Il fallimento della politica

Il tricolore di LeG Genova foto di Stefano Guadagni

C’è chi gioisce comunque, chi gioisce un po’ meno, chi stappa champagne e chi espone la bandiera. Chi vede solo i rischi e i lati negativi, chi invece si nutre di speranza. I sentimenti e le previsioni su questo finale di partita soni tanti ed è giusto che sia così, non si comanda al cuore e nemmeno alla ragione dopo 17 anni passati a ostacolare piani sciagurati.

E c’è ancora chi spera che Monti fallisca e che si vada diritti alle elezioni. Mentre la mia bandiera sventola alla finestra e gli amici italiani e stranieri continuano a congratularsi come se appartenessimo a un esercito vincitore, sento l’assenza di grandi antiberlusconiani della prima ora che oggi non sono più con noi e chissà come l’avrebbero presa questa conclusione non conclusa. Bobbio, Galante Garrone, Sylos Labini, Giovanni Ferrara: mai far dire a chi non c’è più cosa avrebbero detto, tanto per cominciare. Loro sono alle nostre spalle, e possiamo cercare di dire noi delle cose nostre su questo capitolo che non chiude la storia repubblicana di questi anni. Con modestia e semplicità, senza certezze granitiche.

Nessuno sta per ora uscendo vittorioso. Certamente non Berlusconi, origine prima delle nostre disgrazie, che rispolvera il suo amore per l’Italia già definita un paese di merda, e lascia Palazzo Chigi con un diktat davvero pazzesco: il mio successore Mario Monti, comunque non deve essere candidato (o candidato premier) alle prossime elezioni!!!

Il dittatore ferito continua a sentirsi il padrone delle regole che si inventa di volta in volta per non perdere il potere.

Nessuno esce vincitore. Ma quello che a me sembra certo è che la politica in senso generale, la politica nel senso “alto” che tutti vorremmo che avesse, esce perdente. Questa situazione che stiamo vivendo certifica il fallimento totale della politica e dei politici di questi anni a cominciare dal presunto bipolarismo che si presenta alle consultazioni con un numero di gruppi e formazioni politiche mai visti prima, secondo i ricordi dei più antichi cronisti parlamentari.

Una politica frazionata e una politica incapace di essere all’altezza della sfida della grande crisi. Eppure la sensazione è che all’interno dell’opposizione ci sia chi pensa di potersi attribuire il “merito” dell’addio di Berlusconi. No, davvero. Non sono state le forze di opposizione,  non è stata la società civile. Nessuno di questi da soli sono riusciti a sconfiggere Berlusconi. Ma certamente la politica porta la colpa maggiore. Per non aver saputo rappresentare anche agli occhi degli italiani oltre che dei mercati l’alternativa pronta, unita, preparata, decisa. Unita, soprattutto e non divisa ancora fra maledette rivalità.

Non basterà Mario Monti perché la politica cominci a essere quell’insieme di persone competenti e oneste che lavorano per il bene di tutti, senza inseguire il miraggio di un potere che non deve appartenere a nessuno in quanto tale, strumento fine a se stesso.

Non basterà Mario Monti perché la classe dirigente sappia aprirsi alle competenze e alle energie, non esclusivamente legate all’età anagrafica, che bussano alle porte che sono state chiuse. Oggi siamo nelle mani di un Grande vecchio della Prima Repubblica, uno che ha conosciuto i totalitarismi e la liberazione da essi. E per fortuna che ha preso lui in mano la situazione.

Se l’Italia ce la farà non potremo non esser grati a Giorgio Napolitano per essersi assunto un compito così difficile e anche probabilmente ingrato.

Affinché possa avvenire, questo riscatto della politica, bisogna però che ai cittadini sia restituito il diritto di eleggere i propri rappresentanti. Senza questo diritto fondamentale, inutile cercare di ripartire, di ricucire il Paese. Tutto resterà come prima, come adesso.

