La costituzione in mano: lezioni ai ragazzi torinesi

20 Feb 2012

Una sintesi delle lezioni che si sono svolte al liceo Curie di Grugliasco, nell’ambito del progetto “La Costituzione in mano” del circolo torinese di LeG. I fondamentali della nostra Carta, spiegati ai ragazzi

1) La sovranità: Andrea Giorgis (docente di Diritto Costituzionale) 12 e 21 ottobre 2011
Finalità di ogni costituzione è porre limiti al potere, che per sua natura è insofferente a ogni limite. Il problema dei limiti del potere è stato trattato dalla cultura occidentale fin dalle origini, com’è testimoniato dalla tragedia Antigone di Sofocle.
Principio decisionale della democrazia è il principio di maggioranza, ma compito della costituzione è stabilire i diritti inviolabili di ogni individuo che neanche la maggioranza può annullare. Si è molto discusso se tali diritti siano naturali, di origine divina o stabiliti dalla tradizione. In età moderna si è sentita la necessità di fissare i diritti fondamentali in costituzioni scritte.
Compito della magistratura costituzionale (la Corte Costituzionale, composta di 15 giudici, nominati per un terzo dal Presidente della Repubblica, per un terzo dal Parlamento e per un terzo dalla magistratura) è controllare e garantire il rispetto della Costituzione. Negli anni recenti si sono verificati numerosi conflitti tra il potere politico e gli organi di controllo.
Una volta promulgata una Costituzione, non c’è più un sovrano materiale il cui potere sia illimitato: il sovrano è la Costituzione stessa. Gli altri poteri sono limitati.
Forme del potere: 1) politico (p.es. i diritti di voto e di associazione che ogni cittadino ha); 2) economico; 3) culturale (conoscenze, informazione, consenso). È fondamentale per una democrazia che i poteri siano distribuiti e che ogni cittadino abbia una porzione di ognuno di essi.
La legge, che per sua natura può sempre essere violata (su ciò che non è umanamente possibile fare non si legifera), deve sempre prevedere una sanzione per essere efficace.
La Costituzione vive se continua a godere del consenso dei cittadini.

2A) L’uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge: Gian Carlo Caselli (magistrato) 4 novembre 2011
Calamandrei, nel 1955, disse che la nostra Costituzione è figlia della tragedia della seconda guerra mondiale e della Resistenza. Essa fu un “compromesso alto” tra le culture liberale (rappresentata da Enrico De Nicola, capo provvisorio dello Stato), cattolica (Alcide De Gasperi, capo del governo) e socialcomunista (Umberto Terracini, presidente dell’Assemblea Costituente) e fu il tentativo di coniugare gli ideali di libertà e uguaglianza, dando vita a una “democrazia emancipante”.
La libertà può essere “libertà di” (pensiero, manifestazione, religione, ecc.) o “libertà da” (povertà, ignoranza, malattia). Le libertà “di” sono patrimonio soprattutto della cultura liberale, quelle “da” delle culture cattolica e socialcomunista. Nel loro insieme caratterizzano la libertà moderna, che unisce libertà formale e sostanziale.
Il diritto solitamente è la fotografia degli equilibri del periodo storico in cui è stato istituito e che tende a cristallizzare. La Costituzione italiana, invece, stimola il cambiamento e il progresso, come si legge nell’articolo 3, laddove recita: “È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di natura economica e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”.
Oltre a stabilire i diritti (alla salute, all’istruzione, all’assistenza, ecc.), la Costituzione istituisce organi preposti alla loro realizzazione e organi di controllo. Fondamentale organo di controllo, a tutela dei diritti di ogni cittadino, è la Magistratura, di cui è essenziale garantire l’indipendenza da ogni altro potere. Un esempio dell’importanza della Magistratura nel promuovere la tutela dei diritti è la seguente vicenda. Quando ancora non esistevano leggi che impedissero lo scarico di rifiuti nocivi nelle acque, la magistratura sequestrò, in nome del diritto dei cittadini alla salute, uno stabilimento della Montedison che con i suoi scarichi inquinava le acque del territorio. Solo in seguito furono varate leggi a regolare la materia. Si potrebbero citare tanti altri esempi (Thyssenkrupp, Eternit, ecc.) della funzione essenziale della magistratura per la tutela dei diritti fondamentali dei lavoratori e dei cittadini.
