Lettera alla presidenza

27 Mar 2012

Gentili amici,

marzo volge al termine e ancora non ho rinnovato la mia tessera d’adesione alla nostra associazione. Non si tratta d’incuria, ma di una crisi di coscienza che mi ha assalito silente all’avvento del governo Monti, momento a partire dal quale non sono più riuscita a riconoscermi nelle posizioni assunte da LeG. Certo non è la prima occasione in cui ciò mi capita (non ho condiviso nemmeno l’appoggio al referendum pro maggioritario, considerando io di gran lunga più democratico il proporzionale) pur sentendomi disposta a glissare quando il mio dissenso non tocchi questioni di principio. Ora la crisi è conclamata. E se mi è permesso parafrasare il professor Zagrebelsky il quale di recente ha dichiarato che “Da questo governo mi sarei aspettato una capacità politica diversa da quella che sta dimostrando”,  altrettanto purtroppo mi sento di affermare io a proposito di LeG, associazione la cui essenza è proclamata essere la difesa della Costituzione.
LeG fortemente, con pertinacia e grande civiltà ha saputo coagulare attorno ai suoi principi alcuni tra i migliori rappresentanti della democrazia in un’epoca di torbidi purtroppo non breve in cui il Paese si era smarrito. Ha combattuto armata con la sola forza della ragione senza lasciarsi avvilire dall’esiguo numero dei suoi componenti. Dunque a buona ragione l’uscita di scena del governo Berlusconi è stata accolta con un generale sospiro di sollievo, sospiro che si è soffuso benevolmente anche sul governo Monti che gli è succeduto.
Malauguratamente, a mio parere, là dove il nostro Paese si era smarrito ora LeG rischia di perdersi, non opponendosi con tutta la sua influenza morale conquistata, contro un governo, quello attuale, che della Costituzione fa scempio, a partire proprio dall’art. 1 scardinato dalla manomissione dell’art. 18 dello Statuto dei Lavoratori. Perché “se il lavoro vale meno economicamente e come collante sociale” tornare a riaffermare il valore sociale del lavoro è la prima missione della classe politica. Missione davvero onorata da questo governo?
La citazione è estrapolata dal saggio di Marco Panara “La malattia dell’Occidente”, valente collaboratore di LeG, nel cui seno lo scorso anno il giornalista economico ha tenuto alcune conferenze proprio su questo tema. Ora, a rischio di essere icastica, dichiaro che se LeG si riconosce in questa affermazione non può riconoscersi nel governo Monti, e se non si riconosce nel governo Monti, deve fortemente, con pertinacia e con grande civiltà contrastarlo nè più nè meno di come aveva fatto con il governo Berlusconi. Essere chiamati ad agire in clima d’emergenza non significa far approvare a marce forzate leggi che determinano e qualificano la vita di milioni di lavoratori trascurando -per non dire nascondendo- le inevitabili conseguenze su ogni singolo individuo, a maggior ragione se debole.
“La società fondata sulla proprietà è quella aristocratica, quella fondata sul censo è quella oligarchica, quella fondata sul lavoro è infine pienamente democratica” sostiene sempre Panara, ed è a quest’ultima che la nostra Costituzione fa da baluardo, e LeG si proclama con lei.
Il governo Monti, detto a intermittenza dei “tecnici” o dei “professori”, si ammanta di un’aurea super partes, ma non lo è, come testimonia il curriculum vitae dei suoi membri. Appartiene alla casta oligarchica e ogni suo atto, fin dal momento dell’insediamento, ha voluto marcare l’abisso tra chi ha e la plebe, con un atteggiamento che non trovo altro termine per definirlo se non spocchioso. Non si tratta di una mia ripulsa personale, bensì della constatazione che il dirigismo del governo Monti, refrattario al dialogo a meno che non gli si dica sempre sì, sta minando il lavoro, il reddito dei lavoratori dipendenti e di conseguenza il welfare dello Stato sociale. Qual è la contropartita di disfare lo Stato invece di farlo funzionare bene, di togliere le regole – come sta facendo con l’art. 18 –  invece di scrivere quelle giuste?
Se la repubblica italiana è fondata sul lavoro, se produzione e ridistribuzione della ricchezza non sono due momenti diversi, destinati a due categorie diverse di persone, ecco, io penso che LeG dovrebbe far sentire la sua voce. La legge nella sua maestosa uguaglianza proibisce al ricco come al povero di rubare il pane, chiedere la carità e dormire sotto i ponti.

Cristina Bongiorno
Circolo di Trieste

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