggetto non i partiti, ma i cittadini che si associano per concorrere tramite uno strumento democratico alle scelte politiche.
Leggo che ancora una volta si vuole ricorrere ai “due tempi”: sùbito le norme finanziarie, in un futuro quelle sul “metodo democratico” nella vita dei partiti. Ebbene, dal Partito Democratico vorremmo, in tanti, una precisa opzione già nella prima fase, mentre è ora l’on. Alfano che demagogicamente scopre all’improvviso che il finanziamento pubblico non serve. L’opzione che chiediamo deve avere il segno della centralità dei cittadini: se il partito è un loro strumento, lo Stato ha il dovere di far sì che lo strumento possa funzionare, e deve pertanto mettere a disposizione dei partiti non soldi per i loro apparati, bensì la disponibilità di tutte le strutture che consentano concretamente la più ampia partecipazione civile.
Il finanziamento pubblico iniziò nel 1974, anche allora come risposta a un clamoroso episodio di corruzione. Inutilmente, e quasi solo, un uomo della tradizione azionista, Tristano Codignola, propose -anziché miliardi di lire- disponibilità di spazi per riunioni nei Comuni e nei quartieri, di strumenti di stampa, di emittenti TV e radio, di franchigie postali. Oggi i mezzi di comunicazione si sono sviluppati ulteriormente, e la partecipazione può essere a distanza oltre che di persona: siti interattivi e sale attrezzate in teleconferenza possono affiancare, talora in modo anche più efficace, le antiche assemblee, nelle quali comunque -va sempre ricordato- a suo tempo si è formata e diffusa la cultura democratica degli Italiani.
Il PD ha la possibilità di mostrare con i fatti che non tutte le attuali forze politiche sono uguali. Pretenda una legge per i cittadini che pensano al bene comune associandosi a tal fine in partiti, non per i partiti che pensano a se stessi.

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