La Costituzione ha ancora oggi tante potenzialità da esprimere e dev’essere difesa dagli attacchi di chi cerca di ostacolarne l’attuazione per proteggere i propri privilegi e le proprie posizioni di forza. Spesso anche le politiche governative si muovono in direzione contraria alla Costituzione, restringendo anziché estendendo diritti come quelli all’istruzione e alla salute. La depenalizzazione del falso in bilancio è una legge che riduce i diritti del risparmiatore a tutto vantaggio dei grandi centri del potere finanziario. Negli anni recenti molte leggi sono state studiate ad personam, per favorire cioè gli interessi del capo del governo e non dei cittadini. Un principio fondamentale della Costituzione è il carattere plurale dell’informazione, mentre oggi si assiste alla sua concentrazione sempre più monopolistica o oligopolistica.
C’è chi vorrebbe sostituire la democrazia dei diritti con la democrazia della politica, cioè con il rafforzamento dei poteri di chi ottiene il consenso della maggioranza della popolazione, mentre un principio fondamentale di ogni Costituzione è proprio la limitazione del potere, per evitare la “tirannide della maggioranza”. Per questo, a ogni potere devono essere affiancati dei contropoteri di controllo (magistratura indipendente, informazione libera e pluralistica), a tutela  dei diritti dei cittadini. L’inamovibilità dei magistrati è una garanzia della loro indipendenza.
Un principio importante della Costituzione è il carattere rieducativo della pena, anziché vendicativo. Se la pena non rieducasse, aumenterebbe l’insicurezza sociale; ma affinché possa essere rieducativa, è necessario risolvere i problemi attuali del sistema carcerario, a partire da quello del sovraffollamento (aggravato dal fatto che molti detenuti sono tossicodipendenti). Le statistiche, comunque, affermano che la tendenza è positiva, cioè è in crescita il numero dei detenuti che, dopo aver scontato la pena, non delinquono più.
Il fatto che spesso la sentenza di appello sia diversa da quella del primo grado non deve scandalizzare o far pensare a errori giudiziari: l’attività giudicante è sempre interpretativa e spesso i giudici sono divisi su come interpretare le stesse leggi. Un esempio è la divisione che negli anni ’70 avvenne tra i giudici a proposito delle occupazioni studentesche delle scuole: secondo alcuni esse costituivano reato di occupazione abusiva di suolo pubblico, per altri erano un legittimo esercizio del diritto di manifestazione.

2B) L’uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge: Marcello Maddalena (magistrato) 19 novembre 2011
Alcuni oggi chiedono la separazione delle carriere tra magistratura inquirente e giudicante. Il dott. Maddalena non è d’accordo. Il Pubblico Ministero ha funzioni che lo accomunano molto più con il giudice giudicante che con la difesa. È parte pubblica al servizio della verità, non d’interessi di parte: è “organo di giustizia”, tenuto all’imparzialità. Ha il compito di eseguire le indagini preliminari, cioè accertare l’esistenza di un reato e individuare chi ne può essere l’autore. Solo se ci sono fondati elementi di colpevolezza, l’indagato può essere portato in giudizio; altrimenti il caso dev’essere archiviato. Nella pratica giudiziaria, sono molto più numerose le archiviazioni delle indagini che giungono alla fase processuale. A Torino, su 60.000 denunce l’anno (la stragrande maggioranza contro ignoti), solo 2.000 arrivano al processo. Solo nel processo il PM diventa pubblica accusa, ma è sempre al servizio della verità: se la difesa produce elementi che provano l’innocenza dell’imputato, il Pm è tenuto a chiederne l’assoluzione. Capita a volte perfino che il PM chieda l’assoluzione, mentre la corte esprime una sentenza di condanna.