Per questo motivo io credo che noi cittadini attivi non possiamo smettere un solo istante di pretendere che insieme ai sacrifici che tutti saremo chiamati a fare (e speriamo in maniera equa) ci sia ridato il voto con una nuova legge elettorale che ci restituisca la voglia di andare a votare, la facoltà di scegliere chi mandare nel prossimo Parlamento e la possibilità di interloquire e controllare i nostri eletti.

Caro presidente Napolitano, caro Mario Monti, caro Bersani e non caro Berlusconi chiedo di ripartire dal più elementare dei diritti: non costa nulla allo Stato. Ma è il bene più prezioso che abbiamo avuto dalla lotta al fascismo e dai padri costituenti. Diamo retta ai mercati, non possiamo farne a meno. Ma intanto che sia democrazia vera e piena, nel nome di quella bandiera che toglierò solo quando avrete cancellato quella legge porcata che per troppo tempo abbiamo sopportato.

14 commenti

  • Lascino la politica tutti coloro, di destra e di sinistra,
    che sono stati artefici e spettatori del suo fallimento

    E’ indispensabile affidare la scelta dei parlamentari ai cittadini. Però è anche indispensabile che la classe politica, almeno quella non berlusconiana, dia un segno di rispetto della sovranità popolare. Monti è il certificato del fallimento della politica. B. e i suoi fedelissimi vedono chiudersi il loro tempo. Dovrebbe essere finito anche il tempo di Bossi & C, com’è per tutti i partiti d’un solo leader. Ma coloro che hanno rappresentato la sinistra, fallimentari non meno di B&B perché non dovrebbe esserci la fine del loro tempo? Perché costoro, magari con un loro videomessaggio collettivo, non escono di scena? La loro colpa? Due eloquenti righe di Sandra: “Per non aver saputo rappresentare agli occhi degli italiani e dei mercati l’alternativa pronta, unita, preparata, decisa. Unita, soprattutto e non divisa ancora fra maledette rivalità”. Costoro inquineranno con la loro presenza anche la legge elettorale; per altro B ha faatto 20 anni di politica, D’Alema e i suoi pari da 40 anni sono spettatori e protagonisti della decadenza italiana e, forse, della loro floridezza.
    In sintesi: fuori dal parlamento tutti coloro che sono stati artefici del fallimento della politica, di destra e di sinistra.

  • Pienamente d’accordo. Riforma elettorale, rinnovamento della classe dirigente: sono cambiamenti urgenti e improrogabili. Ma non dimentichiamo la questione sociale. Libertà e giustizia. Non ci può essere pieno esercizio delle libertà civili e politiche in assenza di diritti/doveri e cittadinanza sociale. La disoccupazione, la CIG ordinaria e straordinaria, precarizzazione del lavoro, parcellizzazione e terziarizzazione dello stesso, un fisco iniquo. Su questo, altrettanta urgenza di cambiamenti

  • Gentile Presidente,
    condivido, parola per parola, la Sua riflessione. Mi preme sottolineare, in particolare, la frase seguente, che Lei stessa ha posto in evidenza: “Nessuno esce vincitore. Ma quello che a me sembra certo è che la politica in senso generale, la politica nel senso “alto” che tutti vorremmo che avesse, esce perdente.”. Non so più (non so ancora e di nuovo?) come la politica “alta” possa tornare a vivere nell’orizzonte del Paese. So che senza l’impegno e la responsabilità di ciascuno, a partire dalla quotidianità, dai gesti singolari, ispirati da limpida e coerente coscienza e consapevoli della partecipazione ad un cammino condiviso e comune, non potrà costituirsi quel terreno fertile ed indispensabile per la costruzione di una convivenza civile ispirata a valori di equità, di giustizia, di solidarietà. Fuori da tale (faticosa?) costruzione della comunità dei diversi, non vi sarebbe altro destino che l’attesa di un sempre diverso (e sempre atteso) salvatore, dal compito impossibile e dalle improbabili (perché umano) virtù taumaturgiche. Miracolistiche. Affidate alla mistificazione dell’annuncio sempre disatteso nei fatti ed alla devastante, sottile azione di un’ineffabile propaganda. Che come un male non percepito e non visto pervade di sé ogni ganglio ed ogni fibra del corpo sociale. Abbiamo già dato…

