Quei patrimoni che restano invisibili

05 Dic 2011

Che la manovra sarebbe stata assai pesante era risaputo. Quando bisogna fare cassa con un pacchetto per 30 miliardi lordi, e i tempi sono strettissimi, tali da pretendere una terapia d’urto, non si può andare tanto per il sottile, disegnando scenari futuribili. Però, era lecito attendersi qualcosa di più e di diverso

C’era una parola chiave in cima agli impegni del professor Monti. Ed è la parola equità, dal latino “aequus”, uguale, ripetuta come un mantra anche dai partiti, soprattutto a sinistra, ma poi anche a destra. Doveva costituire un obiettivo obbligato, assieme agli altri due raccomandati dal nuovo premier: rigore e crescita. Su questi tre punti bisognava far leva per un’azione armonica, capace di fare accettare un programma di sacrifici inevitabili, ma allo stesso tempo intollerabili qualora non  equamente ripartiti. Il che significa, in termini concreti, che la manovra doveva pretendere di più da quanti in questi anni hanno dato poco (o niente) rispetto a chi ha già dato molto. Francamente, non ci sembra che questo proposito si sia incarnato alla fine nel decreto varato dal Consiglio dei ministri. Che la manovra sarebbe stata assai pesante era risaputo. Quando bisogna fare cassa con un pacchetto per 30 miliardi lordi, e i tempi sono strettissimi, tali da pretendere una terapia d’urto, non  si può andare tanto per il sottile, disegnando scenari futuribili. Però, era lecito attendersi qualcosa di più e di diverso.

Certo, qualcosa di meglio è stato fatto rispetto alla bozza originaria prevista dall’esecutivo. Il ritocco dell’ultima aliquota Irpef (dal 43 al 46 per cento) è stato cancellato, evitando l’ennesima frustata al ceto medio, quel lavoro dipendente che paga le tasse mentre nel lavoro autonomo si registrano denunce dei redditi scandalose. Si è introdotta l’ “una tantum” dell’1,5 per cento sui capitali recuperati con lo scudo fiscale di Tremonti. Ci sarà l’estensione dell’imposta di bollo per una serie di operazioni finanziarie. Ci saranno la tassa sugli yacht e il rincaro dei bolli sulle auto di lusso. E’ qualcosa, ma non basta  Sarebbe stato troppo pretendere una sovrattassa maggiore sui capitali  di cui il precedente governo ha consentito il rientro attraverso un importo che allora rappresentò un premio scandaloso all’evasione? Era improponibile un’imposta sulle grandi fortune secondo l’esempio francese? Non si poteva, almeno, tentare il riequilibrio dell’imposizione sulle rendite finanziarie? Troppi grandi patrimoni continuano a restare invisibili, mentre  il livello dell’evasione tocca oltre un quarto  dei cittadini. Il governo ha promesso la lotta all’evasione fiscale. Però, al momento, è poca cosa. Visto che ci si è limitati a reintrodurre la tracciabilità del contante a partire da mille euro, cancellando la soglia più bassa prevista nel menù originario. Quando si  parla di equità e di lotta ai privilegi si impone l’immagine degli scandalosi privilegi di una classe politica pletorica, tanto a livello centrale quanto a livello locale. Monti ha cercato di dare qualche segnale di novità. La misura più forte è quella che trasferisce ai Comuni le funzioni delle Province, rendendo forse inevitabile la loro futura abolizione con legge costituzionale. Ma il più resta da fare. E il compito non può gravare solo sul “governo tecnico” se si vuole finalmente indurre la politica alla necessaria sobrietà.

Non sarebbe giusto pretendere miracoli da un esecutivo che può contare su una maggioranza quanto mai eterogenea benché vastissima. Monti ha dovuto cercare di distribuire i costi politici, in modo che nessuno dei partiti che lo sostengono si sentisse colpito più degli altri. Sta di fatto, però, che questa manovra fa pensare troppo alle maxistangate del passato. La casa subisce un durissimo colpo: c’è il ritorno all’Ici e, nello stesso tempo, l’aggiornamento degli estimi catastali. La “svolta”, nel segno delle riforme di struttura, è solo accennata. C’è, va riconosciuto, nell’intervento sulle pensioni, in certi casi doloroso ma in altrettanti casi giusto. Con un opportuno aggiustamento dell’ultimo momento, il meccanismo di rivalutazione delle pensioni è stato esteso fino a mille euro. Ma la giustizia sociale vorrebbe che venisse esteso oltre questa soglia, fino alle pensioni medie. Resta, in ogni caso, il problema di fondo: come si raccorda la riforma pensionistica con una nuova politica dal lavoro? Molto c’è da fare per il governo. Non è detto che ci riesca. La  partita è dall’esito imprevedibile. Molto dipenderà dall’abilità del Professore. Ma anche dalla consapevolezza generale della gravità della crisi.

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