Monti non spezzare quel filo

La rottura è una rottura, e non bastano le gentilezze formali a edulcorare i contrasti. Andiamo al concreto, il contenzioso sull’articolo 18: è evidente che lo sconquasso c’è stato, con ricadute politiche evidenti sul Pd che, alla nascita di questo governo, era considerato il primo “azionista di riferimento” del professor Monti. Tuttavia, una rottura non è il divorzio. Il premier ha la possibilità di delimitare le implicazioni politiche dello strappo. Se stiamo alle parole del ministro Fornero, i margini sono difficilmente individuabili: modifiche sì, ma niente reintegro per i licenziamenti economici. Però, il governo, per portare in Parlamento la sua riforma, ha dovuto, questa volta, usare lo strumento del disegno di legge, non del decreto. E si tratta di uno strumento ben più flessibile e malleabile.

L’appello al buon senso, in questo caso, non guasta. Il punto è se si riesce a uscire dalle dispute artificiose, che hanno assunto l’articolo 18 come un simbolo, il segno necessario di un cambio di rotta della cultura politica e sociale del Paese. Si è detto che è necessario dare risposte convincenti ai mercati, la prova di un reale cambiamento agli imprenditori stranieri poco propensi a investire in Italia. Ma la tesi è contestata dallo stesso neopresidente della Confindustria, Giorgio Squinzi: “In linea generale, non credo che sia l’articolo 18 a bloccare lo sviluppo del Paese. Le esigenze sono altre:burocrazia, mancanza di infrastrutture, costi eccessivi dell’energia, criminalità”.

C’è molta confusione. E c’è anche qualche zona d’ombra. Ad esempio, stando a indiscrezioni di buona fonte, i tre sindacati, compresa quindi la Cgil,  avevano presentato al premier un pacchetto che prevedeva anche per i licenziamenti economici, oltre che per quelli disciplinari, l’applicazione del cosiddetto “modello tedesco”, vale a dire la facoltà per il giudice di decidere tra reintegro e indennizzo del lavoratore. Fino a un certo punto, sembrava che il governo fosse orientato ad accogliere questa formula. Da qui, le dichiarazioni ottimistiche di una certa fase della trattativa. Poi, c’è stato un irrigidimento. E il professor Monti sarebbe apparso “più tedesco dei tedeschi”. Eppure, nessuno in Europa avrebbe avuto da eccepire se Roma avesse copiato il modello di Berlino, considerato un esempio di lungimiranza economica e sociale.

Non serve attardarsi nelle polemiche sul passato. Ma non si può rinunciare a qualche considerazione di portata generale. E’ vero che la politica deve avere speditezza, evitando di incartarsi dentro la concertazione, facendone una sorta  di liturgia necessaria. Però, è altrettanto vero  che la ricerca del consenso è considerato un valore anche in Europa. A questo punto, l’esito della vicenda avrà conseguenze non solo sul mercato del lavoro, ma anche sul profilo del governo guidato dal professor Monti.

La partita che si aprirà in Parlamento è dunque tutta da decifrare. E si sa bene chi, tra i partiti della “strana” maggioranza, rischia di più. Il Pd è senza dubbio la forza politica più esposta, preso tra due fuochi. Da una parte, il fronte berlusconiano all’attacco, per accentuare i guai di Bersani e compagni, che non possono compromettere le sorti del governo, ma nemmeno mandare in crisi i loro rapporti con la Cgil. Dall’altra, Vendola e Di Pietro  che alzano i toni contro i “cedimenti” del Pd. Prevalgono gli interessi di bottega, per lucrare voti e consensi. E Di Pietro, nell’inedito ruolo di teorico dell’operaismo, minaccia “un  Vietnam parlamentare”. Il Pd avverte intorno a sé un clima avvelenato, di cui sarebbero testimonianza gli inviti interessati alla “responsabilità e moderazione”, a non restare “attardato in battaglie di retroguardia”. Torna la vecchia disputa sulle due “anime “ del partito, sulla sintesi mai operata tra quella ex diessina e quella ex popolare. Ora, è vero che il Pd ha le sue colpe, che ha lasciato troppi problemi insoluti. Ciò meriterebbe, in altra sede, un più approfondito discorso. Ma le critiche odierne hanno una forte carica strumentale. La stessa questione delle “due anime” appare, in questa circostanza, fuorviante, perché si dimentica che una  dialettica analoga sopravvive in tutti i partiti socialdemocratici e laburisti. Essenziale è trovare il mix, la sintesi capace di mescolare culture diverse.  Ma dovrebbe essere anche nell’interesse di Monti non spezzare il filo con il principale partito del centrosinistra.