    Anch’io sono stato al confine fra gioia sommessa e preoccupazione per il futuro, subito dopo le dimissioni. Ero a Milano al Palasharp. Ho partecipato all’appuntamento di “Senonoraquando”, a Febbraio, nella mia città. Ero all’Arco della Pace, “Ricuciamo l’Italia”. Ricordo ora i passi del cammino, anche e soprattutto a me stesso. Per chiedermi come mai, giunto qui, non esprima in modo pieno la soddisfazione che le premesse , forse, sembravano postulare. Mi rendo conto allora, che come il professor Zagrebelsky ha scritto, e spero di avere correttamente compreso e di ricordare bene, l’orizzonte dell’attesa condivisa, la nostra, posso dirlo, non era semplicemente e solo quello delle dimissioni, ma, appunto, quello della ricucitura del Paese e della costruzione di in futuro che andasse oltre le vicende di questi anni. Che sapesse andare oltre, con sguardo politico “alto” e con impegno nel presente.

    Un governo tecnico è un governo politico. I “tecnici” sono infatti soggetti squisitamente “politici”, che esprimono una precisa visione dell’organizzazione sociale. Del resto, il mito dei tecnici al governo del Paese (o di un governo tecnico), risale almeno alla metà degli anni Settanta. E nasce e si sviluppa proprio in coincidenza con la ferma denuncia di una “questione morale”, che non solo pare oggi irrisolta, ma sembra giunta al punto apicale di una degenerazione allora inimmaginabile. In un mondo dominato dalla tecnica (e non serve qui scomodare il filosofo per ricordare quanto sia vera e viva nella nostra epoca tale affermazione) e ispirato dalla finanza (il caso Parmalat non è recentissimo e chi ha qualche anno in più ne ricorda forse altri), un governo tecnico guidato da un economista è quanto di più politico vi possa essere.

    Non è un (pre)giudizio ideologico sulla persona, sul Presidente incaricato. Non avrei né titolo né competenze per giudicare e del resto mi sono già formato un’opinione ampiamente positiva su Mario Monti. E’ una persona seria. E qui potrei fare, per quanto lo riguarda e per quel che concerne la triste storia del nostro Paese negli ultimi anni, punto fermo. Lo si è capito dallo stile di vita da subito avvertito: dettagli, certo, ma se è vero come qualcuno ha scritto che nei dettagli si celerebbe il demone (il male), si potrebbe altresì dire che un gradevole senso di bene viene al cittadino comune come me dal vedere scene inusuali come quelle che ci ha regalato il neo Presidente incaricato. Sobrietà. Misura nei comportamenti. Semplicità. In volo da solo, verso Roma. Al binario, da solo, a Roma, per accogliere la moglie. A messa, tra la gente, evitando con cura ferma e gentile i “bagni di folla”. Basta? Per me basta ed avanza. Non dimentichiamo che si tratta del Presidente del consiglio incaricato.

    E’, vuole essere, la mia considerazione sulla natura politica della nomina, una conferma di quanto ha scritto Lei, Presidente: la politica ha dovuto fare ricorso, per tentare di tornare a volare alto anch’essa ed ancora, a riserve di competenza che possono volare alto, ma che non attingono, e non provengono da, percorsi squisitamente politici come Lei intende e come avrebbe dovuto essere se gli uomini politici che rappresentano il nostro Paese avessero avuto statura per farlo. Anche la serietà, mi permetto una forzatura, è però un dato politico. Forse non lo è in senso proprio e stretto, ma se la consideriamo alla luce degli stili di vita, dell’essere giustapposto all’apparire, per esempio, lo è, credo, eccome lo è. Lei ha ricordato all’inizio alcune persone: vorrei aggiungere un nome anch’io, per significare ciò che, forse in modo non del tutto chiaro, e me ne scuso con chi legge, avrei voluto sostenere. Mino Martinazzoli. Un uomo politico da poco scomparso il cui tratto umano sovrastava, in una direzione affatto diversa rispetto al prevalere dei caratteri della tecnica e della finanza, anche la cifra stessa del suo essere politico. L’uomo, la persona, intendo, viene prima.

