Rai “bene comune”

20 Apr 2012

Massimo Marnetto

Acceso dibattito a Roma sul servizio pubblico. Dobbiamo ridare alla RAI – dice Valentini – il ruolo che ha svolto molto bene per anni e che oggi è rivendicato da una televisione pubblica presa a modello come la BBC: educare, informare, intrattenere. Ma la Rai deve liberarsi dalla schiavitù dell’audience e della raccolta pubblicitaria, che portano a privilegiare la quantità dei contatti rispetto alla qualità dei programmi. Così il canone avrebbe un senso preciso e non sarebbe largamente evaso come avviene oggi

“Voi dite: la Rai che vogliamo. E’ poco, dobbiamo dire la Rai che pretendiamo, che ci spetta”

Apre così Giovanni Valentini di Repubblica, l’incontro dedicato alla Rai e più in generale all’autonomia del servizio pubblico televisivo, in una sala assortita da cittadini e molti professionisti di Viale Mazzini.
Gli chiedo se dopo aver combattuto l’analfabetismo diffuso, la TV di Stato non debba oggi preoccuparsi di debellare l’analfabetismo politico generato da un’informazione faziosa.
“Dobbiamo ridare alla RAI – risponde l’editorialista – il ruolo che ha svolto molto bene per anni e che oggi è rivendicato da una televisione pubblica presa a modello come la BBC: educare, informare, intrattenere. Ma per svolgere al meglio questo servizio, la Rai deve liberarsi dalla schiavitù dell’audience e della raccolta pubblicitaria, che portano a privilegiare la quantità dei contatti rispetto alla qualità dei programmi. Così il canone avrebbe un senso preciso e non sarebbe largamente evaso come avviene oggi”.
Ma esiste un’alternativa concreta a questa Rai infiltrata dalla partitocrazia?
“Sì – dice  Tana de Zulueta, ex senatrice e studiosa della materia – ma la riappropriazione deve partire da un vasto movimento di mobilitazione  civile, simile a quello che ha difeso l’acqua come “bene comune”, perché anche un servizio televisivo indipendente è un “bene comune”.
De Zulueta presenta il progetto di modifica della governance della Rai, che si basa su organo intermedio tra tv di Stato e partiti, ovvero un Consiglio nazionale di utenti, formato dai rappresentanti di varie espressioni della società civile, che elegge un Consiglio di Amministrazione finalmente non più dettato dalla partitocrazia.
“Non è una soluzione  estemporanea – precisa l’ex senatrice – perché questa formula già esiste in molti stati democratici. E in italia un servizio televisivo indipendente è ancora più necessario, se vogliamo contrastare il conflitto d’interessi e promuovere l’anti-trust”.
L’ex presidente Zaccaria – assente per un malore – è stato comunque citato, per la sua proposta di abbinare il pagamento del canone ad un diritto di votazione per scegliere i componenti del Consiglio Nazionale.
E questa sua proposta, del resto, sarebbe perfettamente compatibile con l’articolo 43 della Costituzione che prevede l’affidamento di servizi pubblici essenziali a “comunità di utenti”.
E le frequenze?
“La lotta per la loro assegnazione è molto più violenta di quanto appaia – dice Valentini – perché questo scontro è l’esempio plastico di come l’Italia sia ancora avvolta dal conflitto d’interessi, che vede posizioni dominanti opporsi a qualsiasi scelta di pluralismo dell’informazione, Ma diamoci da fare, perché il rischio maggiore è che questo enorme sbilanciamento di forze diventi un alibi collettivo per non fare la fatica di reagire”.

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