Dipende da noi: la nostra strada

19 Mar 2012

Credo che il manifesto “Dipende da noi” sia il più importante fra quelli firmati da Gustavo Zagrebelsky per LeG e quello che avrà più impatto anche nei giorni a venire sulla situazione politica italiana. E’ accaduto così che ci siamo attirati critiche e polemiche da parti diverse, non tutte disinteressate

Credo che il manifesto “Dipende da noi” sia il più importante fra quelli firmati da Gustavo Zagrebelsky per Libertà e Giustizia. Credo che sia quello che avrà più impatto anche nei giorni a venire sulla situazione politica italiana.

In un momento così incerto, in cui la disaffezione va studiata e conosciuta, non certo sollecitata e incoraggiata, LeG ha scelto la strada meno “popolare” ma la più lungimirante.

E’ accaduto così che ci siamo attirati critiche e polemiche da parti diverse, non tutte disinteressate. Voglio riassumerle citando solo alcuni casi.

Accusa di antipolitica: questa era già confezionata prima della manifestazione al teatro Smeraldo. E in quella sede ho potuto già rispondere. Non accettiamo che la critica sia criminalizzata come si faceva un tempo. La nostra critica ha lo scopo di costruire e non di distruggere (saremmo matti!!!). Crediamo che sia possibile lavorare ancora sul fronte della costruzione e intendiamo farlo. Abbiamo da anni manifestato i nostri timori sugli sbocchi che nella storia hanno avuto momenti di gravi crisi: economica e istituzionale, e questo è uno di quei momenti e dunque sono essenziali la responsabilità e la preoccupazione di tutti.

Accusa di “continuità col berlusconismo”: non merita neppure una risposta. Siamo forse troppo indulgenti con gli attuali partiti? Basta leggere quello che scriviamo o ascoltare quello che diciamo e in cui crediamo. Non c’è un solo modo di credere, pensare, progettare. LeG non fa un partito, non promuove liste civiche: siamo oggi impegnati nel progetto spiegato da “dipende da noi”. In esso crediamo e siamo decisi a proseguire su quella strada. Fino a quando? Fino a quando i muri che ci saranno eretti non saranno davvero invalicabili, scalabili o scalfibili dalle nostre idee.

Accusa, invece, di voler fare un partito: “L’assemblea dell’associazione Libertà e Giustizia, in un cinema di Milano, molto sponsorizzato da La 7, con l’ingegnere in prima fila e il prof. Zagrebelsky come oratore ufficiale introdotto da Concita De Gregorio e Sandra Bonsanti aveva il carattere di un comizio preelettorale e di investitura”: Emanuele Macaluso, “Il Riformista” (16 marzo). Mi dispiace che Macaluso si sia dimostrato tuttora prigioniero di un antico modo di screditare chi non è allineato.

Accusa, l’ultima in ordine di tempo, di non aver “bucato il video”, niente che abbia fatto clamore. Poiché il giornalismo di oggi e la politica di oggi, chiedono clamore, se LeG se non fa clamore, vuol dire che è sul viale del tramonto. Poverini.

Non siamo allineati?

Ma allineati su che? Questa è la domanda che scotta, la vera domanda che aleggia in tutti noi di LeG.

Abbiamo forse sbagliato a proporre un iter per le riforme istituzionali diverso da quello ufficiale? Sbagliamo a chiedere come prima riforma quella della legge elettorale?

Certo che sostenere la via più difficile, quella della riflessione seria sulla situazione attuale e sugli sbocchi possibili di queste due crisi ti porta in una sfera di azione oltre il clamore: quella dell’impegno intransigente, anche silenzioso, per ottenere il risultato.

Mai come oggi siamo “cercati” da cittadini che vogliono discutere con noi, fuori e dentro i partiti da semplici militanti e dirigenti di peso. E questa è la grande soddisfazione. La richiesta che il rinnovamento venga dall’interno forse è capita, anche se non abbiamo certezze sul risultato finale. Ma è certo che i partiti non sono blocchi monolitici fatti tutti di soli yes men impegnati a tirar su il ponte levatoio. E basta, a questo proposito, osservare l’accoglienza e l’attenzione che ha ricevuto Zagrebelsky al dibattito di Rosy Bindi, sabato scorso a Roma.

Ovviamente tutto questo non è sufficiente e ci aspettiamo ben altro.

E facciamo tesoro delle parole di Carlo Galli (Repubblica 18 marzo) :”Chi si pone il problema del dopo Monti, del ritorno alla fisiologia di una politica che veda come protagonisti i partiti, deve anche porsi, e porre con forza, il problema della loro ri-legittimazione. E dovrà anche fare della legge anti corruzione il banco di prova di un’autentica volontà di riscossa democratica- non populista né qualunquista- contro il degrado indecente della nostra vita civile”.

Dipende da noi.

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