Dove è finita la vergogna?

05 Ott 2011

Il processo sul delitto di Perugia diventa occasione per un nuovo scontro sulla giustizia, per l’ennesimo attacco ai giudici. Su tutto ci si potrebbe dividere. Una cosa ci doveva essere risparmiata: la dichiarazione dell’ex Guardasigilli, Angiolino Alfano: “In Italia, i giudici non pagano mai per i loro errori”

Dove è finita la vergogna? Non c’è alcun limite per i famigli del Cavaliere. Decenza, decoro, dignità sono concetti sconosciuti. Ultima riprova, il processo sul delitto di Perugia, diventato occasione per un nuovo scontro sulla giustizia, per l’ennesimo attacco ai giudici. C’è molto per discutere e riflettere intorno a questo caso. I rischi e le ambiguità di un  processo indiziario. Se vi siano stati errori, incertezze, cambi improvvisi di rotta nella prospettazione accusatoria. In ogni caso, si tratta di una sentenza d’assoluzione che lascia l’amaro in bocca. Che riguarda una vicenda tragica, come il brutale omicidio di Meredith Kercher, alla quale non si è potuta dare una convincente risposta. Ci sono di mezzo anche le polemiche tra Inghilterra e Stati Uniti, le indelebili pressioni americane sull’Italia. Infine, c’è lo sconcerto per l’imputato più “debole”, l’ivoriano Rudy Guede che è rimasto l’unico “sicuro colpevole”. Di tutto si potrebbe discutere. Su tutto ci si potrebbe dividere. Una cosa ci doveva essere risparmiata: la dichiarazione dell’ex Guardasigilli, Angiolino Alfano. Il quale non ha saputo resistere alla tentazione di gettarla in politica.  E anche del giallo di Perugia si è avvalso per manifestare la sua dedizione assoluta e cieca al pensiero berlusconiano: “In Italia, i giudici non pagano mai per i loro errori”.

La domanda è:  ci può essere qualcuno che ancora crede di poter dialogare, e magari disegnare nuove soluzioni in Parlamento, con gli scudieri del Cavaliere, con quanti si sono coperti di ogni debolezza per rispondere ai  voleri del capo? Alfano è stato nominato al ministero della Giustizia per salvaguardare, da quella posizione, gli interessi del presidente del Consiglio. Da lì ha fatto il Lodo che porta il suo nome e ha messo a punto le altre leggi ad personam. Poi, Berlusconi, sentendosi affondare in un mare di scandali, lo ha usato come ciambella di salvataggio al partito e gli ha “inventato” la carica di segretario del Pdl. Del resto, per la Giustizia, era pronto un altro scudiero, l’ex magistrato Nitto Palma, che si è preoccupato subito di mettere il silenziatore ai giudici, prevedendo sanzioni  a loro carico se esprimono considerazioni di carattere economico o politico. Con Alfano, il Cavaliere gioca il ruolo di padre nobile, facendogli balenare il ruolo di suo delfino, per il rilancio di un nuovo centrodestra.

Qualcuno può esprimere ancora dubbi e speranze. I cultori del “dialogo” non mancano, neppure a sinistra. Ma il cerimoniale berlusconiano è immutato. Non apprezza chi non ragiona come lui. I promossi sono mantenuti. Purchè restino fedeli Indossino la stessa maglietta. E non rivelino che il loro sovrano ormai è nudo.

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