E ora, che fare?

15 Giu 2011

Difficile che la legislatura possa andare avanti. Ma il che fare è una domanda da porre soprattutto al centrosinistra, perché non lasci cadere nel vuoto la richiesta di futuro che arriva dalle piazze.

E ora che fare? Tutto sta crollando intorno a Berlusconi. Tre voti – il primo turno amministrativo, i ballottaggi, i referendum – hanno sanzionato l’impotenza del governo. La maggioranza non è più tale. Le dimissioni sarebbero la via istituzionalmente corretta. Ma sappiamo che non sarà così. Il Cavaliere cercherà comunque di restare in sella. Proverà a rilanciarsi con manovre demagogiche sul fisco: meno tasse per tutti, anche a costo di sfondare il tetto del debito pubblico. E altrettanto farà Bossi che, come il premier, esce umiliato dalle amministrative e dal referendum. Anche il leader del Carroccio ha bisogno di promettere elargizioni fiscali al suo popolo che si riunisce a Pontida. Ma deve anche andare oltre per fermare l’insidia della “romanizzazione” del partito. Dunque, porrà sul tavolo altre richieste, come il ritiro dalle missioni all’estero, il giro di vite contro gli immigrati, il trasferimento dei ministeri al Nord. Di questa riscoperta dell’identità “padana” vediamo già l’avvio: lo strappo della Lega in Consiglio dei ministri sul problema dei rifiuti in Campania; l’emendamento al decreto legge sullo sviluppo per fermare “l’invasione del Nord” da parte di insegnanti meridionali. E’facile prevedere che il Carroccio forzerà fino all’ultimo, anche se non staccherà la spina al governo. Si giocherà, dentro la maggioranza, una partita sempre più aspra. In un clima torbido, di continua precarietà.

Vedremo che cosa accadrà domenica a Pontida e nella verifica che si aprirà subito dopo in Parlamento. Difficilmente, comunque, la legislatura potrà andare avanti con qualche piccolo aggiustamento. È chiaro, a questo punto, che grandi responsabilità ricadono sull’opposizione. Il “che fare” è domanda da porre soprattutto al centrosinistra. Che dovrebbe essere il più attrezzato a comprendere il significato del voto, ad  assecondare “l’onda lunga del cambiamento”. Non servono i proclami e la retorica. Sarebbero di grave danno i soliti giochi allo “scavalco” per intestarsi possibili successi.

Il punto di partenza è obbligato perché dopo queste prove elettorali nulla può essere  più come prima. Bisogna pensare al grande giacimento di energie offerto da una presenza giovanile che rifiuta, talvolta anche in forme esasperate, le burocrazie partitiche, ma ha riscoperto la politica. Bisogna capire la domanda di autonomia che accomuna i cittadini, stanchi per l’inconcludenza dei vecchi riti, e tuttavia capaci  di scoprire nuove forme di comunità, forme inedite di partecipazione. Non ci sono più rendite di posizione dopo il terremoto portato dalle urne. Che si aprisse una nuova fase si poteva intravedere già in altri eventi, di dimensioni politiche più ridotte, ma comunque significativi: la grande manifestazione delle donne, la stessa partecipazione record registrata nelle Primarie del centrosinistra per la scelta del candidato sindaco. Le piazze si riempiono con presenze stupefacenti. E si riscoprono – lo ha osservato per primo Ilvo Diamanti – parole che sembravano ormai fuori corso: bene comune, bene pubblico, volontariato, solidarietà. Un cambiamento di linguaggio, dopo anni di solitudine, che anticipa gli schieramenti. Ma tutto ciò non basta a segnare un cambiamento duraturo se il centrosinistra  non riempie il vuoto di proposta e di presenza che ha accompagnato l’opposizione in questi ultimi tempi. Giustamente, si richiamano per questi referendum altri referendum epocali: quelli del 1991-93 che segnarono di fatto la fine della prima repubblica. Ma, attenzione: dopo arrivò Berlusconi, non la “gioiosa macchina da guerra” di Occhetto. I processi bisogna saperli guidare.

La nuova situazione offre molte opportunità. Ma il centrosinistra è ancora un cantiere aperto. E tale resterebbe se dovesse prevalere l’ingessatura di vecchi schieramenti, incapaci di produrre novità nella formulazione delle politiche e nella scelta delle persone. Qui il discorso riguarda anzitutto il Pd  in quanto prima  forza d’opposizione. Guai a impantanarsi sulla questione delle alleanze, quanto concedo alle forze che stanno alla mia sinistra, quanto ai centristi del terzo polo, e così seguitando. Le alleanze verranno. Ma bisogna prima mettersi al lavoro per identificare le idee forza di un’alternativa credibile. Un’alternativa fondata su punti esenziali e conseguenti, che dia una prospettiva di sviluppo alla società italiana. Da mettere in campo mentre continua la guerra senza sbocco dentro il centrodestra.

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