    La vita è una polifonia di voci singolari. Talvolta armoniche, talvolta dissonanti. C’è bisogno del contributo di tutti affinché la politica possa tornare a volare alto e nell’alveo di tale ispirata visione il Paese possa ricucire in un coro il più possibile armonico la singolarità delle diverse voci. Me ne sono convinto. Ha bisogno anche del mio di disoccupato quasi sessantenne e di lungo corso che passa le sue giornate a trepidare per un Paese che, scarsamente corrisposto, ha sinceramente amato ed ama. Ed è in nome di tale spirito di servizio che insisto nello scrivere qui, su questo muro di speranza che è stata ed è per me Libertà e Giustizia, le mie modeste riflessioni.

    Continuate. Continuiamo. Non sarà facile e non è finita. Nessuno si salva da solo.
    GM

  • cari amici, a quello che ho scritto ieri aggiungo oggi soltanto la citazione di due commenti: uno sul Corriere di Cirino Pomicino e l’altro, sull’”Unità” di Alfredo Reichlin.
    Reichlin: “Non si capiosce però perché facendo tutto così bene Bersani abbia avuto nebessità di dichiarare che la caduta di Berlusconi fosse merito del Pd. Essendo un’affermazione del tutto falsa, dimostra una debolezza di fondo e una mancanza di umiltà…Perché nella realtà , se il Pd o le forze di opposizione (compreso Fini) avessero prodotto qualche effetto, l’Italia non sarebbe arrivata a questo punto e berlusconi sarebbe stato cacciato via prima dei troppi danni che ha fatto”.
    Cirino Pomicino: “”..la politica in Italia si è arresa da molto tempo, forse da troppo, tant’è che dinanzi a una crisi così vasta e forte come quella che viviamo i partiti sono rimasti immobili, pietrificati, quasi afflitti da stupore psichico privi di iniziativa e innanzi tutto incapaci di parlarsi…mai come questa volta la politica non ha più alibi e se non dà segno di sé rischia di essere, alla lunga, sostituita ion via definitiva da quanti non ne hanno la legittimità democratica”.

  • Gentile Presidente, condivido la sua analisi. Quando leggo sui giornali che il governo Monti rischia di essere il “governo di nessuno” perche’ nessuna delle forze politiche da cui ci si aspetterebbe, in simili frangenti , almeno quel minimo di “responsabilità politica” nell’ appoggiare colui che si presta a fare con grande coraggio e senso dello Stato quello che gli stessi partiti non sono riusciti a fare in tutti questi anni, nè da posizioni di governo nè dall’ opposizione ( e qui mi riferisco soprattutto ai partiti maggiori), quando penso come sia così vitale per gli italiani dare oggi sostegno ad un governo che potrebbe effettivamente ancora attuare le riforme richieste con rigore, è vero, ma anche rispettando quell’ equità sociale così tanto necessaria per rendere i sacrifici necessari accettabili da tutti, e quando vedo invece che intorno a Monti i partiti prendono le distanze per non “sporcarsi le manine” , mi sale in petto un moto di collera. Mi viene da pensare che davvero tutta la nostra classe politica non meriti di essere salvata. Perchè non assolve a nessuno dei suoi compiti, nè di rappresentanza, nè di governo nè di opposizione. Sembra davvero distante mille miglia dal Paese. E penso che le ricadute di questo comportamento sui cittadini sarà devastante. Non si può continuare a pensare di dribblare i problemi rimandandone sine die le soluzioni. I problemi vanno affrontati per essere risolti . I nostri politici si stanno comportando invece come tanti “bamboccioni” . Non sanno prendere decisioni perchè sono stati abituati a vivere del “grasso” e non dell’ “osso” , sono abituati a farsi sgambetti nella politica di cortile e non sanno più invece contestualizzare, prevedere, pianificare e programmare non dico il futuro dell’ Italia di qui a 10-15 anni a venire , ma neanche quello più prossimo. E mi riferisco al futuro degli Italiani tutti e non quello dei politici medesimi,. Propongo che la società civile “responsabile” si faccia sentire fin da subito con appelli, raccolte di firme e denunci l’assurdità di uno stallo di questo tipo. Grazie.

