Zagrebelsky “Concertazione per fare le riforme”

24 Mar 2012

«Da questo governo mi sarei aspettato una capacità politica diversa da quella che sta dimostrando. Trovo una forzatura la tendenza a demonizzare la concertazione, una pratica che esiste in molti paesi a cominciare dalla Germania». Così il presidente onorario di LeG durante la presentazione del libro scritto a quattro mani con Ezio Mauro, La felicità della democrazia (Laterza), alla Biblioteca delle Oblate di Firenze

«Da questo governo mi sarei aspettato una capacità politica diversa da quella che sta dimostrando. Trovo una forzatura la tendenza a demonizzare la concertazione, una pratica che esiste in molti paesi a cominciare dalla Germania». Sono le parole che Gustavo Zagrebelsky, presidente emerito della Corte Costituzionale, dedica all´articolo 18 durante la presentazione del libro scritto a quattro mani con Ezio Mauro, La felicità della democrazia (Laterza), ieri alla Biblioteca delle Oblate. Insieme a lui e al direttore di Repubblica ci sono la presidente di Libertà e Giustizia Sandra Bonsanti, l´assessore alla Cultura della Regione Cristina Scaletti e Anna Benedetti, curatrice degli incontri di “Leggere per non dimenticare”. Il dialogo sulla democrazia è stato pubblicato un anno fa, quando nessuno poteva immaginare che Berlusconi sarebbe stato sostituito da Monti sotto l´urgenza di una crisi economica che stava portando il paese verso il baratro. Oggi, superata la fase dell´emergenza, il governo tecnico si trova ad affrontare il passaggio della riforma del lavoro e la rottura con la Cgil. «La concertazione», avverte Zagrebelsky, «non ha niente a che fare con il corporativismo ma rimanda a un´idea ampia di democrazia, che è l´arte di mediare tra interessi diversi e di farli crescere insieme».

Come presidente onorario di Libertà e Giustizia Zagrebelsky ha presentato a Milano il 12 marzo il manifesto intitolato “Dipende da noi – Dissociarsi per riconciliarci”, in cui muove forti critiche al governo dei tecnici. «Non vorrei», ripete, «che di fronte a una serie di scelte imposte ci ritrovassimo con un paese diviso». Anche Ezio Mauro, che ha condiviso l´iniziativa di Napolitano di affidarsi a un governo tecnico «che è stato lo strumento politico per passare dal berlusconismo al post-berlusconismo», oggi di fronte alla modifica dell´articolo 18 chiede al Pd di «dare battaglia senza tregua, pur sostenendo Monti» e di esigere «il rispetto dei diritti del lavoro». Secondo Mauro «il metodo della concertazione aveva dato finora risultati positivi riguardo agli ammortizzatori sociali mentre la norma che supera il modello tedesco prevedendo il solo indennizzo per il licenziamento per motivi economici è spuntata fuori all´ultimo minuto». Qualcosa di più o di troppo, insomma: «Nessuno ci chiedeva di salire in cattedra», osserva Mauro. «L´impressione è che questa rottura con la Cgil sia un risultato accessorio, che al governo fa comodo sbandierare in Europa per rendere più forte l´impatto della riforma. Tutto questo non è accettabile». Da qui l´appello al Partito democratico. «Se fossi un politico chiederei di poter fare questa battaglia, invece di stare sulla difensiva. Lo chiederei perché esiste la possibilità di riformare il sistema delle tutele senza che il datore di lavoro diventi giudice unico della necessità di licenziare, al di là di ogni criterio oggettivo e senza il vaglio di un´autorità terza come il magistrato. Nasce il sospetto che ci sia qualcosa di ideologico, una sorta di integralismo di tipo accademico nel modo in cui l´esecutivo ha voluto in tutti i modi arrivare a questa revisione. Lo stesso amore per il mercato però non viene applicato ad altre vicende». La Rai, ad esempio: «Non si può essere tecnici soltanto a metà, magnificare il mercato e poi non restituire al mercato la Rai, facendo finta per una volta che sia un´azienda normale e liberandola dal servaggio ai partiti». La delusione però non deve sfociare nella rassegnazione: «C´è ancora spazio per una battaglia serena nel paese sulla dignità del lavoro e sul concetto di uguaglianza, che alla sinistra sembra una parola vecchia e che invece tiene insieme welfare, capitalismo e democrazia rappresentativa. E ci consente di difendere ciò che noi siamo e il mondo in cui viviamo».

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