Ma l’Italia è commissariata dal Fmi, dalla Ue e Bce?

29 Dic 2011

Tornano. Nelle prossime settimane, a gennaio, saranno di nuovo qui, a Roma. Sono gli ispettori del Fmi, Fondo monetario internazionale di Washington, diretto da Christine Lagarde. Una prima visita, pochi giorni prima di Natale, due emissari della gentile signora francese, l’hanno già compiuta, con le loro valigette, nella Capitale, e non per presentare amichevoli auguri.

Tornano. Nelle prossime settimane, a gennaio, saranno di nuovo qui, a Roma. Sono gli ispettori del Fmi, Fondo monetario internazionale di Washington, diretto da Christine Lagarde. Una prima visita, pochi giorni prima di Natale, due emissari della gentile signora francese, l’hanno già compiuta, con le loro valigette, nella Capitale, e non per presentare amichevoli auguri. Il team era composto dal vicedirettore del Fondo, Aasim Husain, e dal consigliere Antonio Spilimbergo del dipartimento europeo dell’istituzione di Washington. Essi hanno incontrato le nuove autorità del governo italiano “per essere messi al corrente degli ultimi sviluppi in materia di conti pubblici e per discutere delle modalità delle future missioni” (da una nota ufficiale del portavoce del Fmi). Anzi (secondo il sito specializzato finanzalive.com), gli ispettori hanno condotto controlli e sorveglianze specifiche sul nostro paese e sulla sua situazione economica, operazioni che sono state concordate lo scorso mese di novembre. Quindi, “il compito degli ispettori è quello di giudicare gli interventi governativi, verificando le prospettive di crescita economica, in base a quanto emerge dai piani del governo”. L’Italia è il primo membro del G7 che usufruisce dei ‘fiscal monitoring’ del Fmi: è una pratica per niente onorevole per Roma, che in passato ha visto “coinvolte nazioni di altri continenti, come ad esempio la Nigeria, la Giamaica, il Libano”. Ecco, questi sono alcuni dei paesi che hanno ospitato gli ispettori del Fmi (e non per le usuali visite annuali di informazione). Monitoraggi di controllo e sorveglianza richiedono tempi lunghi e continui: dopo l’imminente ispezione di gennaio, l’appuntamento successivo sarà con ogni probabilità ad aprile 2012 (si pensa ad una cadenza degli incontri trimestrale), anche in previsione di eventuali aiuti finanziari del Fondo all’Italia.

Insomma, forse non è esatto dire che siamo ‘commissariati’ dal Fmi, tuttavia è sicuro che il nostro sistema economico-finanziario viene esaminato, indagato, controllato con grande attenzione e preoccupazione, dagli organismi internazionali. E, come dice il viceministro per l’Economia Vittorio Grilli, “abbiamo dei compitini da fare a casa”! Le operazioni di… aritmetica sono state prescritte all’Italia di Silvio Berlusconi al G20 di Cannes ai primi di novembre. Il già premier del nostro paese in quella autorevole sede, dopo aver sostenuto impavido che “i ristoranti italiani sono pieni… e che l’avventarsi dei mercati sui titoli del debito italiano è una moda passeggera”, spiegò, sicuro di sé e senza pudore, che “il monitoraggio dell’Fmi sul l’Italia è come una certificazione di bilancio nei confronti di una società commerciale da parte di una società specializzata, che in questo caso è l’istituzione Fondo monetario”. Una “società specializzata”, l’Fmi! La Lagarde commentò, quasi divertita: “Bene, ora sottoporremo Berlusconi al test di realtà”.

Appunto: l’attività di ‘commissariamento’ iniziò pochi giorni dopo il vertice: il 10 novembre giunsero a Roma altri ispettori, sempre con la valigetta, da Bruxelles, inviati dalla Commissione europea. Erano in numero spropositato, ventuno (leggere bene: 21!). Impressionante. Tutti in giro per gli uffici governativi romani. Secondo il cronista del quotidiano “Il Giornale” (l’abbiamo scelto non a caso) “la delegazione dei controllori europei….ha fatto la prima tappa a palazzo Vidoni, sede del ministero di Brunetta,… poi sono andati in Banca d’Italia e quindi al ministero dell’Economia di Tremonti….”. Durante gli incontri “è partita la richiesta all’Italia di adottare subito misure di ampia portata per affrontare la crisi dei mercati finanziari, secondo quanto indicato dalla lettera Bce dello scorso agosto. E poi sono state chieste delucidazioni e approfondimenti sulla lettera di 39 punti che abbiamo inviato” alla Ue. Dopo due giorni gli ispettori tornarono a Bruxelles, e con sorprendente contemporaneità, sabato 12 novembre Berlusconi si dimetteva da premier salendo al Quirinale.

Ora che a palazzo Chigi siede Mario Monti, i berlusconiani (da Alfano a Cicchitto, Gasparri) chiedono insistentemente al governo di “alzare la voce in Europa”, anzi di “far cambiare atteggiamento alla Germania”, di “modificare le regole dell’Ue”, e pretendono che negli incontri europei “non si siglino intese che limitino la sovranità italiana… serve un mutamento dei comportamenti a livello europeo riguardanti l’euro, la Bce, e la governance in quanto tale”. Insomma tutto è da rifare e l’Italia non deve accettare né commissariamenti, né condizionamenti, e forse deve perfino respingere gli acquisti (dalla metà di agosto per oltre 100 miliardi di euro) della Bce di titoli di Stato italiani, sul mercato secondario. Che però hanno consentito, sia pure a fatica, di mantenere ancora sotto controllo i livelli di spread e gli interessi sui Btp. Senza la Bce saremmo già al default. Infatti in questi ultimi giorni lo spread si è rialzato oltre i 500 punti anche perché la Bce “non sta comprando più titoli come faceva prima della manovra”, secondo l’opinione di palazzo Chigi e dei tecnici monetari.

E peccato che nessuno rammenti – a proposito di dignità e di indipendenza dalla Ue- la grottesca conferenza stampa, a metà settembre, del già nostro premier (allora in carica) Berlusconi, tenuta con il presidente del consiglio europeo Herman Van Rompuy. Il quale, attonito, si sentì dire pubblicamente: ” Sappiamo che è opportuno innalzare l’età del pensionamento, per tenere conto dell’aumento della speranza di vita. Tuttavia ogni governo ha difficoltà a farlo, perché perderebbe voti. Se l’Ue, invece, decidesse di dare un’indicazione in questo senso, tutti i governi sarebbero felici di farlo, perché obbligati dall’Europa”. Per essere più chiari, l’allora premier spiegò ai giornalisti che senza la richiesta della Ue sulla riforma delle pensioni, “la Lega su due piedi è capace di mettere in crisi il governo”. Parola di statista.

Così siamo arrivati al ‘commissariamento’ delle “società specializzate” Ue e Fmi, come chiesto ripetutamente dal già nostro premier. Gli ispettori stanno ritornando a Roma (e non li ha chiamati Monti).

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