Il difensore, invece, è, per sua natura, di parte e non al servizio della verità: se viene a conoscenza di elementi che provano la colpevolezza del suo assistito, non solo non è tenuto a produrli, ma se lo fa, è addirittura imputabile di “infedele patrocinio”.
Il PM, invece, è sempre tenuto a produrre tutti gli elementi a sua conoscenza, sia a favore, sia contro l’imputato. Per questo la sua funzione è più simile a quella del magistrato giudicante ed è corretto, secondo il dott. Maddalena, che le due funzioni appartengano alla stessa carriera professionale.
Nell’attività giudiziaria è sempre possibile l’errore. Per questo il sistema italiano prevede tre gradi di giudizio.
I processi italiani sono molto lunghi anche perché, diversamente che in altri paesi, ogni sentenza dev’essere motivata. La distanza tra le udienze, a volte molto lunga, è dovuta al cumulo degli impegni di ogni giudice. Ci sono processi monocratici (un solo giudice) e collegiali (tre giudici) e per questi ultimi bisogna combinare gli impegni di tutti i giudici.
La difesa è diritto fondamentale e garanzia irrinunciabile di ogni imputato in un sistema democratico. Essa è utile anche in caso di palese colpevolezza di un imputato, perché bisogna stabilire se si è trattato di un reato intenzionale, di dolo diretto o dolo eventuale.
L’uguaglianza è un principio fondamentale della nostra Costituzione. In campo politico è una conquista recente. È solo dal 2 giugno 1946 che in Italia il diritto di voto è stato esercitato anche dalle donne.
In campo giudiziario, l’uguaglianza è garantita dall’obbligatorietà dell’azione penale. Falcone era favorevole alla discrezionalità dell’azione penale, come nei paesi anglosassoni, come strumento per ottenere collaborazioni utili allo smantellamento delle organizzazioni criminali. La legge sui pentiti, invece, ha introdotto, allo stesso fine, gli sconti di pena. Secondo il dott. Maddalena l’obbligatorietà è importante, perché tutela il giudice da pressioni e condizionamenti ambientali.
Il giudice è soggetto solo alla legge (deve agire non in base alla propria volontà, ma a quella del legislatore) e il suo giudizio dev’essere libero. Questa libertà è garantita dall’indipendenza della magistratura. Per questo le carriere dei magistrati (promozioni, trasferimenti, ecc.) sono decise da un organo interno alla magistratura, il Consiglio Superiore della Magistratura.
È naturale che giudici diversi possano valutare in modo differente gli stessi elementi (come due insegnanti possono valutare diversamente la medesima prova). Per evitare che questo generi disparità di trattamento tra i cittadini e per garantire la certezza del diritto, in ogni procura il Procuratore capo è responsabile delle decisioni dei sostituti procuratori, in modo da assicurare la coerenza e omogeneità del loro operato. In caso di gravi conflitti interpretativi, la decisione finale spetta alla Corte di Cassazione.

3) Le tasse Bruno Tinti (giornalista, ex magistrato) 23 novembre e 2 dicembre 2011
L’evasione fiscale induce una catena di reati, dal falso in bilancio alla corruzione, al riciclaggio del denaro. Essa determina anche una concorrenza sleale nei confronti dell’economia legale: molti imprenditori onesti, a causa dei maggiori costi, sono spesso costretti a ridurre o chiudere le proprie attività, con ricadute negative sull’occupazione.
