Corruzione, il compromesso impossibile

21 Giu 2011

Un magistrato finito nel ciclone dell’inchiesta P3 dirige la Civit, l’organismo di controllo sulla trasparenza nella pubblica amministrazione. E per effetto del ddl appena approvato in Senato vigila anche sulla corruzione. Con buona pace di Pdl, Pd e Idv (contrario solo l’Udc). Sulla Civit LeG aveva già indagato…

Un compromesso, l’ennesimo. Il  ddl anti-corruzione approvato al Senato fa acqua da tutte le parti. Ma ad aggravare la già pesante situazione si aggiunge anche questa novità, raccontata da Liana Milella nel blog Toghe.

Si arriva al compromesso, tra Pdl, Pd e Idv (è contro l’Udc), di affidare il compito di vigilare sulla corruzione in Italia, facendo piani e riferendo al Parlamento, a una rivisitata e ampliata Civit, fantasmatica “Commissione indipendente per la valutazione, la trasparenza, l’integrità delle amministrazioni pubbliche”. Ne avete mai sentito parlare? Il governo l’ha costituita il 27 ottobre 2009 con l’obiettivo, è scritto sul sito della Civit, di “ottimizzare la produttività del lavoro pubblico” e garantire “l’efficienza e trasparenza delle pubbliche amministrazioni”. Non basta. Chi è il presidente della Civit? L’ex toga di Unicost Antonio Martone, avvocato generale in Cassazione e un passato da presidente dell’Anm,  che il 29 luglio 2010 ha dovuto lasciare la magistratura, prima che fosse il Csm a intervenire, perché era finito nell’inchiesta sulla P3. Aveva partecipato anche lui al pranzo a casa del coordinatore del Pdl Denis Verdini (con il ben noto faccendiere Flavio Carboni e Pasquale Lombardi finiti entrambi in cella).

Il tema della trasparenze è caro a LeG e in particolare al circolo milanese che da anni punta il faro sulle misure ideate in Senato da Pietro Ichino e stressate da questo governo Berlusconi fino a farle diventare la riforma Brunetta contro i fannulloni. L’ultimo incontro, dal titolo Il collasso della riforma Brunetta è stato illuminante. La fantasmatica Civit, in realtà, è un organismo a modello anglosassone. Ichino lo aveva immaginato così, almeno. Trasparenza, valutazione dei servizi e meriti sono rimasti però solo le buone intenzioni di un disegno di legge completamente stravolto. La testimonianza di Pietro Micheli, componente dimissionario della Civit, ha svelato tutte le debolezze di un sistema nato per controllare ma che per statuto esclude di andare a guardare proprio i due punti nevralgici dell’amministrazione e cioè il Ministero dell’Economia e la presidenza del Consiglio.

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