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  • scrive oggi sofri “può darsi che i dirigenti del pd preferiscano sotto sotto che ad applicare le direttive della bce siano monti e la sua squadra di banchieri…è un fatto che anche i migliori aspiranti a un altro mondo possibile si spaventerebbero dell’eventualità che cadesse loro in braccio il compito di governarne la contingenza attuale…..ci sono forze politiche ( ed economiche, sociali ed intellettuali) che non sono in grado nemmeno di capire il cambiamento cui tanta parte del mondo aspira……..ce ne sono che possono capirlo ed aprirglisi, in quale misura dipende da loro e dagli altri….la politica della piccola rendita demagogica ha per motto sono tutti uguali……orfana di berlusconi si prepara già a metter alla gogna qualunque opposizione le paia non abbastanza inflessibile, le riuscì a meraviglia col governo prodi…le riuscirà facile con un pd che debba stare in equilibrio fra il governo del debito e le elezioni del futuro”; giusta la critica alle forze della sinistra che non sono state in grado di impugnare lo scettro della politica per governare il cambiamento e prima ancora di comprendere, come dice sofri, il cambiamento stesso, ma il danno che può aver fatto la sinistra è nulla in confronto al perdurante sfregio delle coscienze e delle menti che la destra berlusconiana ha prodotto in vent’anni di imbonimento cultural popolare ed i cui effetti portiamo ancora nell’inverarsi di disvalori che da vile moneta qual sono, vengono dalla comunicazione spacciati per aurea modernità; non sarà facile per la sinistra togliersi di dosso l’etichetta di essere uguale alla destra, potrà e dovrà farlo da subito, ma gli effetti si vedranno solo dopo qualche anno di decantazione quando le menti saranno sgombre e libere e non più condizionate da una propaganda martellante che confonde in un unica melassa indistinta tutto e tutti; non sarà facile, come dice scalfari, liberarsi dopo berlusconi, anche del berlusconismo; questo sarà il compito più difficile perché il lascito di b. è tra le cose che sono intorno a noi, quella che più facilmente è riuscita ad aderire alla nostra pelle e con più difficoltà se ne potrà staccare; e poi un pò di panchina alla politica tout court non potrà che fare bene, non foss’altro che l’attuale politica italiana, anche per il vizio d’origine della legittimazione del conflitto d’interessi berlusconiano, avrà bisogno certamente di una nuova classe dirigente che le ridia quel minimo di legittimazione che possa poi indurre gli italiani a riprendere interesse alla politica stessa.

  • Grazie Sandra, con la tua abituale garbata determinazione hai individuato i punti focali del momento e le aspettative più sentite, io credo, da tutti noi di LG, da me senz’altro. Ancora grazie. Roc (pensionato fortunato)

  • Cara Sandra,
    L’unica riforma strutturale non solo necessaria ma urgentissima è la RIFORMA TRIBUTARIA IN SENSO COSTITUZIONALE cioè applicare l’articolo 53 della Costituzione. Ciò significa redistribuire il carico fiscale, alleggerendolo a chi paga il 93% dell’intero gettito IRPEF , lavoratori dipendenti e pensionati i quali possiedono solamente il 25/30% della ricchezza nazionale, e caricarlo su chi paga solamente il 7% dell’intero gettito IRPEF, imprenditori, liberi professionisti e autonomi possedendo essi il 70/75% della ricchezza nazionale (dati ministero economia e delle finanze resi noti nel marzo scorso). Occorre alleggerire il carico fiscale ai lavoratori dipendenti e pensionati. non riducendo le aliquote, ma riducendo i loro redditi imponibili con la deduzione di tutte le spese necessarie per far fronte alle esigenze della vita quotidiana, spese che devono essere dimostrate dalle relative ricevute fiscali che.come dice il Presidente Romano Prodi, sono il baluardo della democrazia. Tali ricevute faranno emergere tutto il lavoro sommerso ed è così che il carico fiscale si trasferirà in modo effettivo su chi paga solo il 7% dell’intero gettito IRPEF.
    In questo modo, attuando l’articolo 53 della Costituzione potremo applicare tutti gli articoli della Costituzione inerenti i diritti.
    Torelli Roberto

