Vizzini, una legge elettorale contro l’astensione

20 Gen 2012

“Non sono ottimista. Tuttavia non voglio neppure pensare all’ipotesi che il Parlamento non sia in grado di cambiare la legge elettorale..”. Così il senatore Carlo Vizzini, presidente della commissione Affari costituzionali al Senato. Ma la proposta di fare prima le riforme costituzionali non si sposa con la posizione della presidenza di LeG.

“Non  sono ottimista. Tuttavia non voglio neppure pensare all’ipotesi che il Parlamento non sia in grado di cambiare la legge elettorale e che così si vada a votare con le norme vigenti”, mi dice il senatore Carlo Vizzini, presidente della commissione Affari costituzionali di palazzo Madama, dove sono ‘incardinati’ (questo è il temine tecnico) ben 33 progetti legislativi di modifica della legge elettorale ‘porcellum’ Calderoli, presentati da singoli senatori (Peterlini, Cutrufo, Rutelli, Ceccanti, Bianco, e altri) e non dai gruppi politici. Continua Vizzini : “Ci metterò tutte le mie energie per ottenere un primo risultato, cioè costruire un testo-base sul quale formulare gli emendamenti. Non abbiamo tempo da perdere. Altrimenti sarà una sconfitta per tutti. Naturalmente c’è il nodo politico che è fondamentale sciogliere, e sono i segretari e i leader dei partiti che devono affrontarlo”.
Ha una lunga esperienza parlamentare Vizzini, palermitano, per molti anni deputato Psdi e poi senatore Forza Italia e Pdl, partito che ha lasciato nell’autunno scorso per approdare a un gruppo, presidente Gianpiero D’Alia, con varie componenti (Udc, Svp e autonomie, liberali, repubblicani e altri), aderendo al partito socialista di Riccardo Nencini.
E’ quindi un ritorno alle origini (“Darò voce al Pse, che ho contribuito a fondare nelle sezione italiana, nel 1992” ricorda Vizzini). Presiede al Senato la commissione-chiave per le riforme elettorali e istituzionali. Mi spiega ancora: “Dopo la bocciatura dei referendum (ho firmato la richiesta per il ritorno al Mattarellum) sulla legge Calderoli da parte della Consulta, è necessario e urgente che l’opinione pubblica capisca come sono orientati i gruppi parlamentari sulle modifiche. Se le forze politiche non comprenderanno quali fermenti agitano la nostra società su questo tema, sono certo che ci saranno grandi sorprese quando si tornerà alle urne, con un aumento senza freni del fenomeno dell’astensionismo e del voto di protesta. C’è in gioco il futuro del sistema politico”.
Eppure sono ancora  molte le incertezze nei partiti, c’è una gran confusione sugli obiettivi da raggiungere e sulle vie da percorrere, nonostante ci sia anche la ‘moral suasion’ del Capo dello Stato Napolitano, che ormai da settimane sollecita le forze politiche ad affrontare il nodo della legge elettorale e delle riforme. Bersani dice che è “assolutamente urgente approvare nuove norme sul voto” (il Pd ha una proposta ufficiale, mix di collegi uninominali e maggioritario a doppio turno, con recupero proporzionale); nel Pdl convivono posizioni a favore di un ritorno al proporzionale e difensori del Porcellum (lo stesso ex premier Berlusconi) che chiedono solo di correggerlo portando il premio di maggioranza al Senato da regionale a nazionale, e quindi peggiorando ancora di più la legge attuale, se possibile. Considerando che la Costituzione, all’art.57, prevede che il Senato viene eletto “a base regionale”. Una babele di voci e di intenzioni, che ostacolano ogni programma serio. Infine c’è da discutere quale percorso parlamentare seguire: si chiede (dal Pdl, soprattutto) di approvare, prima della legge elettorale, i nuovi Regolamenti delle Camere, poi la riduzione del numero dei parlamentari, poi il superamento del bicameralismo. E anche rilanciare il dibattito sul presidenzialismo o semi-presidenzialismo (Gasparri e Cicchitto)!

– A questo proposito ricordiamo che la posizione di LeG è stata espressa con un comunicato della Presidenza e prevede uno sbocco completamente diverso: questo parlamento cambi la legge elettorale, si vada a elezioni e sia il prorssimo parlamento di eletti e non nominati ad affrontare il nodo delle riforme istituzionali.

Questo vasto programma, chiedo al senatore Vizzini, come si concilia con l’urgente e primario obiettivo di cambiare la legge elettorale? Intervenire sul Porcellum (che non è norma costituzionale), è operazione ben diversa che modificare la Carta fondamentale, che richiede tempi lunghi e doppia approvazione parlamentare.
“Se c’è un accordo politico tutto si può fare. Il percorso potrebbe anche essere la riduzione del numero dei parlamentari, il superamento del bicameralismo perfetto e la legge elettorale. Ma le forze politiche devono trovare un accordo. Per iniziare, i presidenti della Camera e del Senato possono decidere quale provvedimento  far partire da un’Assemblea e quale dall’altra, in modo che sia possibile incrociare i lavori, senza perdere tempo. Per esempio: la legge elettorale, attualmente è in discussione nella mia commissione, ma non farei nessuna difficoltà al trasferimento, se ci fosse un accordo tra i Presidenti delle Assemblee, e se ci fosse un progetto chiaro per ottenere dei risultati. Insomma dobbiamo capire se tutti giocano in buona fede oppure se, invece, c’è la volontà di fare solo ‘ammuina’ per raggiungere il cosiddetto ‘annaccamento’ (alla siciliana), cioè il massimo di movimento con il minimo di spostamento!”.
Appunto: il rischio è un gran polverone parlamentare… lei, in commissione Affari costituzionali al Senato, che tempi può prevedere per il dibattito sulle riforme istituzionali?
“Noi, sul provvedimento che riduce il numero dei parlamentari abbiamo bisogno di una sola seduta in commissione, e poi saremo in grado di trasmettere all’aula il testo, che è condiviso ed ha due relatori, Pdl e Pd. La prossima settimana potrebbe essere all’ordine del giorno. Ma la chiave di tutto è sempre l’accordo politico. E io credo che non dovremo attendere a lungo per conoscere le decisioni. D’altronde dobbiamo uscire dalla logica dei partiti personali, altrimenti nessuna legge elettorale potrà garantire i cittadini. I partiti non devono più essere come grandi alberghi con bussole girevoli di entrata e uscita. Dobbiamo ricostituire dei partiti governati dalle regole. Se invece le liste continueranno a farle in 4-5 dirigenti, i fedelissimi verranno premiati e gli altri tenuti fuori. Non possiamo continuare a restare nelle mani di un’élite oligarchica. Basta coi partiti personali che invece di cambiare leader, cambiano nome”.

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