E il suo cuore sanguina…

29 Ago 2011

Se poi il premier proprio non ce la fa, se il cuore sanguina per le misure che “tradiscono” il patto di programma con gli elettori, e quindi egli teme una emorragia (di voti), allora può sempre fare una scelta da vero statista: sale al Quirinale e si dimette

Sta per chiudersi un’estate carica di ansie, di preoccupazioni finanziarie, di manovre economiche approvate e  subito ripudiate e modificate dalla maggioranza governativa. Insomma una confusione di lingue e di progetti quale forse non sia era mai vista nel nostro paese in tempi recenti. Inoltre, da qualche settimana siamo anche sottoposti ad una particolare attenzione, diciamo così, da parte degli organi europei di controllo finanziario, come la Bce.
Ma non vogliamo qui adesso concentrarci sulle varie ipotesi contenute nella manovra (peraltro ancora in fase di definizione, con gli emendamenti, in Parlamento). Ci preme invece mettere a fuoco un altro profilo del dibattito che si è sviluppato in questo mese di agosto, tra i politici e gli opinionisti. Siamo stati bersagliati, quasi ogni giorno, da un concetto ripetuto in modo ossessivo dai principali leader del governo: “Pacta sunt servanda, lo Stato deve rispettare i patti con gli elettori, non si può tradire la parola data….”, etc ect. Naturalmente in prima fila in questa cantilena irritante e surreale si è collocato il capo del governo Berlusconi, il cui cuore “grondava sangue”, per il famoso contributo di solidarietà, per i redditi oltre i 90- 150 mila euro. Proprio lui non poteva sopportare questa scelta, dopo aver promesso per anni nelle campagne elettorali “meno tasse per tutti” ed aver scritto, con inchiostro rosso, nell’ultima versione del programma 2008 (definito in copertina come “Missioni per il futuro dell’Italia” e ancora scaricabile dal sito Pdl), a pagina 3: “In ogni caso non metteremo mai le mani nelle tasche dei cittadini”, frase che il premier è andato ripetendo per decine di volte in ogni occasione, come un mantra per attirare consensi. Ma non basta: il cavaliere ci ha perseguitato anche con un’altra affermazione populista e demagogica: “Il centrodestra ha portato una nuova moralità nella politica, il rispetto del patto elettorale e del programma presentato agli elettori”. Adesso che l’emergenza nazionale, unita alla crisi internazionale hanno rivelato l’impreparazione e la superficialità del governo Berlusconi, e smentito le menzogne e le illusioni propinate per anni agli italiani, il “cuore sanguina”.
Punto uno: un vero statista si comporta in maniera diversa e non fugge con frasi banali di fronte alle responsabilità proprie e del governo. Un vero statista, nei momenti di difficoltà del paese, di crisi finanziaria o economica (o addirittura di calamità), interviene, agisce, ovviamente modifica anche il programma (che ha un valore importante,ma nella normalità della vita di un paese) varando misure di emergenza anche severe e se ne assume la paternità in modo chiaro. Non se ne esce né con il cuore che sanguina, né con la dissociazione dalle decisioni prese nel decreto (” Cambiamo il contributo di solidarietà, aumentiamo l’Iva e interveniamo sulle pensioni”, etc). Un vero statista non si comporta come un piccolo politicante attento soprattutto ai propri interessi elettorali. Un vero statista governa in modo da conciliare le diverse esigenze del paese e dei cittadini tutti, non solo di coloro che hanno votato per la sua parte politica. ” Se stai al governo sono tutti figli tuoi” direbbe Bersani. D’altronde, governare significa esercitare la difficile arte del possibile, come ci hanno insegnato generazioni di politici democratici in Italia e all’estero. Neppure nei programmi di Ciampi, Amato o Prodi era prevista la tassa per entrare nell’euro o il prelievo notturno sui conti correnti dei risparmiatori: eppure queste scelte dolorose furono fatte. Il centrosinistra ne pagò le conseguenze elettorali, certo, ma il paese, negli anni ’90, fu salvato dal tracollo per merito di questi  statisti. Forse lo abbiamo dimenticato.
