Il Pd si apra ai movimenti. Un’alleanza per vincere

19 Lug 2011

Gli eventi degli ultimi mesi possono essere interpretati come tappe di un cammino che, anche se forse non avrà uno sbocco politico immediato, segna tuttavia il verificarsi di un mutamento di prospettiva. Nonostante i colpi subiti, la maggioranza che sostiene attualmente il governo Berlusconi è ancora al suo posto e resiste, sebbene con difficoltà, alle molteplici richieste di cambiamento. Questo però non deve impedirci di spingere lo sguardo al di là della contingenza politica per disegnare un progetto per il futuro del paese, per provare a delineare una nuova prospettiva.
In questo momento la crisi si presenta non solo come l’appannarsi di una leadership politica, ma anche come una crisi di sistema con tutti i suoi tipici ingredienti: la grave crisi economico-finanziaria che rischia di investire direttamente anche l’Italia, quella del sistema politico-istituzionale, del Parlamento, dei soggetti politici che hanno segnato la vita della Seconda Repubblica, anche se con alcune eccezioni, prima tra tutte il Partito Democratico. E in questi momenti critici si profila anche un serio problema di etica pubblica, con il conseguente protagonismo giudiziario simile, per alcuni versi, a quello che ha contrassegnato la stagione del 1992. Siamo di fronte a una crisi di sistema nella quale, però, non emerge ancora con chiarezza un’alternativa, una via d’uscita.
Ragionare sul futuro può essere allora fondamentale per dare forza a un progetto che sia in grado di raccogliere intorno a sé il consenso di una parte importante del paese, quella parte che nelle ultime due tornate elettorali ha mostrato chiari segni di volontà di cambiamento.
Nella società si avverte, a mio avviso, un grandissimo bisogno di politica. Una politica che sappia ascoltare le richieste che vengono dai movimenti che si sono sviluppati in questo ultimo periodo e le istanze della società. Proprio le ultime elezioni amministrative hanno visto infatti una vittoria della politica al di là di ogni previsione; in molti casi la vittoria è andata a personalità che si sono dimostrate più affidabili, più credibili, maggiormente in grado di raccogliere la fiducia dei cittadini.
Questo nuovo desiderio di politica rappresenta uno dei nostri punti di forza rispetto al 1993, che non deve tuttavia farci dimenticare i tanti punti di debolezza. Allora, infatti, per arginare il rischio di una caduta del sistema politico italiano potemmo contare sull’impegno di quelle forze della Prima Repubblica che erano in grado di dare un contributo positivo alla vita del paese. Nella difesa degli interessi dell’Italia fu fondamentale, ad esempio, il ruolo dei sindacati. Oggi, purtroppo, molte di queste forze non sono più coese. Tra i punti che considero più allarmanti, in vista dello sforzo di rimettere insieme il paese, vi è proprio la condizione dei sindacati, in particolare per quanto riguarda le loro divisioni interne. Ma un ruolo importante ebbe anche una parte della borghesia. Pensiamo, ad esempio, a organismi come la Banca d’Italia in quanto luogo di formazione di una classe dirigente capace di dare un alto contributo alle istituzioni.
Allora il centrosinistra si costruì grazie alla convergenza della parte migliore del mondo politico con quella parte della società – compreso il mondo dell’economia nelle sue diverse componenti – che era animata da senso dello Stato.
Su quali forze può contare, oggi, il paese? Un dato positivo è rappresentato, ad esempio, dal processo di unificazione di alcune organizzazioni espressione dei cosiddetti ceti medi: mondo cooperativo, piccola e media impresa, artigianato. C’è una realtà vitale, costituita dalle numerose medie imprese italiane che hanno saputo innovare e affermarsi nel mercato globale. Se ci soffermiamo su questi elementi positivi vediamo che anche oggi, nell’economia, ci sono forze su cui il paese può contare. C’è, soprattutto, un elemento di novità importante: un rinnovato spirito pubblico manifestato dai tanti movimenti scesi in piazza in questo ultimo periodo.
Movimenti che, sono convinto, non hanno nulla a che fare con quella che viene definita l’antipolitica, ma dimostrano un forte senso di attaccamento alle istituzioni e una domanda di partecipazione alla vita pubblica, alla politica come difesa dei beni pubblici.
Certo sono all’opera anche i “cattivi maestri”, i fautori dell’antipolitica, ma la partita è aperta, soprattutto per quanto riguarda le nuove generazioni. Una parte consistente di esse non è pregiudizialmente contraria a una forza che, come il PD, si caratterizza per i suoi tratti di novità e per la capacità di saper ascoltare, capacità che deve essere in grado di dimostrare sempre di più.
Nel 1996 vincemmo con un’operazione politica: con una vittoria della politica malgrado le tendenze prevalenti dell’opinione pubblica. Noi costruimmo una maggioranza per governare grazie alle divisioni tra Berlusconi e Fini da una parte e la Lega dall’altra. Forze che, insieme, avrebbero preso il 54% dei voti.
Penso che oggi a sostegno di Berlusconi e dei suoi alleati non ci sia più il 54% del popolo italiano. La novità di oggi è che si può e si deve fare un’operazione che prenda le mosse soprattutto dalle istanze della società civile, tenendo conto che potenzialmente c’è una maggioranza democratica nel paese.
Ci sono finalmente le condizioni per giocare una partita aperta e, malgrado si siano indeboliti alcuni strumenti – dicevamo dei sindacati –, la possibilità di far emergere una maggioranza sociale e politica c’è. E ci sono anche altre forze coesive da mettere in campo: le classi dirigenti locali, ad esempio, gli amministratori, soggetti attraverso i quali, pur nel quadro di un federalismo le cui attuazioni appaiono sempre più disastrose per il paese, lanciare segnali di solidarietà, di coesione, a cominciare da una grande campagna di sostegno per Napoli.
Bisogna lanciare dei messaggi di coesione e di solidarietà facendo leva sulla partecipazione giovanile e aprendo, nello stesso tempo, un dialogo con la Chiesa cattolica, con quella parte sociale della Chiesa che ha sempre rappresentato e rappresenta un fattore fondamentale di tenuta della società italiana.
Dobbiamo puntare, insomma, su tutte le componenti migliori che abbiamo di fronte, ricercando il rapporto diretto con i cittadini, con le nuove generazioni, grazie anche alle possibilità offerte dalla rete e dai nuovi media, che dobbiamo imparare a utilizzare meglio.
Ma la partita, vista in questo modo, non è perduta. Dobbiamo fare uno sforzo di coordinamento delle istanze migliori, cercando di costruire una maggioranza democratica. In questo sforzo comune, dobbiamo valorizzare la novità di una società che si è messa in movimento e che mostra di voler essere protagonista del cambiamento. E questa novità rappresenta, per il centrosinistra, una risorsa fondamentale per vincere le sfide che avremo di fronte.

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