Quei fantasmi che girano per l’Europa

20 Mar 2012

Nei momenti di difficoltà economico-sociali c’è la tentazione di chiudersi a riccio, o quella di dare la colpa a qualcuno (da sempre, gli ebrei sono stati utilizzati a tal fine); in Europa siamo in uno di tali momenti, e si vedono fenomeni quali l’imprevedibile ingresso di forze dichiaratamente xenofobe nei Parlamenti di vari Stati del Nord, o l’adozione di una costituzione nazionalistica in Ungheria

C’è da augurarsi che il colpevole del crimine di Tolosa sia assicurato alla giustizia al più presto; l’impegno delle istituzioni pubbliche, francesi e non solo, non deve però fermarsi a questo, né dovrà cessare una forte capacità di iniziativa di tutta la società civile europea. C’è infatti il rischio che, come nel caso di Anders Breivik, passati l’orrore e l’indignazione del momento ci si limiti a parlare di squilibrati isolati; nel caso norvegese la difesa sta già sollevando la questione dell’incapacità di intendere e di volere, nel caso francese si sarebbe di fronte alla volontà di vendetta personale di un espulso dai parà (sempre che vengano confermate le ipotesi che circolano).
E’ certo possibile che, in se stesse, queste azioni assassine siano state non solo eseguite, ma anche progettate, isolatamente; ma per Breivik si sa già che aveva alcuni collegamenti con gruppi della destra estremista, e in ogni caso bisogna guardare, con vigile preoccupazione, all’intero contesto politico e sociale europeo, nel quale sono presenti brodi di cultura atti a favorire lo sviluppo di organismi pericolosi.
Ufficialmente, anche le organizzazioni della destra più fanatica, nazionaliste o cristiano-fondamentaliste che siano, non si dichiarano razziste; ma quando le “radici” vengono esaltate non come valore culturale da offrire al dialogo con tutti bensì come identità da rivendicare in contrapposizione a tutte le altre ci si colloca su un piano inclinato che può trascinare molto in basso. Xenofobia, antisemitismo, la stessa omofobia hanno caratteristiche in parte differenti, ma sono tutti accomunati dalla volontà di colpire o almeno di emarginare il diverso; è necessario rifiutare di dare cittadinanza, nello spazio pubblico, a ognuna di queste posizioni, perché sdoganarne una significa aprire la strada a tutte.
Nei momenti di difficoltà economico-sociali c’è la tentazione di chiudersi a riccio, o quella di dare la colpa a qualcuno (da sempre, gli ebrei sono stati utilizzati a tal fine); in Europa siamo in uno di tali momenti, e si vedono fenomeni quali l’imprevedibile ingresso di forze dichiaratamente xenofobe nei Parlamenti di vari Stati del Nord, o l’adozione di una costituzione nazionalistica in Ungheria.
Ai gruppi dirigenti, politici e non solo, spetta isolare queste pericolose presenze nelle istituzioni; a tutti noi spetta combattere la battaglia culturale che le isoli nella società. Le armi che abbiamo sono i valori positivi che hanno permeato l’Europa, e che sembravano ormai aver vinto il confronto con altri che positivi non sono. Schengen, l’abbattimento delle frontiere tra noi, è stato un simbolo dalla parte positiva; ma esso non deve autorizzare né a rafforzare frontiere fisiche rispetto ad altri, né a tollerare barriere culturali, etniche o religiose nei confronti di qualsiasi gruppo, grande o piccolo, di umani. “Razza umana” ha risposto Albert Einstein a chi all’ufficio immigrazione negli USA gli aveva posto la domanda sull’appartenenza razziale.

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