La Grecia è vicina…cioè?

12 Dic 2011

“Non dobbiamo guardare molto lontano: la Grecia è la rappresentazione di cosa sarebbe potuto accadere all’Italia” (il premier Mario Monti in tv qualche giorno fa), senza la manovra adesso in discussione alle Camere

In questi giorni siamo stati colpiti più volte da questo… avviso: “La Grecia è vicina”.
Non in senso geografico, naturalmente, ma economico, finanziario e sociale. Non è confortante, anzi. ” Era molto concreto il rischio che il nostro Stato non potesse più pagare gli stipendi (dei dipendenti pubblici) e le pensioni. “Non dobbiamo guardare molto lontano: la Grecia è la rappresentazione di cosa sarebbe potuto accadere all’Italia”  (il premier Mario Monti in tv qualche giorno fa), senza la manovra adesso in discussione alle Camere. Ma cosa significa esattamente che la Grecia è “vicina” ? Quel paese (appena 11 milioni di abitanti) è virtualmente fallito, in default, cioè non può rimborsare il debito che pesa sullo Stato e il governo ha varato una serie di misure di pesanti sacrifici e di austerità, che hanno sollevato violente proteste e scioperi ad Atene e altrove. L’Italia intanto, mentre nei mesi scorsi si avvicinava realmente sempre di più alla Grecia, continuava a cullarsi nelle illusioni propagandate dall’ex presidente Berlusconi, il quale – non anni fa – ai primi di novembre, proclamava che siamo “benestanti, una vera crisi non c’è e comunque gli italiani non la sentono in modo spasmodico, i ristoranti sono pieni e si fatica a prenotare un posto sugli aerei….La moda di assaltare i titoli di Stato italiani è passeggera….”. E ancora pochi giorni fa, a Marsiglia, per correggere Monti, l’onorevole Berlusconi, impavido ed azzardato diceva, sereno: ” Gli italiani sono benestanti, è lo Stato che è carico di debiti…Non dobbiamo essere preoccupati”. Come se a saldare le cambiali della Nazione non dovesse essere chiamato, prima o poi, il cittadino italiano (come quello greco)! E’ proprio a causa di questa irresponsabile mentalità che ora ci troviamo “vicini” alla Grecia! Ricordiamo che “Lo Stato siamo noi” (Piero Calamandrei, Chiarelettere editore, novembre 2011).

