Stavolta è davvero finita per B. & Co.

14 Giu 2011

Stavolta è davvero finita per Berlusconi e soci. E’ finita come finiscono tutte le ideologie idolatre: di colpo, con gli idoli abbattuti nella polvere e calpestati a furor di popolo. Certo, il governo cercherà di sopravvivere, ma l’onda non gli lascia scampo.

Stavolta è davvero finita per Berlusconi e soci. È finita come finiscono tutte le ideologie idolatre: di colpo, con gli idoli abbattuti nella polvere e calpestati a furor di popolo. Certo, il governo cercherà di sopravvivere, ma l’onda non gli lascia scampo. Nel tripudio referendario è sfuggito ai più un altro segnale indicativo: le elezioni amministrative siciliane che hanno decretato la vittoria del centro sinistra e del terzo polo nell’ex feudo del Cavaliere. Elemento che rafforza l’impressione generale: gli italiani non vogliono più saperne di una politica prodiga di promesse e avara di risultati, protesa al successo di un solo uomo a scapito di tutti gli altri.

Ed è proprio questo che rende impossibile un’inversione di tendenza. Berlusconi non è capace di fare altro: non sa ascoltare, non sa mediare, non sa fare i conti con la realtà. Quindi non è in grado di cambiare rotta. Bisogna vedere se il ceto politico che gli sta intorno accetterà di andare a fondo con lui. Di fatto il fuggi fuggi è già cominciato. La Lega, svillaneggiata dal suo stesso elettorato, cercherà di smarcarsi. I potentati pidiellini sono in subbuglio al grido di si salvi chi può. L’implosione è alle porte.

E non basta ad evitarla il dominio sulle tv. Questa è un’altra novità assoluta: prima dei referendum si temeva per il quorum perché Rai e Mediaset si erano guardate bene dall’informare sui quesiti. E invece la Rete è diventata protagonista e Berlusconi si è ritrovato senza potere. Dunque è finita anche la forza manipolatoria delle tv, e non è poco.

Tuttavia non si può dire che tutto questo produca automaticamente la vittoria del centro sinistra e del terzo polo, separati o insieme che siano. Perché il movimento in atto nella società italiana è ancora tutto da decifrare. C’è un diffuso sentimento antipartiti che investe tutti, nessuno escluso. Alla festa dei comitati promotori che si è svolta a Roma, nel mirino dei ragazzi in piazza è finito perfino il Tg3, reo di avere in studio a discutere dei risultati i rappresentanti dei partiti, compreso Bersani. Di Pietro l’aveva capito, e infatti ha subito assunto un profilo basso, ecumenico e rispettoso.

Anche Bersani sembra consapevole della sfida. Va detto che il Pd, pure arrivato in ritardo all’appuntamento referendario, ha avuto comunque un peso non irrilevante. I sondaggi, anche quelli commissionati da Berlusconi, danno il Pd come primo partito, e dunque c’è da credere che il suo impegno abbia contribuito non poco al risultato. Ma non basta: bisogna presentare proposte concrete e comprensibili, costruire una leadership credibile, e alimentare un clima di coesione convincente. Il vantaggio del centro sinistra rispetto al berlusconismo è quello di avere una cultura politica capace di mediazione e dialogo. E’ la premessa indispensabile per vincere, ma va tradotta in realtà. E non è un compito facile perché bisogna superare la diffidenza di chi ricorda bene i fallimenti passati del centro sinistra.

Il primo elemento da tenere in conto (e Bersani lo sa) è l’insofferenza degli italiani per le geometrie politiciste. Il che significa che tutte le dispute sulle alleanze producono un sentimento di ripulsa. Il paese è stanco, vuole che si affrontino temi come economia, lavoro, welfare senza gingillarsi nelle schermaglie care al ceto politico, nelle liti tra dirigenti, nei personalismi buoni solo a soddisfare le vanità contrapposte. L’importante è governare bene, non scegliere il timoniere.

In questo quadro è chiaro che non c’è spazio per governi di transizione. L’unica strada percorribile è quella delle urne, anche se, purtroppo, bisognerà andarci con la pessima legge elettorale che ci ritroviamo. Ci vorrebbe un miracolo per cambiarla. Ci vorrebbe che, in quattro e quattr’otto, il Parlamento riuscisse ad approvare, anche contro Berlusconi, un’altra legge. Magari il ritorno al Mattarellum, e cioè la cosa più semplice e veloce. Ma al momento questa è solo fantasia. Oggi la cosa più urgente da fare è disarcionare il Cavaliere. Poi comincerà un’altra storia.

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