Riforma Calderoli: non prendiamoli sul serio

19 Lug 2011

Il governo, tramite il ministro della “Semplificazione”, presenta una maxi riforma della Costituzione. A prescindere dai contenuti, per poter procedere a una vera riforma della Costituzione bisognerebbe che prima il Cavaliere togliesse il disturbo, poi che si varasse una nuova legge elettorale, infine che si eleggesse un Parlamento credibile. E poi, solo poi, se ne potrebbe parlare con un minimo di serietà

Il problema non è di merito, il problema è che non si può prenderli sul serio. Parliamo della maxi riforma della Costituzione (made by Calderoli, come se non fosse bastato il porcellum) che il governo si appresta a varare, così dice, a tambur battente. A leggerla, e lo si può fare sulle pagine della Padania che la pubblica integralmente, fa quasi tenerezza. Perché si passa dal presidenzialismo a un premierato sorprendentemente rispettoso delle prerogative del Colle. Perché si abbatte il numero dei parlamentari in modo fin troppo draconiano per quanto riguarda la Camera (da 630 a 250). Perché si commisura il loro stipendio alla presenza in aula, con ciò ammettendo l’andazzo assenteista degli attuali eletti.

Cose da affinare, certo, ma abbastanza ragionevoli, e che perciò fanno a pugni con i precedenti vaneggiamenti pseudomonarchici. Poi ci sono le incongruenze: che senso ha parlare di “sfiducia costruttiva” in un Parlamento di nominati? Preliminare a tutto, infatti, dovrebbe essere la riforma della legge elettorale. E quella non c’è. Si risponderà che la legge elettorale non è in Costituzione. Ed è vero, ma nessun edificio costituzionale può essere disegnato se prima non si restituisce dignità ad elettori ed eletti.

In ogni caso, dei contenuti della proposta potranno parlare con miglior competenza giuristi e costituzionalisti, se avranno voglia di impegnarsi in un esercizio tutto sommato futile. Perché l’impressione è che si tratti di una mossa per risalire nelle grazie dei cittadini dopo una manovra che toglie a loro ma non alla casta, e per riaffermare l’esistenza del governo davanti alla sfiducia ribadita dai mercati.

Pura propaganda, dunque. Del resto, è impossibile immaginare che, mentre l’euro vacilla e l’Italia è sospesa sull’abisso, il Parlamento avvii un complesso percorso di riforma costituzionale, con tanto di confronto serio tra le forze politiche e doppia lettura da parte di entrambi i rami del Parlamento. Il tutto guidato da un Berlusconi che non riesce neppure a nominare un nuovo ministro della Giustizia? Impensabile.

Infatti per poter procedere a una vera riforma della Costituzione bisognerebbe che prima il Cavaliere togliesse il disturbo, poi che si varasse una nuova legge elettorale, infine che si eleggesse un Parlamento credibile. E poi, solo poi, se ne potrebbe parlare con un minimo di serietà.

Ma questo lo sanno anche i promotori dell’iniziativa, che appare così poco berlusconiana da far pensare che si tratti di un contentino dato alla Lega. Bossi è in difficoltà: i suoi sono divisi, costretti a sporcarsi le mani con la difesa di personaggi impresentabili, e ad ingoiare rospi come una manovra che vanifica il tanto strombazzato federalismo. Stanno perdendo consensi e credibilità, perciò hanno bisogno di una nuova bandiera. Berlusconi gliel’ha concessa e loro, sulla Padania, la sventolano. Tutto qui.

Magari il premier otterrà in cambio il salvataggio di Papa a voto segreto. Lo sapremo presto. Resta la tristezza di vedere la Costituzione coinvolta in questi tristi giochini di palazzo, ma l’agonia del berlusconismo è anche questo: affondare nello squallore e nel ridicolo. Al fronte opposto rimane il compito di tenere i nervi saldi e gli occhi aperti, ma senza dare troppa importanza alle convulsioni scomposte di chi sente il terreno franargli sotto i piedi.

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