Penati: adesso il Pd interroghi se stesso

31 Ago 2011

La rigenerazione del PD non può, a nostro avviso, passare attraverso la rimozione delle molte e problematiche implicazioni che le accuse mosse a Penati portano con sé e che investono direttamente la credibilità del PD lombardo. Solo una aperta e impietosa analisi della propria storia recente potrà consentire al PD di mirare ad un reale rinnovamento

Ora che Penati ha dichiarato la sua volontà di farsi processare, rinunciando eventualmente alla prescrizione, e si è dimesso dai suoi incarichi nel partito, la sua vicenda giudiziaria personale può, entro certi limiti, essere separata da quella del PD. Salvo che, come chiese subito Libertà e Giustizia, dovrebbe dimettersi anche dal posto che occupa nel Consiglio Regionale, non essendo concepibile che i cittadini vengano rappresentati e paghino congrui compensi ad una persona sulla quale pesano gravi indizi di corruzione. (Né ovviamente rileva che altri indegni rappresentanti siedano in quella e in altre assemblee, essendo chiaro che dovrebbero tutti sgombrare il campo!)
Leggiamo che ieri la direzione provinciale del PD si è espressa sulla vicenda Penati, apprezzandone i passi indietro e difendendo il partito dall’accusa di aver ricevuto finanziamenti illeciti. Difesa, quest’ultima, comprensibile ma forse frettolosa, posto che accusato di corruzione, per lunghi anni e per cifre importanti, è proprio il capo del  partito in Lombardia: il che non significa necessariamente che il partito ne abbia beneficiato, ma certo rende necessaria ben più di una dichiarazione pubblica, al fine di  allontanare le ombre che questo dato porta con sé.
Nelle dichiarazioni dei rappresentanti del PD si legge il desiderio di guardare oltre questa cupa vicenda, verso una “rigenerazione” del partito. Tuttavia, i conti con il passato recente a nostro avviso vanno fatti: ci sembra che ora sia il momento, per il PD lombardo, di esaminare a fondo la propria storia recente. E di ricordare a quale livello di “minorità” politica, ai limiti dell’irrilevanza, il PD era giunto, nella nostra regione, negli anni successivi alla sconfitta di Ferrante alle precedenti elezioni per il sindaco. Né possiamo dimenticare la inesistente campagna elettorale di Penati per le ultime elezioni regionali, dalla quale traspariva evidente la convinzione che non valesse neppure la pena di provare a sconfiggere (né, invero, a dare fastidio) al potente avversario Formigoni.
Oggi che, grazie a Pisapia, il PD è tornato ad essere partito di governo in città, occorre che si chieda  come e perché  siano stati persi tanti anni, e deluse tante aspettative dei cittadini di centro-sinistra. E’ pensabile che la corruzione di un capo partito non abbia conseguenze sull’azione politica del partito medesimo? Si vuol dire conseguenze in termini di iniziativa politica, di ideazione, di scelte (non dimentichiamo che il candidato inizialmente contattato dal PD per le ultime elezioni a sindaco di Milano è stato Albertini!).
E ancora: se le gravi accuse a Penati risulteranno fondate, sarà indispensabile chiedersi come sia stato possibile che le condotte del capo del PD in Lombardia, reiterate per molti anni, siano passate inosservate, ignorate dall’intera struttura del partito che intorno a Penati gravitava. Certo questo testimonia che la trasparenza ed i controlli interni al partito erano del tutto inadeguati.
La rigenerazione del PD non può, a nostro avviso, passare attraverso la rimozione delle molte e problematiche implicazioni che le accuse mosse a Penati portano con sé e che investono direttamente la credibilità del PD lombardo. Solo una aperta e impietosa analisi della propria storia recente potrà consentire al PD di mirare ad un reale rinnovamento.

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