L’evasore vive sulle spalle dei contribuenti, che finanziano i servizi e le strutture pubbliche (scuole, ospedali) che anche lui utilizza. Nel 2010 (con le dichiarazioni relative ai redditi del 2009) gli italiani (41,5 milioni di contribuenti) hanno pagato 146 miliardi di tasse. L’88% dei contribuenti erano lavoratori dipendenti (21 milioni) e pensionati (15,3 milioni), che hanno pagato il 93% del gettito fiscale. Gli “altri”, il “popolo dell’IVA”, costituivano solo il 12% dei contribuenti (9,2 milioni) e hanno pagato il 7% del gettito. È chiaro che ci troviamo di fonte a un’enorme evasione, stimata in 120-140 miliardi l’anno. Mentre ai dipendenti e ai pensionati le imposte sono trattenute alla fonte, per cui non è possibile l’evasione, gli autonomi pagano in base alle proprie dichiarazioni. Lo Stato non riesce a controllare più del 10% delle dichiarazioni e, per legge, può controllare solo le dichiarazioni degli ultimi 5 anni. La sanzione per chi evade ammonta al doppio della cifra evasa e il processo penale è previsto solo per chi evade per più di 70.000 €. La pena è di circa un anno di reclusione, per cui è prevista la sospensione condizionale. In pratica, al contrario che negli Stati Uniti, in Italia nessuno va in prigione per evasione fiscale. Per tutti questi motivi, oltre che per l’abbondanza di condoni fiscali, in Italia è “conveniente” non dichiarare fedelmente il proprio reddito ed evadere il fisco. Anche il clima politico e culturale degli ultimi anni ha rafforzato l’evasione, a partire dalla dichiarazione del presidente del consiglio che evadere il fisco al di sopra del 35% del reddito è legittima difesa. Negli Stati Uniti, invece, l’evasione fiscale è considerata un reato molto grave dalla stessa opinione pubblica, oltre che dalla legge.
Una soluzione al problema dell’evasione sarebbe consentire la detrazione totale di tutte le spese legate a bisogni primari, in modo da incentivare ogni cittadino a richiedere la fatturazione su ogni bene e servizio, diventando in tal modo “controllore” dei lavoratori autonomi. Sulle spese voluttuarie si potrebbero imporre sovrattasse. Col sistema della detrazione totale il cittadino pagherebbe le tasse non in base al solo reddito, ma alla reale capacità contributiva, che consiste in ciò che rimane dopo aver sostenuto le spese necessarie alla vita.
Una difficoltà a riformare l’inefficiente sistema fiscale italiano dipende dal fatto che gli evasori, essendo milioni, costituiscono una massa elettorale decisiva per ogni maggioranza politica. Solo un governo tecnico, non interessato alla competizione elettorale, può agire libero da condizionamenti.
La riforma è urgente. Se lo Stato italiano andasse in bancarotta, milioni di pubblici dipendenti rischierebbero di non ricevere più lo stipendio.
Una possibilità di ridurre il debito pubblico consiste nella vendita di parte del patrimonio nazionale, che, nelle attuali condizioni di bilancio, lo Stato non è neanche in grado di conservare (si pensi ai problemi degli scavi di Pompei). La vendita dovrebbe essere condizionata, naturalmente, a impegni di conservazione e restauro dei beni. Non vanno venduti, invece, gli asset strategici, che renderebbero l’Italia dipendente da paesi stranieri.
Una buona proposta è quella d’introdurre un’imposta patrimoniale. Anche in questo caso, per evitare dichiarazioni infedeli, si potrebbe fare riferimento al valore dei beni dichiarato alle assicurazioni.

4) Impresa ed utilità sociale: Davide Petrini (docente di diritto penale del lavoro) 26 ottobre e 18 novembre 2011
I rapporti economici sono spesso caratterizzati dalla conflittualità tra diversi interessi: l’interesse del proprietario di un’azienda a tenere bassi i costi di gestione può confliggere col diritto dei lavoratori alla sicurezza (caso Thyssenkrupp); o l’interesse del padrone a controllare come viene utilizzato dai dipendenti il tempo di lavoro, col diritto dei lavoratori alla riservatezza (questioni dei controlli delle soste in bagno o dell’uso dei computer). Compito della legge è trovare l’equilibrio tra i diversi interessi, stabilendo regole.
Le regole, però, non possono essere stabilite o cambiate dal legislatore ogni volta che cambia la maggioranza parlamentare: ci sono alcuni principi fondamentali che appartengono al patto fondativo di una società e che devono essere condivisi e rispettati da ogni maggioranza. Questi principi sono contenuti nella Costituzione. Per modificare gli articoli della Costituzione è richiesta una procedura complessa e una maggioranza qualificata per garantire che il cambiamento sia condiviso sia dalla maggioranza, sia da una parte della minoranza. È comunque bene che i grandi principi fondamentali che uniscono una nazione non vengano modificati.
