I cinque scenari per la crisi

07 Nov 2011

Si apre una settimana decisiva per le sorti del governo Berlusconi. I suoi numeri in Parlamento sono precari e, al momento, sono incerte anche le soluzioni. Dalle ultime mosse di maggioranza e opposizione è possibile però disegnare alcuni scenari di uscita dall’attuale crisi politica

Si apre una settimana decisiva per le sorti del governo Berlusconi. I suoi numeri in Parlamento sono precari e, al momento, sono incerte anche le soluzioni. Dalle ultime mosse di maggioranza e opposizione è possibile però disegnare alcuni scenari di uscita dall’attuale crisi politica. Occorre comunque ricordare che, in caso di crisi formale di governo, i partiti potranno solo manifestare il loro orientamento e sarà compito del presidente della Repubblica decidere quale soluzione adottare, dopo averli consultati e avere sentito il parere delle più alte cariche dello Stato. Le opinioni sono nettamente divaricate: da una parte Berlusconi continua a ripetere che ha i numeri per andare avanti, dall’altra i continui abbandoni all’interno della maggioranza fanno salire la probabilità di una sua sconfitta in Aula o di una caduta del governo prima ancora del voto di fiducia.

30% – GOVERNO TECNICO
Nuova legge elettorale e misure Ue con Monti
Anche se non è di facile realizzazione, il governo tecnico resta al momento una delle ipotesi più gettonate nell’opposizione e, più in generale, fra chi vuole voltare pagina con Silvio Berlusconi. Guidato da una personalità autorevole e non legata ad un partito, garantirebbe la possibilità di proseguire la legislatura, almeno per approvare i provvedimenti considerati più importanti. Prima di tutto il rilancio dell’economia, a partire dalle misure richieste dall’Europa, poi la nuova legge elettorale invocata dai tanti che vogliono eliminare il Porcellum e dal Terzo polo, principale avversario del referendum perché resusciterebbe il vecchio Mattarellum bipolarista. Presuppone però una coesione complicata da creare fra tutte le forze dell’opposizione e il via libera di una parte del Pdl ben più consistente dell’attuale pattuglia degli «scontenti». Uno strumento che potrebbe aprire la strada a questa soluzione è la mozione di sfiducia, da presentare subito dopo un’approvazione di bandiera (con una maggioranza al di sotto di quella assoluta) del rendiconto di bilancio. La sua durata sarebbe legata al termine naturale della legislatura (primavera del 2013), anche se c’è chi è disponibile a chiudere anche un anno prima, se si dovesse approvare in tempo la nuova legge elettorale. In pole position per guidare il governo tecnico — ieri, senza citarlo, lo ha fatto capire anche Bersani — sarebbe Mario Monti.

25% – GOVERNO CENTRODESTRA PIU’ UDC
Berlusconi si fa da parte e lascia a Letta o Schifani
Prima ancora che si consumi la battaglia in Aula, Silvio Berlusconi si convince (o, piuttosto, viene convinto) che non ci sono più i numeri per continuare l’azione del suo governo e, senza arrivare al voto di fiducia sulla legge di stabilità, accetta di fare un passo «di lato» per il bene del centrodestra. In altre parole, data la minaccia reale di venire sconfitto in Parlamento, il premier decide di giocare d’anticipo per evitare il «commissariamento » di fatto della sua coalizione e la sua inevitabile sostituzione con un’alleanza di «larghe intese», che comprenderebbe quindi anche il Pd. Il cuore di questa mossa sta nell’offerta all’Udc (e a chiunque nel Terzo polo sia d’accordo) di entrare in un governo che non sarebbe più guidato da lui, ma da una persona di provata fiducia. Come Gianni Letta o Renato Schifani. Il vantaggio per il Cavaliere risiederebbe nel fatto che sarebbe egli stesso a gestire l’operazione. L’ipotesi di un ingresso dell’Udc nella maggioranza, invocato da Angelino Alfano e non sgradito a quella parte della Lega che è fedele a Roberto Maroni, presenta però al momento due debolezze: da una parte Berlusconi sembra intenzionato ad andare avanti con il solo sostegno della Lega (recuperando gli «scontenti»), dall’altra Pier Ferdinando Casini ha confermato, appena ieri, l’asse con il Pd di Pier Luigi Bersani.