Punto due: se la più alta autorità della Repubblica, il Presidente Napolitano, esorta tutti alla ricerca della “coesione nazionale”, il capo dell’esecutivo, il cui cuore gronda sangue per le scelte della manovra, invece di arroccarsi nella sua villa per tentare cure dimagranti, fa la scelta coraggiosa e responsabile di chiamare l’opposizione a consulto a palazzo Chigi, e – prima di varare un decreto – si confronta con i vari capi dei partiti, discute, litiga anche, contrasta, spiega e poi decide. Non basta dire: ci si confronta in Parlamento, magari ‘blindando’ la manovra con un voto di fiducia. Nè bastano le comunicazioni del governo in commissione alla Camera del ministro dell’ Economia (peraltro “fumose” come disse Bossi). In un momento di emergenza le scelte vanno condivise, non imposte. Nei paesi democratici normali si segue questa strada: ultimo esempio quello di Obama che per settimane, notte e giorno, a luglio scorso, si è confrontato con i laeder dell’opposizione repubblicana per trovare una soluzione alla crisi del debito Usa. Invece, da noi il capo del governo non ha consultato né il Pd, né altri partiti non governativi. Non ha fatto neppure una telefonata! Il massimo dello sforzo sostenuto in questi giorni critici da Berlusconi è stato invitare a cena l’altro leader del governo, Bossi, per cercare “la quadra”, tra una barzelletta e il dito medio levato. E l’Italia dovrebbe recuperare la fiducia dei mercati e il rispetto della comunità internazionale, con questi governanti.
Punto tre: se poi il premier proprio non ce la fa, se il cuore sanguina per le misure che “tradiscono” il patto di programma con gli elettori, e quindi egli teme una emorragia (di voti), allora può sempre fare una scelta da vero statista: sale al Quirinale e si dimette, con una orgogliosa rivendicazione di fedeltà ai principi sostenuti in questi anni. E poi chiede che si formi, nel perimetro del centrodestra, un governo di emergenza, al quale egli stesso, Berlusconi, assicurerà il suo appoggio per il varo dei provvedimenti urgenti necessari. Un vero statista, in democrazia (non in quella rappresentata dall’amico Putin, ovviamente) fa così. Invece, nulla. Neppure con il….carro attrezzi o l’ambulanza, il cavaliere pensa di schiodarsi da palazzo Chigi, fino a che avrà il voto alla Camera di Scilipoti e di altri ‘responsabili’.
Punto quattro e ultimo: non è accettabile che l’animo del nostro presidente del consiglio resti turbato solo quando viene ‘tradito’ il contenuto del programma in quelle righe che  ‘garantiscono’ i cittadini da un aumento delle tasse e magari proteggono gli evasori fiscali da indagini e misure più severe o gli alti redditi da una patrimoniale necessaria per aiutare il paese.
Se i patti ante-voto devono essere rispettati, allora il principio deve valere per ogni voce del programma. In quale capoverso delle proposte Pdl indirizzate agli elettori 2008 è contenuta, per esempio,la scelta di rinviare di un anno o due, il pagamen- to del tfr ai dipendenti statali? O dove sta scritto che è necessario aumentare l’età pensionabile delle donne a 65 anni? O dove è previsto che è urgente e necessario intervenire sulle pensioni di anzianità? Sono ipotesi ventilate senza imbarazzo in questi giorni dal Pdl e dal capo dell’esecutivo (alla fine sembra che nuove norme sulle pensioni non saranno contenute nelle modifiche al decreto) che non ha mostrato, in questo caso, il cuore che gronda. La Lega ha perfino immaginato di colpire i più deboli tra i pensionati (le vedove con la reversibilità e coloro che hanno l’accompagnamento). Mentre nelle “Missioni 2008″ c’è scritto proprio il contrario, a pg.10: ” Graduale e progressivo aumento delle pensioni più basse”.
Può darsi che alcuni provvedimenti di revisione siano necessari, ma bisogna avere il coraggio di dire agli italiani che i programmi pre-elettorali non sono il vangelo, in nessun capitolo, davanti ad una crisi, sia se devi mettere le mani nelle tasche dei contribuenti, sia nelle tasche dei pensionati, sia dei lavoratori con l’art.8 della manovra, o di altri. I veri statisti devono avere il coraggio di dire la verità.

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