L’art. 41 della Costituzione stabilisce che l’iniziativa privata è libera, ma pone anche dei limiti: essa non deve svolgersi in contrasto con l’utilità sociale, né recare danno alla sicurezza, alla libertà e alla dignità umana. Per sicurezza s’intende la vita, la salute e l’integrità fisica. Il riferimento più diretto è ai lavoratori (caso Thyssenkrupp), ma si estende anche alla collettività (caso Eternit e mortalità per amianto) e ai consumatori (prodotti dannosi alla salute).
È fondamentale garantire a tutti un lavoro, altrimenti diventa forte il problema per cui chiudere una fabbrica nociva provoca disoccupazione e miseria in un’area in cui essa è l’unica fonte di sussistenza per la popolazione.
Uno dei maggiori ricatti del mondo globalizzato è la minaccia di trasferire all’estero le attività produttive se i lavoratori non accettano le regole (o l’assenza di regole) che fanno comodo ai padroni.

5) I diritti dei lavoratoriSergio Bonetto (avvocato) 7 e 16 dicembre 2011
Data l’asimmetria di potere che esiste nella relazione tra datori di lavoro e lavoratori dipendenti, la Costituzione garantisce la tutela dei diritti dei secondi. La Costituzione, però, fu scritta nel periodo storico delle grandi industrie che impiegavano una numerosa manodopera. Oggi, invece, i giovani trovano, e con difficoltà, solo lavori precari, mal retribuiti e poco tutelati.
Alcune industrie, a partire dalla Fiat, cercano oggi di svincolare i propri contratti di lavoro dalle regole della contrattazione nazionale, che garantisce maggiori tutele ai lavoratori.
La tutela dei lavoratori non è stabile nel tempo e risente delle oscillazioni dei cicli economici. Durante il fascismo essa era minima e lo sciopero era un reato.
Si possono fare molti esempi di diritti violati, dalle ragazze pugliesi che hanno trovato la morte lavorando in nero per tre euro l’ora in un sottoscala che è crollato, agli stranieri che fanno lavori stagionali, assolutamente senza regole e tutele, nell’agricoltura.
Spesso i lavoratori non sono neanche informati sui propri diritti, come quello al risarcimento per gli infortuni sul lavoro e per i danni alla salute dovuti all’ambiente di lavoro. Sono molte le industrie i cui dipendenti contraggono gravi malattie professionali che spesso vengono trascurate o ignorate. Che l’amianto fosse cancerogeno si sapeva fin dal 1943, eppure solo nel 1991 ne è stato vietato l’uso, dopo che tantissimi lavoratori si sono ammalati e sono morti per mesotelioma. Le industrie statunitensi, da quando l’uso dell’amianto è stato proibito, hanno semplicemente trasferito le produzioni in Messico, dove non è proibito e i medici ne negano la nocività.
Spesso i lavoratori, pur conoscendo i propri diritti, ne accettano la violazione perché sono sotto il ricatto del prendere o lasciare: o accettano le condizioni imposte dai datori di lavoro anche contro la legge, o rimangono disoccupati e senza reddito.
In alcuni paesi, per evitare questo ricatto, lo Stato garantisce ai giovani un reddito di cittadinanza, all’unica condizione che essi cerchino attivamente un lavoro. In Italia questa tutela manca. Sempre in tanti paesi, i lavoratori in esubero (che in Italia ricevono per un certo periodo un reddito mensile di circa 800 € dalla Cassa Integrazione Guadagni) vengono riqualificati e riciclati in altri settori produttivi.
Un tempo in Italia il collocamento era pubblico. Inizialmente gli iscritti erano divisi in liste maschili e femminili. L’unificazione in un’unica lista alla fine degli anni ’70 servì a incrementare l’occupazione femminile. Oggi il collocamento avviene per conoscenza personale o attraverso agenzie private.
