Le insidie dell’ultimo miglio

14 Nov 2011

Siamo vicini alla conclusione. Il tentativo del senatore Monti va avanti e non ha alternative. Tuttavia, l’ultimo passaggio è sempre il più critico.

Siamo vicini alla conclusione. Il tentativo del senatore Monti va avanti e non ha alternative. Tuttavia, l’ultimo passaggio è sempre il più critico. Sarebbe stato meglio affrontare i mercati con il governo già bello e fatto. Ma non era realistico immaginare che potesse nascere in due ore, lo stesso giorno dell’assegnazione dell’incarico. Ai tempi della prima Repubblica c’era una regola che i vecchi cronisti parlamentari ricordano: sbrigarsi a nominare i ministri e farli giurare perché per ogni giorno che passa il clima si fa infuocato e i partiti rafforzano le loro richieste. Oggi la situazione è diversa. La “personalità indipendente” del presidente incaricato, come ricorda il capo dello Stato, “è rimasta sempre estranea alla mischia politica”. Il nuovo esecutivo avrà un profilo tecnico accentuato. Però, c’è un’esigenza di equilibrio politico generale che risulta difficile da soddisfare viste le resistenze provenienti dal fronte berlusconiano.

Da quando si è convinto che la strada delle elezioni anticipate era la meno conveniente per il suo partito e per i suoi stessi interessi finanziari, Berlusconi si è attestato su una linea di resistenza apparentemente soft, ma alquanto insidiosa. Il suo schema è semplice: il Pdl appoggia Monti, ma deve essere chiaro che in qualsiasi momento può staccargli la spina, che il ritiro del sostegno da parte del Cavaliere equivale alla fine dell’esecutivo. Il governo dovrà concentrarsi, quindi, sull’agenda europea, neutralizzando l’assalto speculativo dei mercati. Una volta realizzato questo obiettivo, il compito si è pressoché concluso. Non potrà condizionare la sua sopravvivenza al lavoro del Parlamento sulla legge elettorale o su altre iniziative che anticipino riforme costituzionali. In altre parole: l’orizzonte temporale è ristretto; l’impegno di Monti può esaurirsi prima del 2013, già con la primavera prossima. Sono tesi inaccettabili. Ma su questa base il Pdl è riuscito a mettere un freno alle fibrillazioni interne, che minacciavano di sciogliere il partito come un pupazzo all’arrivo del primo sole. In questo modo, Berlusconi vuole dimostrare che il pallino è ancora in mano a lui. Che può ancora garantire l’unità interna e tentare il recupero del rapporto con la Lega , compromesso dopo la decisione di Bossi di porsi come la sola, dichiarata opposizione. L’ultimo videomessaggio di Berlusconi, diffuso mentre Monti saliva le scale del Quirinale per il conferimento dell’incarico, risponde a questo disegno. Mostra un leader stanco, ripetitivo, cavilloso, che ancora non ci sta a uscire di scena.

Lo sforzo straordinario richiesto dall’emergenza, il progetto di un governo che nasce per recuperare la fiducia dei cittadini, e non solo dei mercati, deve fare i conti, dunque, con gli interessi di un berlusconismo morente. C’è da augurarsi che alla fine prevalga la posizione moderata di quanti vogliono lasciarsi alle spalle la stagione degli eccessi, la posizione di quel pezzo del centrodestra che ancora possiede senso della realtà. Ma sta qui la principale incognita. Certo, con il governo Monti si apre uno scenario del tutto nuovo. Frizioni e inquietudini si manifestano su tutti i fronti perché sono messe a repentaglio alleanze già pronte, si manifestano nuovi impegni e nuove difficoltà. Tutti rischiano qualcosa. Rischia anche il Pd che avrebbe avuto la vittoria a portata di mano, qualora si fosse deciso per le elezioni anticipate, e deve ora affrontare un percorso diverso. Non sono da sottovalutare le divisioni interne sulla cura anti-crisi. Ma grandi opportunità si aprono al Pd se saprà rinnovarsi, trovare la strada di una sinistra moderna e puntare alla costruzione di un nuovo patto generazionale per il Paese. In ogni caso, un progetto per la ricostruzione non si può limitare al capitolo, sia pure di primaria importanza, dell’economia e della finanza. Dovrà ricostruire l’etica pubblica, devastata dal ventennio del Cavaliere. Quindi, riformare anche la legge elettorale, restituendo agli elettori la possibilità di scegliersi i loro rappresentanti. Tagliare le spese politiche al centro e alla periferia.

Molto dipenderà da Monti. Ma molto dipenderà anche da quello che le forze politiche saranno capaci di mettere in campo per rispondere alle domande del Paese. Che si attende la cancellazione delle anomalie berlusconiane. E chiede il recupero dello spirito istituzionale e del sentimento del bene collettivo.

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