E il Cavaliere è convinto: ora è Giulio che non ha più alibi

20 Giu 2011

Berlusconi: Bossi conferma che l’alleanza non ha alternative

C’ è un passaggio nelle dichiarazioni di Berlusconi che farebbe pensare sia vera l’indiscrezione che circola con insistenza nel Pdl: ovvero che tra il premier e Bossi ci sia un patto per arrivare al 2013 (nella peggiore delle ipotesi nel 2012) quando ci sarà veramente il passo indietro di entrambi. Un passo indietro soprattutto del Cavaliere, che si sarebbe convinto: alle prossime elezioni politiche sarà un altro a portare in battaglia il centrodestra. Crescono sempre di più le chance di Maroni, anche dentro il Popolo delle libertà. Ecco il passaggio che confermerebbe questa intesa di fondo: «Si è verificato quello che Bossi mi aveva annunciato: assolutamente la conferma che la nostra alleanza non ha alternative e che c’è la volontà di proseguire la legislatura, operando scelte sulle quali c’è un accordo consolidato».

Un accordo consolidato che ha nel mirino Tremonti, perché è lui, ha detto il capo del Carroccio, che deve «ingegnarsi a tagliare gli sprechi per ridurre la pressione fiscale». Il «caro Giulio», se vuole i voti della Lega, deve riscrivere il patto di stabilità strozza-Comuni e non toccare più gli artigiani, le piccole e medie imprese. Questo per Berlusconi è la conferma di un indirizzo comune e che Tremonti è solo.

«Adesso Giulio non ha più alibi», ha osservato ieri il presidente del Consiglio dopo aver ascoltato Bossi in televisione. Pontida ovviamente va scremato dal folclore, dai toni roboanti che il popolo leghista vuole sentire. Del resto, ragiona il premier, «abbiamo perso voti tutti e la Lega non si può permettere di aprire le urne in queste condizioni. Ci vuole tempo per recuperare consensi e Umberto ne è consapevole. Ci vogliono interventi sul fisco e Tremonti non ha più scampo». Per la verità, chi ha sentito il ministro dell’Economia prima della partenza per Lussemburgo non ha avuto la sensazione che fosse preoccupato. Ma il punto è che dentro il Pdl si addensano nubi nerissime sulla sua testa. E non sono pochi coloro che non escludono sue dimissioni se non dovesse dare seguito alle richieste convergenti dei due leader del centrodestra. Qualcuno sostiene addirittura che lo stesso Cavaliere sia convinto che, con la sponda leghista, possa mettere con le spalle al muro l’inquilino di via XX Settembre: o ci sta o salta. Più facile a dirlo che a farlo, immersi come siamo nella tempesta finanziaria europea, con il buco nero della Grecia e le deboli aspettative di crescita. Per non parlare poi del sostegno che Tremonti ha incassato dalla Confindustria, e dei fucili puntati sull’Italia da Bruxelles e dalla agenzie di rating. Così come è tutto da verificare se siano vere le indiscrezioni di fonte Pdl secondo cui tra il Cavaliere e il Senatùr ci sia questo patto per il presente e, soprattutto, per il futuro della premiership (il fatidico passo indietro di Berlusconi).

Un patto siglato nei giorni che hanno preceduto Pontida in alcuni incontri non intercettati dai radar dei giornalisti. E’ una versione berlusconiana che smonta ogni interpretazione negativa dell’«ultimatum» di Bossi, il quale in effetti ha spiegato che se oggi cadesse il governo si andrebbe subito a votare: e «questo in un momento favorevole alla sinistra». L’orizzonte rimane il 2013 perché, ammette un ministro berlusconiano, «c’è una debolezza reciprocache, paradossalmente, si trasforma in un elemento di forza. Chi pensa che l’asse tra Berlusconi e Bossi sia finito si sbaglia. Se Tremonti pensa di dividerli è fuori pista. Il “verbo” di Tremonti non è più Vangelo». Un altro ministro spiega che sono molte le cose realizzabili dette ieri a Pontida, anche sul versante delle missioni militari internazionali. A parte l’Afghanistan, dal quale è impossibile venirne fuori presto, sul Kosovo e il Libano è molto concreta la possibilità di ridurre drasticamente le spese. Quanto alla Libia, ci sarebbero buone speranze che entro l’estate si arrivi ad una soluzione che veda Gheddafi uscire di scena.

In tutto questo non è secondario il rilancio del Pdl. Il nuovo segretario Alfano ha bisogno di tempo per rimettere in cammino un partito balcanizzato, all’interno del quale si sta però coagulando un «correntone» trasversale che punta a primarie di coalizione. Di fronte a una possibile guerra fratricida dentro il Pdl, c’è chi vede in Maroni il candidato vincente. Bisognerà vedere come e se si consoliderà il nuovo asse del futuro Alfano-Maroni. E, innanzitutto, se il governo riuscirà ad arrivare quantomeno al 2012. I due nuovi delfini hanno tutto l’interesse a guadagnare tempo e posticipare l’uscita di scena, morbida e concordata, di Berlusconi e Bossi.

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