Pd diviso sulla legge elettorale: due referendum dallo stesso partito

01 Lug 2011

All’interno del Partito democratico pronte a scontrarsi due scuole di pensiero sulla legge elettorale. Chi, come il promotore Stefano Passigli, propone un referendum per tornare di fatto al sistema proporzionale, chi, come Pierluigi Castagnetti, sta costituendo un comitato per ripristinare il Mattarellum

Ci sono immagini che valgono più delle parole. Pochi fotogrammi possono cogliere il senso delle vicende della politica assai meglio di un profluvio di dichiarazioni. Accade spesso. Accade di continuo. La scena è questa: una ventina di giorni fa, nel cortile della Camera, Stefano Passigli aspetta per venti minuti, sotto la pioggia, di poter parlare con D’Alema. Quarantotto ore dopo quel colloquio Passigli annuncia il suo referendum anti-Porcellum. Che entusiasma i dalemiani, perché reintroduce il sistema proporzionale, lascia indifferenti molti, fa arrabbiare tanti. A cominciare da Parisi e Veltroni. Il primo grida al tradimento del bipolarismo. Il secondo osserva: «Un passo indietro: il mix proporzionale più preferenze è micidiale» . Nel frattempo un altro pd, Pierluigi Castagnetti, sta costituendo un comitato promotore per lanciare un altro referendum. Obiettivo condiviso con Parisi e Veltroni: ritorno al Mattarellum. Ed ecco la seconda scena: tre giorni fa Passigli insegue Bersani nel Transatlantico. E ha con lui un breve colloquio. Che non scioglie i nodi perché il segretario, a cui non dispiace il Mattarellum e non piace invece il sistema proporzionale, non vuole però schierarsi ufficialmente per non spaccare il Pd. Che tanto si spaccherà lo stesso, nei prossimi tre mesi, quando si tratterà di raccogliere le firme per due iniziative referendarie opposte. Ma questa non è una notizia. È consuetudine del Partito democratico dividersi. La notizia è un’altra. Ed è racchiusa nelle due scene il cui protagonista è sempre Passigli. Un tempo neanche troppo lontano sarebbe bastato un colloquio con D’Alema per avere lumi sulle intenzioni del Pd. E non sarebbe stato necessario altro. Ora non è più così. È questa la vera novità: il Partito democratico è diviso come sempre, ma ormai è solo la parola del segretario quella che conta. Paradossalmente, anche quando decide di non decidere, come in questo caso. Chissà che presto non arrivi una seconda novità: quella di un segretario che sceglie senza rendere omaggio al totem dell’unanimismo.

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