Il fallimento della politica

14 Nov 2011

Non basterà Mario Monti perché la politica cominci a essere quell’insieme di persone competenti e oneste che lavorano per il bene di tutti. Abbiamo bisogno di una nuova legge elettorale.

Il tricolore di LeG Genova foto di Stefano Guadagni

C’è chi gioisce comunque, chi gioisce un po’ meno, chi stappa champagne e chi espone la bandiera. Chi vede solo i rischi e i lati negativi, chi invece si nutre di speranza. I sentimenti e le previsioni su questo finale di partita soni tanti ed è giusto che sia così, non si comanda al cuore e nemmeno alla ragione dopo 17 anni passati a ostacolare piani sciagurati.

E c’è ancora chi spera che Monti fallisca e che si vada diritti alle elezioni. Mentre la mia bandiera sventola alla finestra e gli amici italiani e stranieri continuano a congratularsi come se appartenessimo a un esercito vincitore, sento l’assenza di grandi antiberlusconiani della prima ora che oggi non sono più con noi e chissà come l’avrebbero presa questa conclusione non conclusa. Bobbio, Galante Garrone, Sylos Labini, Giovanni Ferrara: mai far dire a chi non c’è più cosa avrebbero detto, tanto per cominciare. Loro sono alle nostre spalle, e possiamo cercare di dire noi delle cose nostre su questo capitolo che non chiude la storia repubblicana di questi anni. Con modestia e semplicità, senza certezze granitiche.

Nessuno sta per ora uscendo vittorioso. Certamente non Berlusconi, origine prima delle nostre disgrazie, che rispolvera il suo amore per l’Italia già definita un paese di merda, e lascia Palazzo Chigi con un diktat davvero pazzesco: il mio successore Mario Monti, comunque non deve essere candidato (o candidato premier) alle prossime elezioni!!!

Il dittatore ferito continua a sentirsi il padrone delle regole che si inventa di volta in volta per non perdere il potere.

Nessuno esce vincitore. Ma quello che a me sembra certo è che la politica in senso generale, la politica nel senso “alto” che tutti vorremmo che avesse, esce perdente. Questa situazione che stiamo vivendo certifica il fallimento totale della politica e dei politici di questi anni a cominciare dal presunto bipolarismo che si presenta alle consultazioni con un numero di gruppi e formazioni politiche mai visti prima, secondo i ricordi dei più antichi cronisti parlamentari.

Una politica frazionata e una politica incapace di essere all’altezza della sfida della grande crisi. Eppure la sensazione è che all’interno dell’opposizione ci sia chi pensa di potersi attribuire il “merito” dell’addio di Berlusconi. No, davvero. Non sono state le forze di opposizione,  non è stata la società civile. Nessuno di questi da soli sono riusciti a sconfiggere Berlusconi. Ma certamente la politica porta la colpa maggiore. Per non aver saputo rappresentare anche agli occhi degli italiani oltre che dei mercati l’alternativa pronta, unita, preparata, decisa. Unita, soprattutto e non divisa ancora fra maledette rivalità.

Non basterà Mario Monti perché la politica cominci a essere quell’insieme di persone competenti e oneste che lavorano per il bene di tutti, senza inseguire il miraggio di un potere che non deve appartenere a nessuno in quanto tale, strumento fine a se stesso.

Non basterà Mario Monti perché la classe dirigente sappia aprirsi alle competenze e alle energie, non esclusivamente legate all’età anagrafica, che bussano alle porte che sono state chiuse. Oggi siamo nelle mani di un Grande vecchio della Prima Repubblica, uno che ha conosciuto i totalitarismi e la liberazione da essi. E per fortuna che ha preso lui in mano la situazione.

Se l’Italia ce la farà non potremo non esser grati a Giorgio Napolitano per essersi assunto un compito così difficile e anche probabilmente ingrato.

Affinché possa avvenire, questo riscatto della politica, bisogna però che ai cittadini sia restituito il diritto di eleggere i propri rappresentanti. Senza questo diritto fondamentale, inutile cercare di ripartire, di ricucire il Paese. Tutto resterà come prima, come adesso.

Per questo motivo io credo che noi cittadini attivi non possiamo smettere un solo istante di pretendere che insieme ai sacrifici che tutti saremo chiamati a fare (e speriamo in maniera equa) ci sia ridato il voto con una nuova legge elettorale che ci restituisca la voglia di andare a votare, la facoltà di scegliere chi mandare nel prossimo Parlamento e la possibilità di interloquire e controllare i nostri eletti.

Caro presidente Napolitano, caro Mario Monti, caro Bersani e non caro Berlusconi chiedo di ripartire dal più elementare dei diritti: non costa nulla allo Stato. Ma è il bene più prezioso che abbiamo avuto dalla lotta al fascismo e dai padri costituenti. Diamo retta ai mercati, non possiamo farne a meno. Ma intanto che sia democrazia vera e piena, nel nome di quella bandiera che toglierò solo quando avrete cancellato quella legge porcata che per troppo tempo abbiamo sopportato.

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