L’immoralità del peccatore obbediente

27 Set 2011

Non è la prima volta, in effetti, che la Chiesa è costretta a intervenire sulla scia degli scandali berlusconiani. Ma questa volta le tradizionali cautele delle gerarchie ecclesiastiche sono cadute. Si rompe quel rapporto che il Cavaliere aveva accuratamente coltivato

Le parole del cardinale Bagnasco sono state pesanti. Pochi avevano messo in preventivo una condanna così netta dello stile di vita di Berlusconi e dei danni che ne derivano per il Paese. Certo, non se l’aspettava il diretto interessato che continua a negare la realtà, malgrado sia travolto da un fiume inarrestabile di rivelazioni oscene e degradanti. Il capo dei vescovi non lo nomina mai. Ma non ci sono dubbi su quale sia il suo obiettivo quando denuncia “comportamenti licenziosi e relazioni improprie che ammorbano l’aria”. Non è la prima volta, in effetti, che la Chiesa è costretta a intervenire sulla scia degli scandali berlusconiani. Ma questa volta le tradizionali cautele delle gerarchie ecclesiastiche sono cadute. Si rompe quel rapporto che il Cavaliere aveva accuratamente coltivato.

Finora, la Chiesa  si era ispirata, verso Berlusconi, alla consueta “realpolitik”. Il rapporto con il premier è stato sempre profondo. Nella politica, negli affari, nel costume. Berlusconi ha messo sul piatto una sontuosa posta: l’8 per mille, le esenzioni Ici, le anticostituzionali munificenze per la scuola privata, oltre a tutta la materia dei princìpi “non negoziabili”, dalla bocciatura di qualsiasi riconoscimento per le unioni di fatto al testamento biologico. Le gerarchie hanno dunque preferito un “peccatore” obbediente al “moralismo” di una sinistra che propone poi le sue leggi “relativiste”. Si sono “contestualizzate”, per dirla con monsignor Fisichella, le “colpe” del capo del governo, ma si è sempre riservato un brusco trattamento a quei cattolici “adulti” che, come Romano Prodi, hanno cercato di tenere separato il loro ruolo pubblico dalla loro fede cristiana.

Ora, però, la Chiesa mostra di volersi svincolare da questa pluriennale consuetudine. Deve tendere l’orecchio al malessere sempre più diffuso della base cattolica per la nuova ondata di rivelazioni che investe il Cavaliere. Non può cancellare il quadro delle notti brave con Giampi Tarantini o delle “cene eleganti” con Nicole Minetti, “vestita con una tunica scura da suora, compreso il copricapo e una croce rossa sul velo”. Non c’è solo l’intercettazione di tante volgarità. C’è la constatazione, da parte della Chiesa, che l’immoralità, insediatasi a Palazzo Chigi, è anche un elemento della crisi economica che attanaglia il Paese. Dunque, il rapporto con Berlusconi, a questo punto, dovrebbe essersi consumato. Si può leggere, nelle parole di Bagnasco, un invito, sia pure sommesso, perché il presidente del Consiglio faccia un passo indietro, dia le dimissioni, adottando “comportamenti responsabili  e nobili”.

È durato troppo il silenzio delle gerarchie? Certo. E non si può giustificare la lunga latitanza presentandola come una forma doverosa di “non intromissione”, l’applicazione di quel principio costituzionale per cui lo Stato e la Chiesa sono, “ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani”. In altre occasioni, gli interventi ci sono stati,  assai pressanti, e il dibattito sul testamento biologico ne è l’ultimo, illuminante, esempio. Ma proprio per questo bisogna guardarsi  dalle tentazione di valersi dell’intervento dei vescovi per scalzare Berlusconi. La laicità è una scelta che non si fa a seconda delle circostanze e degli interessi. Non sapremmo dire se le parole di Bagnasco si avvicinino ai progetti vaticani di una nuova Dc o se ne allontanino. Non possiamo prevedere dove andrà quel blocco sociale che finora si era riconosciuto nel premier e ora ne accerta il declino. In ogni cosa, non saremmo per nulla tranquilli se questo sciagurato governo fosse scacciato da una “scomunica” della gerarchia cattolica. Deve cadere per la maturità democratica degli italiani. Per la forza di una nuova maggioranza che nel Paese si è già formata e attende la costruzione di una limpida alternativa politica. È, questo, un passaggio fondamentale se si vuole tentare una vera ricostruzione dopo lo scempio degli anni berlusconiani.

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