4 commenti

  • Il modello tedesco avrebbe potuto essere e potrebbe ancora essere quel filo. Come scrive giustamente Meli, nessuno in Europa (ma alla fine credo anche in Italia) avrebbe avuto nulla da eccepire. La vera domanda allora è: quali sono le vere ragioni che hanno indotto il governo a esasperare il contrasto, essere più confindustriali di Confindustria, rovesciare il tavolo e partorire una riforma che non occorre essere massimalisti per definire inaccettabile e punitiva? La Fornero dice con sicumera: no al reintegro. Perché mai? I tedeschi che lo prevedono sono forse stalinisti? Le altre “garanzie” contro i licenziamenti facili di cui farfuglia il governo sono semplici esercizi di retorica. Il PD e la CGIL non possono accettare meno del modello tedesco. Tengano duro con la forza delle buone ragioni e cerchino alleanze in Parlamento e nella società. E se sarà crisi, sarà crisi. Ma la colpa sarà unicamente del governo. E se ne assumerà le responsabilità.

  • Comincio ad avere qualche riserva sul governo Monti. I ministri del suo governo, tecnicamente saranno, tecnicamente, i più preparati del mondo ma danno l’impressione di non capire niente della vita quotidiana del popolo, che è questo che forma una nazione. Il popolo ha le scatole piene. Tra una fornero, educatina, educatina preferisco una Camusso che dà l’impressione di essere capace di darti una badilita in faccia. Perdiamo tempo sull’art.18, economicamente irrilevante, tralasciando problemi che investono i cittadini non facendo parte della casta. Ho l’impressione che il vero obiettivo è quello di mettere a cuccia i sindacati e di creare una schiera di sudditi allineati e in riga. facciamo una legge elettorale che sia tale e andiamo a votare. In seconda facciamo pulizia dei ns,i “capataz”, in particolare di quelli che possono vantare 37 presidenze ed incarichi diversi. alfredo

  • Antonio con “sobrietà” montiana restituisce al governo le sue responsabilità: l’atteggiamento tecnico non può diventare un paravento per nascondere la responsabilità di aver esasperato una questione.
    Di fronte alla ministra saccente che dice “è Giusto”, anche di norme palesemente sbagliate e approvate per incuria e disattenzione, mi chiedo che senso ha la parola “tecnico”: è la Verità rivelata? che sta sopra tutto e tutti? inalterabile? a cui va immolata la vita di tante persone?
    “Tecnico” sembra che stia a significare “lontano dalle persone”, indifferente e pago di sè.
    Dopo la fascinazione iniziale del governo pseudo-tecnico (pseudo: ben attento a non toccare i privilegi, che sono i loro privilegi), ora siamo nel disvelamento di quanto sia inadeguata la tecnica a pensare la vita delle persone, a creare un senso.
    Con Antonio dico: e se sarà crisi, sarà crisi. E il governo tecnico ne avrà responsabilità.
    Silvana

  • si chiede a Monti di non spezzare il filo e non ci rendiamo conto che qui ci vogliono volti nuovi sia nel campo politico che in quello sindacale. Il risultato devastante dopo anni e anni di gestione lo abbiamo sotto gli occhi.l’articolo 18 avra’ anche la sua importanza ma non e’ certamente questo che risolvera’ i problemi .Iproblemi sono altri ,malavita burocrazia ecc.ecc. e non possiamo illuderci che saranno affrontati seriamente dalle stesse persone che hanno governato per decenni questo paese .tra un po si andra’ a votare e corriamo il rischio di trovarci al nastro di partenza le stesse persone del passato.Ci vogliono volti nuovi. Tutti a criticare e a giudicare ma nessuno ha il coraggio di metterci la faccia.Inutile lamentarsi continuamente bisogna attivarsi affrontare le situazioni .

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