Ma allora vediamo qual è la “catastrofe” che si sta abbattendo su Atene in questi mesi (e che l’Italia, secondo un preoccupato Napolitano, ha evitato “giusto in tempo”). Il 6 dicembre il Parlamento ellenico ha approvato la finanziaria 2012 lacrime e sangue con pesanti misure di austerità, volute dalla Ue, Bce, Fmi e dai funzionari di questi organi che controllano continuamente i conti di Atene (e che sono attivi anche a Roma, in modo meno plateale), in cambio della sesta rata di aiuti di 8 miliardi di euro che sarà erogata a metà dicembre. Secondo il piano, 30 mila statali perderanno il posto, per un anno saranno collocati in un ‘fondo per il lavoro’, pagati al 60% dello stipendio e quindi licenziati. Entro il 2015 il numero degli statali deve ridursi dagli attuali 760 mila  a quota 600 mila.
La Grecia sta lottando almeno da quattro anni contro la recessione, con una disoccupazione  oltre il 18% (in Italia l’8-9%) e di quasi 43% tra i giovani. I provvedimenti varati dal nuovo governo di Papademos aggraveranno questa situazione e porteranno a migliaia di licenziamenti anche  nel settore privato: in particolare secondo la Confederazione generale del lavoro ellenica, il numero dei disoccupati nel paese (4,5 milioni) ha ormai superato quello delle persone che lavorano (4,1 milioni). Nel prossimo anno il tasso di disoccupazione raggiungerà il 26%.
Il ministero delle Finanze intanto deve procedere alla ristrutturazione del debito (fallimento pilotato) che prevede la cancellazione del 50% della esposizione ellenica verso i privati, e che dovrebbe ridurre il rapporto deficit-pil entro il 2020 fino al 120% (contro il 160% attuale), simile a quello che pesa oggi sull’Italia. Quindi per ogni obbligazione da 100 euro l’investitore riceverà un nuovo titolo dal valore nominale praticamente dimezzato. Ciò consentirà – forse – alla Grecia di non uscire dall’euro, nonostante il default (controllato). Un attento e competente osservatore italiano, Giampaolo Galli, direttore generale di Confindustria, ha spiegato: “Per non uscire dall’euro, la Grecia ha dovuto ridurre del 20, 30, 40 per cento gli stipendi dei
dipendenti pubblici e le pensioni. Ma abbandonare l’euro vorrebbe dire moltiplicare questi costi per dieci”.  L’economista Marco Onado ha ricordato il precedente del crac argentino : ” Si ricorderà che per un anno le persone non poterono ritirare i soldi dal bancomat. Cose inimmaginabili!”. E ancora: secondo il capo economista dell’Ocse, Pier Carlo Padoan, “la Grecia, per salvarsi, sta realizzando un importante piano di riforme e sta facendo enormi tagli di bilancio”. Tagli di bilancio “enormi”!  Questa è la situazione, che dovrebbe far riflettere anche noi italiani, se è vero ciò che ha detto a Bruxelles Monti: l’alternativa alla manovra ‘salva Italia’ sarebbe stata….”abbastanza disastrosa”.
Tra le misure  dolorose, il governo ellenico ha introdotto  una nuova tassa sugli immobili (una sorta di extra-Ici alla greca) che viene addebitata automaticamente sulla bolletta mensile della corrente elettrica (sono esentati solo i redditi più bassi). Per contrastare i tentativi di evasione di questa nuova e impopolare tassa, il governo ha disposto che chi non pagherà il tributo, si vedrà tagliata la corrente. Il sindacato dei lavoratori elettrici ha protestato e scioperato, perchè saranno centinaia di migliaia gli utenti e le famiglie che non potranno pagare la tassa e quindi saranno lasciati al buio.
Il ministero delle Finanze ha inoltre posto un ultimatum (scaduto qualche giorno fa) agli evasori fiscali. A luglio scorso circa 900 mila tra cittadini e società dovevano al fisco ellenico 41,1 miliardi di euro (l’85% di questa somma è dovuta solo da 14.700 contribuenti). Se gli evasori non si metteranno in regola, i loro nomi saranno pubblicati sul sito ministeriale, in una vera ‘lista della vergogna’. A proposito: ha detto al ‘Corriere’ il direttore dell’Agenzia delle entrate italiano Attilio Befera: ” In occidente, solo la Grecia è peggio di noi per il livello di evasione fiscale”.
Intanto ad Atene si sta aprendo il capitolo delle privatizzazioni che dovrà portare, secondo i progetti, 50 miliardi di euro nel quinquennio. Tra le società che verranno messe sul mercato, il gruppo di raffinazione Hellenic petroleum, la Opap (scommesse sportive), inoltre i comparti dell’acqua e del gas naturale. La Cina fa shopping in Grecia: Pechino ha speso 3,3 miliardi di euro per affittare una vasta area del porto del Pireo per i prossimi 35 anni.
Nei mesi scorsi numerosi scioperi (gli ultimi il 19 ottobre per 48 ore, e il 1 dicembre) hanno portato disordini e scontri con la polizia ad Atene in piazza Syntagma. I lavoratori di tutti i mezzi di informazione hanno scioperato il 4 dicembre per chiedere la sospensione della privatizzazione della Tv pubblica e dell’agenzia di stampa. Anche scuole, ospedali, treni ed autobus si sono fermati qualche giorno fa per lo sciopero generale indetto dai sindacati contro le misure di austerità del governo Papademos. I dipendenti della raccolta di rifiuti urbani hanno scioperato contro il progetto di privatizzazione del settore che avrebbe come conseguenza il licenziamento di migliaia di lavoratori. Insomma il clima è davvero di rivolta in tutta la Grecia, ormai da settimane e mesi.
Ecco: basta questo scenario, per far venire i brividi quando ci avvertono che la “Grecia è vicina”. Ma non tutti a Roma ne sono convinti.

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