Dieci domande all’onorevole Pierluigi Bersani

15 Set 2011

Il primo pugno è stato sferrato al corpo del Pd fine luglio, a Monza, dalla notizia dell’inchiesta su Filippo Penati. Un colpo tanto improvviso quanto violento. Poi è stata tutta una sequenza di ganci, uppercut, montanti, diretti al viso, al fegato, ai fianchi del partito. E al cuore di molti che avevano creduto nella sua diversità e, prima ancora, in quella del Pci, del Pds, dei Ds. Elettori, semplici militanti, politici locali, parlamentari, su su fino al segretario Pierluigi Bersani.

Il primo pugno è stato sferrato al corpo del Pd fine luglio, a Monza, dalla notizia dell’inchiesta su Filippo Penati. Un colpo tanto improvviso quanto violento. Poi è stata tutta una sequenza di ganci, uppercut, montanti, diretti al viso, al fegato, ai fianchi del partito. E al cuore di molti che avevano creduto nella sua diversità e, prima ancora, in quella del Pci, del Pds, dei Ds. Elettori, semplici militanti, politici  locali, parlamentari, su su fino al segretario Pierluigi Bersani. Le tangenti che per anni sarebbero state pagate agli amministratori un tempo comunisti di Sesto San Giovanni e poi della Provincia di Milano, a lungo governati dall’esponente più noto del Pd in Lombardia, hanno scosso certezze, innescato crisi di coscienza, interrotto carriere.
“La nostra gente vuole capire”, si sentono ripetere sera dopo sera i dirigenti nazionali in tour alle feste democratiche di mezza Italia. Vuole capire, la gente di sinistra, se anche i suoi amministratori locali abbiano gestito servizi, assegnato appalti, venduto beni pubblici per tornaconto personale o di gruppo. L’altra sera  l’architetto Stefano Boeri, assessore alla Cultura e all’Expo della giunta Pisapia, che era sul palco a Milano con Massimo D’Alema, ha detto sconsolato: “Un errore che vedo ripetersi è calcolare il valore di un’area sulla base dei metri cubi che si possono costruire lì sopra. Invece il suo valore è altro, e va misurato in termini di miglioramento della qualità della vita nostra e dei nostri figli”. Un riferimento esplicito a quanto sta emergendo su come, a suo tempo, a Sesto si voleva “valorizzare” l’area della ex Falck.
Il caso Penati sta facendo animatamente discutere anche alcuni urbanisti che da anni cercano di pianificare nel rispetto dell’ambiente, della cultura, delle tradizioni e dei cittadini. Da sempre schierati a sinistra, hanno concordato sulla necessità – prima che il tracollo di Berlusconi costringa l’attuale opposizione a governare (ma con chi?) – che Bersani faccia chiarezza sui suoi rapporti con Penati e che il Pd si dia regole chiare su come amministrare il territorio, l’attività che è la fonte primaria di appetiti e corruzione. Uno di loro ha stilato dieci domande pubbliche per il segretario del PD, così come fece due anni fa Repubblica con il premier sul caso Noemi.  Poi  le ha mandate via mail ad amici e colleghi, e da allora un numero crescente di persone che non si  conoscono le stanno facendo proprie. Un tipico caso di community che si organizza spontaneamente online. Le domande sono arrivate anche a me,  sono semplici e chiare e ve le sottopongo.
1) Come mai, onorevole Bersani, non si è accorto che, come sembra, Penati, a lungo capo della sua segreteria, non ha ideali politici?
2) Se invece li ha, lei sa quali sono?
3) In quali termini, segretario, si è posto il tema della selezione del suo personale politico (non può essere un titolo essere stato bocciato dagli elettori)?
4) È necessario aver fatto parte dell’apparato del vecchio Pci/Pds/Ds per essere un politico e un dirigente da lei utilizzato?
5) Si è posto il problema di impedire che i suoi ex funzionari costituiscano un oligopolio collusivo che impedisce il rinnovamento nel partito?
6) Si è posto il problema di spezzare il rapporto stretto fra economia e politica in Italia? Se sì, come?
7) Non si è reso conto che anche  il sistema delle cooperative è spesso protagonista in negativo dei rapporti inquinati fra economia e politica?
8) Non si è reso conto che l’urbanistica porta in galera anche amministratori di sinistra in quanto la trasformazione dei suoli è il più grande affare in Italia?
9) Non si è reso conto che la mancanza di una legge sul regime dei suoli è il motivo per cui in Italia non si pianifica nell’interesse generale ma per l’interesse di qualcuno?
10) Non si è reso conto che è una stupidaggine eliminare le provincie senza un disegno di pianificazione, data l’incapacità dimostrata delle regioni nella gestione del territorio e nell’ipertrofismo normativo?
Fin qui le domande degli urbanisti che girano sul web. Indicano un obiettivo – costruire un ceto politico che  contrasti la corruzione senza sconti nè tentennamenti – indispensabile per cambiare e salvare il nostro paese. Da Bersani e dal centrosinistra si aspettano risposte puntuali. Le aspettiamo anche noi.

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