Ora le riforme

IN QUINDICI giorni è cambiato tutto anche in un Paese immobile, non solo il governo ma il tono del discorso pubblico, il contesto politico e istituzionale, lo spirito repubblicano che sembrava scomparso. Adesso comincia il percorso di guerra di Mario Monti per portare il Paese in zona di salvezza, per recuperare fiducia sui mercati e in Europa.

Ma c’è un’altra fiducia che va recuperata, ed è quella dei cittadini nei confronti della politica e delle istituzioni. In questo senso, la tregua imposta dalla crisi con il governo Monti è una specie di tempo supplementare concesso al nostro sistema dei partiti per rimettersi in sintonia con la pubblica opinione, fermando la crescita dell’antipolitica. Non c’è e non ci può essere un’alleanza tra forze di destra e di sinistra duramente contrapposte per 17 anni, e che sono destinate nuovamente a contendersi il campo. Ma c’è un concorso necessario di responsabilità – vedremo quanto sincero da parte del Pdl – per affrontare l’emergenza, appoggiando lo sforzo di Monti.
Ora, i partiti e tutto il sistema istituzionale hanno una straordinaria occasione, per non restare con le mani in mano mentre Monti governa la crisi: e cioè se vogliono – come debbono e possono – affiancare alla dimensione tecnica dell’esecutivo la forza della buona politica, cogliendo la spinta popolare al suo rinnovamento, come hanno dimostrato i referendum.

Questo è il momento. Si sfrutti la tregua aprendo una vera fase di riforme, partendo dalla legge elettorale e restituendo

la sovranità di scelta ai cittadini, per arrivare a un taglio spettacolare dei costi della politica, nel momento in cui si chiedono sacrifici alle famiglie: e si recuperi il terreno perduto in anni di ideologismo leghista sul piano dei diritti degli immigrati, un altro deficit italiano in Europa. Insomma: mai la politica può avere tanto spazio e tanta ambizione come oggi, con il governo tecnico del professore a Palazzo Chigi.

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1 commento

  • UN GOVERNO TECNICO: ARISTOCRATICO?
    Raddrizzerà l’Italia post-berlusconiana?, l’intransigente e il suo governo di tecnici accorsi al capezzale del moribondo? O dovrà essere confortato dal bigliettino che “messaggia” sé, l’ottimo Enrico? Andiamo, i miracoli li faceva Gesù – e non è detto – figuriamoci se in questi tempi d’iddìi falsi e bugiardi qualcuno possa presumere d’essere demiurgo e plasmare il mondo che ci sta crollando addosso.
    Sarà il governo dei tecnici che ci salverà? Sarà la presenza di Mario Monti, già rettore della Bocconi e commissario dell’Unione europea (nominato da Berlusconi), il Mandrake che ci sbalordirà?
    Volere il meglio è un dovere (ma è anche nemico del bene), come popolo e come cittadini bisognosi della intransigenza necessaria a recuperare la rotta sbandata dai bucanieri. Ma non credo che la serietà culturale del professore abbia bisogno d’incentivi per ordinare alla ciurma le manovre per raddrizzare la nave: è in se stessa la necessità delle manovre, in primis aggottare, la nave fa acqua e bisogna alleggerirla. “Una salus victis nullam sperare salutem” (Eneide).
    Non oso credere che fra le tante “primavere” che fioriscono in Africa (sanguinose metafore), si debba ricorrere al giardiniere che sappia coltivare l’orto italico (istituzioni democratiche). La CRISI è fiore gramigna (Mores mali), va estirpato zolla per zolla, con pazienza e sapienza, proprio per rendere il giardino rigoglioso e profumato dei fiori che furono appassiti. Né saranno gli espedienti visentiniani che potranno rendere accettabili quei provvedimenti legislativi e amministrativi praticati e trasformati dallo Stato di diritto in strumenti dell’oligarchia: patriottarda. La democrazia ha una sola voce, quella gestita dalla volontà popolare, costi quel che costi.
    Sarebbe troppo banale, dopo 18 anni di berlusconismo vituperato e bistrattato, se dovessimo ritrovarci come epigoni di un’ARISTOCRAZIA somministrata a dosi mitridatiche (o equine?) nell’interesse supremo della Patria.
    Celestino Ferraro

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