  • -RIDUZIONE COSTI DELLA POLITICA E ABOLIZIONE DEI PRIVILEGI
    -CAMBIO DELLA LEGGE ELETTORALE
    -EQUITA’ FISCALE: CHI PIU’ HA PIU’ PAGHI
    -LAVORO AI GIOVANI
    -SVECCHIAMENTO DELLA POLITICA
    QUESTI SONO I FONDAMENTALI PROBLEMI DA AFFRONTARE SUBITO PER SPERARE CHE LA GENTE POSSA TORNARE A CREDERE NELLA DEMOCRAZIA
    COMUNQUE LA SITUAZIONE ATTUALE NON ERA STATA CREATA SOLO DALL’ULTIMO GOVERNO E QUESTA E’ UNA RAGIONE IN PIU’ PER TENTARE UN VERO CAMBIAMENTO.
    Mauro Tinacci

  • Non c’è alcun dubbio che il modo con cui si è concluso il governo B. debba essere letto come il fallimento della politica e nessuno più dei sostenitori di LeG può rendersi conto che ciò è nient’altro che la naturale conseguenza del berlusconismo inteso nel senso più generale del termine, compreso il fallimento della sinistra, dei suoi valori, dei suoi leader, dell’opposizione tutta. Purtroppo non sarà il nuovo governo Monti a far sparire di colpo la pletora di disvalori disseminata nella società e spacciata come “medicina necessaria per riformare la società italiana” tantopiù che molti dei tecnici nominati sono funzionari dello stato che hanno servito il passato governo, con quale spirito critico non so ma mi fa pensare il fatto, riportato da alcuni giornali, di uno di loro che un mese fa avrebbe detto basta a questa politica … solo un mese fa?

  • Carissima Sandra, condivido in pieno le tue considerazioni, sottolineando in particolare la necessità di chiedere – e vigilare che accada- che i sacrifici siano sostenuti in special modo da chi ne è stato immoralmente esentato fino ad ora, accumulando privilegi e ricchezze innumerevoli. Mi riferisco , ad esempio, alla reintroduzione dell ‘ ICI sulla prima casa, che dovrà vedere immediatamente coinvolto
    l’ immenso patrimonio immobiliare della Chiesa cattolica.
    Di seguito, bisognerà che pretendiamo l’ abolizione dei contributi statali al variegato mondo dell’ istruzione privata, restituendo il necessario
    all’ esangue sistema pubblico, prima che sia troppo tardi.
    In una parola, chiediamo e vigiliamo perchè la Costituzione scritta sostituisca finalmente nella pratica quella materiale!!!

  • Condivido: la politica ha fallito. Per forza, perché non é la politica che porta i cambiamenti, soprattutto in Italia. Berlusconi é un ometto squallido per lo più eterodiretto e il vero disastro italiano é la sottocultura politica-civile di una consistente parte degli stessi italiani. Non gli scandali clamorosi, non la magistratura, tanto meno la cosidetta opposizione hanno portato un cambiamento. Una parte molto consistente di italiani condividono una concezione della società antistatalista, familistica, individualista, che interpreta come un diritto il disprezzo delle norme e la disubbedienza civile cioé l’illegalità . Questi grandi tecnici con ogni probabilità aggiusteranno pure i conti, ma che aggiustino pure la mentalità dei DEMOLEGOSOCIALBERLUSCONIANI ne dubito assai.

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