5% – GOVERNO BERLUSCONI
Il premier la spunta ancora, avanti con i suoi ministri
Silvio Berlusconi ce la fa ancora una volta e, dopo un estenuante braccio di ferro sui numeri della maggioranza, aiutato da Denis Verdini, riesce ad ottenere la fiducia sia al Senato che alla Camera, recuperando una parte degli «scontenti». A quel punto il presidente del Consiglio potrà ripetere, almeno ufficialmente, di avere la forza necessaria per proseguire fino alla primavera del 2013. Sarà però costretto a vivere un fine legislatura da incubo, per quanto riguarda la maggioranza parlamentare, dato l’elevato rischio di continue imboscate in Aula e quindi la quasi impossibilità di far approvare le riforme necessarie per fare ripartire l’Italia. Un varco per una maggiore stabilità potrebbe aprirsi solo con un dialogo serrato con l’Udc nel tentativo di convincere il partito di Casini ad entrare nella maggioranza, data la situazione di stallo che comunque si creerebbe dopo una pur ridotta vittoria di Pdl e Lega in Parlamento. L’ipotesi di una pura e semplice sopravvivenza del governo Berlusconi è da considerarsi infatti impraticabile, visto che dovrebbe farsi carico di un’emergenza nazionale come quella che sta vivendo in questi mesi il Paese sul fronte economico. Senza considerare le pressioni che continueranno ad arrivare dall’Europa e dal Fondo monetario.

15% – GOVERNO DI UNITA’ NAZIONALE
Esecutivo politico di tutti con guida super partes
L’idea l’ha lanciata per primo Pier Ferdinando Casini l’estate scorsa: un esecutivo non tecnico ma pienamente politico perché frutto di una scelta consapevole dei maggiori partiti (Pdl, Terzo polo e Pd, ipotizzando seri dubbi di partecipazione per la Lega e l’Idv). A prima vista sembra ricalcare il governo tecnico perché presuppone comunque un’ampia e trasversale convergenza delle forze politiche. Ma nella sostanza è un’altra cosa. Per giunta, quando venne proposto dal leader dell’Udc lo scenario politico era diverso perché il pressing dell’Europa sull’Italia per le misure economiche era appena iniziato mentre, a livello interno, c’era ancora, da parte del Terzo polo, una certa aspettativa nei confronti di Angelino Alfano, da poco diventato segretario del Pdl. E molti osservatori davano per imminente anche uno sganciamento definitivo di Roberto Maroni da Umberto Bossi. Ora la situazione è cambiata: anche se le opinioni al riguardo restano molteplici, soprattutto negli ultimi giorni quando parla di «larghe intese» l’opposizione sembra guardare di più ad un vero e proprio governo tecnico. Lanciando a suo tempo l’idea, il leader dell’Udc aveva comunque evocato la necessità che a guidare questa coalizione di «unità nazionale» fosse una figura politica di «grande autorevolezza» e bene accetta ad entrambi gli schieramenti.

25% – ALLE URNE
Il Cavaliere getta la spugna e si va a votare nel 2012
Uno degli scenari possibili, evocato a gran voce dallo stesso Silvio Berlusconi («o resisto oppure si va alle urne ») è quello elettorale. Che però presenta due soluzioni. La prima, la più difficile, è quella del voto subito, cioè, calcolando i tempi tecnici di scioglimento del Parlamento, a fine gennaio. In altre parole, dopo l’apertura formale della crisi e le consultazioni del presidente della Repubblica, non riuscendo a trovare una soluzione parlamentare per terminare la legislatura, allora si decide di sciogliere le Camere. Per tanti motivi però questa soluzione non appare praticabile: motivi meteorologici (si voterebbe in pieno inverno), ma anche politici, visto che molti dentro il Pdl e la Lega si metterebbero di traverso data la difficoltà di recuperare in tempi brevi sui sondaggi che danno entrambi i partiti in forte calo rispetto alle politiche del 2008. Più realistica è la previsione di un voto in primavera. Questa soluzione, alla quale guarda una parte del Pd, potrebbe risultare accettabile anche per il Terzo polo, visto che si andrebbe alle urne con l’attuale sistema elettorale che, pur criticato per l’assenza delle preferenze, a differenza del Mattarellum, garantirebbe ampiamente la rappresentanza delle liste centriste.

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