Un diritto è effettivo solo se può essere concretamente esercitato. Molti diritti per tanti lavoratori oggi esistono solo sulla carta. I lavoratori precari non possono, di fatto, scioperare.
Per rendere effettivi i diritti, ogni individuo deve prendere coscienza di esserne titolare e pretenderne il rispetto. È importante anche che abbia coscienza di far parte di una comunità che condivide le sue condizioni e deve far valere gli stessi diritti. Il ricorso individuale agli avvocati del lavoro può servire a risolvere singoli casi, ma solo una mobilitazione collettiva, che richiede un’ampia presa di coscienza, può risolvere i problemi in modo globale. Poiché la presa di coscienza deve partire dai giovani, la scuola è fondamentale per il suo ruolo formativo. Il rispetto dei diritti e delle leggi, che spesso vengono violate anche da chi dovrebbe per primo attuarle e rispettarle, richiede un continuo controllo da parte dei cittadini. La partecipazione diretta è un aspetto centrale di ogni democrazia.
In Italia lo scarso rispetto delle regole è favorito da una sbagliata mentalità collettiva, che spesso premia i “furbi” e i disonesti, ma le idee non sono un destino immutabile. Esse possono cambiare ed è impegno e responsabilità di ogni individuo contribuire al progresso culturale della propria comunità. Un esempio di cambiamento culturale avvenuto in tempi non lontani in Italia riguarda la questione femminile: professioni e posizioni sociali un tempo precluse alle donne sono oggi diventate accessibili. Fino al 1967 le donne non potevano esercitare la magistratura, oggi alcune sono già entrate nei suoi organi superiori.

6)  La salute: Laura D’Amico (avvocato) 20 dicembre 2012
La salute è un diritto fondamentale del cittadino, non un semplice interesse legittimo. La Costituzione italiana (a differenza, per esempio, del sistema degli USA) è solidaristica e prevede l’erogazione di cure gratuite agli indigenti. Tutti i cittadini devono contribuire alle spese pubbliche in ragione della propria capacità contributiva, ma lo Stato deve trovare le risorse per garantire il diritto fondamentale alla salute. Non si può negare un diritto costituzionalmente garantito perché mancano le risorse: la spesa sanitaria può essere razionalizzata, non ridotta al punto da non garantire il diritto alla salute (riconosciuto anche dall’Unione Europea).
La salute è anche un interesse della collettività, sia perché un cittadino sano contribuisce meglio al benessere nazionale, sia perché la non salute è un costo per la collettività.
Un principio fondamentale dell’art. 32 della Costituzione è che nessuno può essere obbligato a un trattamento sanitario. È una chiara indicazione contro ogni forma di accanimento terapeutico che violi la dignità della persona umana. Il recente caso Englaro ha messo in assoluta evidenza l’importanza di tale principio.
Il rispetto della dignità del malato richiede non soltanto che gli sia offerta una cura medica, ma anche che essa rispetti determinati standard di qualità e sia fornita in ambienti decorosi. Troppo spesso si ha notizia di maltrattamenti, scarsa igiene, incuria in strutture medico-ospedaliere.
Diritto alla salute significa anche diritto alla sicurezza sul luogo di lavoro (e, per gli studenti, a scuola). Tale materia è regolata dalla legge 81 del 2008, che ha sostituito la 626 del 1994 e le cui violazioni hanno rilevanza penale. Non si tratta di questioni solo teoriche: sono tuttora molte le morti sul lavoro, come dimostra la recente vicenda della Tyssenkrupp.
Il rapporto di lavoro è un contratto tra un prestatore d’opera, il cui obbligo è fornire lavoro, e un datore di lavoro, che non ha solo l’obbligo della retribuzione, ma anche altri, tra cui quelli relativi alla sicurezza (valutazione dei rischi, informazione, prevenzione, protezione), alle malattie professionali (da stress, ritmi elevati, nocività ambientale).
Un problema di grande attualità, per i processi in corso, è quello dell’amianto, sostanza di cui si conosce da tanto tempo la nocività e che ciononostante è stata usata per decenni da ditte come l’Eternit, provocando tantissime morti per mesotelioma pleurico. In Italia l’uso dell’amianto è ormai proibito, ma ci sono nazioni, come il Messico, in cui viene ancora utilizzato.
