
Cioè salario minimo di disoccupazione e riprofessionalizzazione con corsi di formazione seri e orientati alla politica industriale del paese.
Con questi due strumenti, lo Stato accompagna il lavoratore da un settore in declino ad uno in espansione che ha deciso di sostenere, senza mai lasciarlo solo.
Queste tutele costano, ma si possono trovare i fondi con un serio piano di lotta all’evasione e di tassazione equilibrata dei patrimoni più consistenti.
Ma da questo orecchio il Governo non ci sente.
E pensa invece che flessibilità sia licenziare.
Abbandonando migliaia di lavoratori con le loro famiglie ad una precarietà, che è spesso l’anticamera di nuove povertà.
Questa non è una riforma, ma solo ignobile apologia di precariato.
Condivido in pieno quanto scritto da Massimo Marnetto . Per quanto riguarda la tassazione patrimoniale si potrebbe iniziare da tutti quei patrimoni incoerenti con il reddito dei possessori di tali beni .
La lettera di Berlusconi con l’intento di rendere il lavoro piu’ flessibile soprattutto in uscita (= licenziare senza un motivo valido) è già operativa nei fatti ! Giornalmente si assiste al licenziamento di lavoratori con giustificazioni di comodo (es “motivo oggettivo”) di cui non c’è corrispondenza nei fatti e nessuno, sindacato compreso, ha il coraggio opporsi.