E non c’è solo il caso dell’Eternit e dell’amianto: sono molte le industrie (come la Michelin con le polveri nere cancerogene, la Philips e altre) che nel nostro territorio hanno per anni violato le regole, usando materie nocive e non informando né proteggendo i lavoratori. Le statistiche dimostrano che chi lavora e spesso chi vive nei pressi di determinati complessi industriali ha una probabilità molto più elevata della media di contrarre certe malattie, spesso mortali.
Un grosso problema è quello del giusto risarcimento, perché è difficilissimo stabilire il valore in denaro di una vita umana. Avvocati e giudici tengono conto dell’età e della situazione familiare del deceduto. I risarcimenti possono variare tra circa 160.000€ per la perdita di un coniuge anziano e circa 300.000 € per il coniuge e per ogni figlio in caso di decesso di un lavoratore giovane.
Bisogna ribadire l’importanza dell’articolo 41 della Costituzione (che qualche forza politica vorrebbe modificare e depotenziare), il quale, dopo aver stabilito che l’iniziativa privata è libera, aggiunge che “non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana”.
E, per quanto riguarda il diritto alla salute, è bene ricordare come la giurisdizione più recente (tra cui la legge 81/2008, all’art. 42, comma O) non la definisca più come semplice assenza di malattia, ma come stato di benessere fisico, psichico e sociale.

7)  L’istruzioneAntonio Caputo (avvocato) 11 gennaio 2012
Le norme costituzionali che riguardano la scuola sono sia di principio, sia precettive, cioè prevedono sanzioni come garanzia di effettività.
Il pensiero politico e giuridico moderno prevede il diritto universale all’istruzione fin dalla rivoluzione francese, che lo affermò nella Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino del 1789.
La Costituzione italiana è una costituzione “culturale” che tutela e promuove la cultura, la ricerca scientifica, il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione (art. 9).
L’art. 33 sottolinea la libertà dell’arte, della scienza e del loro insegnamento. Si tratta di una norma precettiva. Libertà, però, non è anomia, cioè assenza di regole, come vorrebbe chi pensa che predicare in classe idee razziste e antisemite sia espressione di libertà d’insegnamento. La libertà d’insegnamento ha anche un limite “tecnico”, poiché l’insegnante è tenuto a parlare del programma scolastico della sua materia, non di qualsiasi cosa gli passi per la testa.
La Costituzione istituisce la “Scuola della Repubblica”: lo Stato detta le norme che garantiscono a tutti i cittadini italiani una base culturale comune. Per questo le norme generali sull’istruzione sono competenza esclusiva dello Stato. Per il resto l’istruzione, fatta salva l’autonomia delle istituzioni scolastiche (cioè delle singole scuole) e la formazione professionale, è materia di legislazione concorrente tra Stato e Regioni (art. 117). La formazione professionale è competenza esclusiva delle Regioni.
Enti e privati sono liberi di istituire scuole, ma senza oneri per lo Stato. C’è molto dibattito sui “buoni-scuola”, che erogano denaro pubblico alle famiglie che mandano i figli nelle scuole private. Il denaro è dato direttamente alle famiglie, ma indirettamente alle scuole private.
L’art. 34 garantisce che la scuola sia aperta a tutti, anche ai capaci e meritevoli privi di mezzi. In questo periodo di crisi, lo Stato sta riducendo i fondi per il diritto allo studio, ma in questo modo rischia di violare un principio costituzionale. Le risorse per il diritto allo studio devono essere cercate e trovate, perché i diritti costituzionalmente garantiti sono una priorità assoluta.

8) La dittatura non nasce in un secondo: Gustavo Zagrebelsky (Presidente emerito della Corte Costituzionale) 25 gennaio 2012
Secondo alcuni studi la democrazia ha un ciclo di vita di circa 60 anni, cioè di tre generazioni politiche. I primi 20 anni sono quelli della conquista e della fondazione; i secondi 20, quelli dell’assestamento; negli ultimi 20 anni la democrazia entra in crisi perché il potere viene sfruttato per fini personali o di parte, generando sfiducia nella popolazione. La democrazia scade, così, a pura forma.
La democrazia è il governo del popolo, ma, come spiegò Michels all’inizio del XX secolo, i grandi numeri (il popolo) sono sempre governati dai piccoli numeri (le élite). È la ferrea legge delle oligarchie.
Anche Pericle, fondatore della democrazia ateniese, era un tiranno sostenuto dal popolo. Se il suo ricchissimo antagonista Cimone corrompeva il popolo distribuendo denaro, Pericle se ne procurava il favore promettendo cariche pubbliche.
De Maistre diceva che gli Stati si reggono sulla scure del carnefice. Il popolo riesce a prendere il potere nelle proprie mani solo nel momento in cui abbatte il governo precedente, dopodiché si forma il governo di una nuova oligarchia. La democrazia è la continua lotta contro le oligarchie. Nella storia essa si è spesso realizzata attraverso rivoluzioni violente (democrazia radicale), ma in età moderna si sono cercate le forme per esercitare un controllo non violento sulle oligarchie (democrazia liberale). I pilastri di questo controllo non violento sono una magistratura indipendente e la libera informazione. È importante anche un sistema elettorale che consenta ai cittadini di scegliere effettivamente da chi vogliono essere governati. La legge elettorale italiana, per esempio, va cambiata.
In Italia attualmente è in vigore lo ius sanguinis, per cui ha la cittadinanza italiana solo chi è figlio di cittadini italiani. I flussi migratori e la nascita nel nostro paese di sempre più numerosi bambini figli di stranieri dovrebbe portare all’adozione dello ius soli, per cui ha diritto alla cittadinanza chiunque nasca nel territorio dello Stato.
La corruzione è la principale causa di decadenza di una democrazia. Riduce i cittadini a sudditi o clienti e i diritti a favori.
Un meccanismo che distorce la legalità democratica è il “giro di potere”: chi ha un bisogno e cerca una scorciatoia per soddisfarlo evitando i tempi e le lungaggini della procedura regolare, si rivolge a un potente, al quale garantisce la propria fedeltà in cambio del favore. In questo modo intorno ai potenti si forma una clientela che ne rafforza ulteriormente il potere.
Spesso soprattutto i giovani confondono il rispetto delle regole col conformismo, che ha un connotato negativo. Invece la legalità è la garanzia della libertà dall’arbitrio e dalla prepotenza. Il conformismo è, invece, accettare passivamente regole imposte dai potenti per i propri interessi, come nel caso della moda, che standardizza i comportamenti e riduce l’autonomia individuale. La massificazione è uno dei maggiori pericoli della democrazia. I grandi centri commerciali tendono a produrre spersonalizzazione, per cui si dovrebbe salvare il piccolo commercio che consente un rapporto personalizzato tra cliente e venditore. Anche la produzione su vasta scala riduce la varietà dei prodotti e la biodiversità della natura.
Bisogna quindi salvare l’individualità ed evitare la passività, che rende sudditi. Il rinnovamento della democrazia non può venire che dai giovani, ai quali spetta il compito di proporre nuove idee e contestare le storture del mondo che hanno ereditato. Devono reagire alle ingiustizie, non adattarvisi. Devono inventare nuove idee, nuovi valori, anche nuovi lavori per uscire dalla crisi economica. Se i giovani rinunciano a questa loro funzione, la società non può cambiare.
Non è vero che i movimenti di contestazione non diano frutti: il ’68 ha introdotto profondi cambiamenti nella società, nella scuola, nei rapporti familiari. Molte leggi importanti degli anni  ’70 (il nuovo diritto di famiglia, i decreti delegati che hanno introdotto la democrazia nella scuola, lo Statuto dei Lavoratori e tante altre) sono state rese possibili dal clima politico e culturale promosso dal movimento del ’68.

L’autore è vicepreside del Liceo Curie di Grugliasco (TO)

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